LA LETTERA - "Bussavo alle porte di tante redazioni per poter diventare giornalista, ma ricevevo proposte indegne”

“C’è un Sindacato che crede nei valori e nelle regole”

Buongiorno Carlo,
sono Tullio Iaria, il collega pubblicista di Milano, ti scrivo per esprimerti tutta la mia stima: con la tua risposta – alla lettera di Annarosa Macrì e a Matteo Cosenza, ndr – mi hai commosso. Nelle tue parole mi sono rivisto, quando bussavo alle porte di tante redazioni per poter diventare giornalista e ricevevo, in cambio, proposte indegne (“scrivi gratis e pagati i contributi”).
Ho dovuto aspettare di migrare a Milano per poter avere la possibilità di diventare un pubblicista (professionista non posso poiché lavoro a tempo indeterminato altrove): se fosse stato per un tesserino avrei risolto diversamente.
Ancora mi ricordo l’umiliante trattamento quando, a luglio ultimo scorso, ho contattato tutte le redazioni della Calabria per offrire un servizioin Kosovo (forse sono tra i pochi giornalisti della provincia accreditati presso lo Stato Maggiore della Difesa) e ancora aspetto una risposta da parte del fiore delle firme nostrane che non hanno avuto neppure la cortesia di rispondere ad una mail.
Sono queste le condizioni che uccidono la Professione, anzi la Vocazione che ognuno di noi ha sposato.
Sono questi i comportamenti che dovrebbero essere stigmatizzati dall’Ordine.
Sono queste le condizioni che permettono ad un Governo di dire che l’Ordine è inutile e dispendioso.
Sono queste le persone che dovrebbero dedicarsi ad altro anziché infangare la Memoria e la Passione dei tanti che hanno anche dato la vita.
Ciò che importa è sapere che non tutti sono comprabili o spendibili nel nome dell’interesse del singolo e che ancora esiste una struttura che crede nei valori e nelle regole proprie della categoria.
Rispettare le regole è aiutare prima di tutto noi stessi.
Grazie.
Tullio Iaria
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Caro Tullio,
ti ringrazio per l’attestazione di stima e, soprattutto, per la condivisione di valori che dovrebbero stare alla base della nostra professione. Il tuo è un contributo prezioso e importante da parte di un testimone di questa nostra categoria che, purtroppo spesso, ha i suoi peggiori nemici in giornalisti che prestano il fianco ad editori senza scrupoli.
Nel riconoscere c
he “ancora esiste una struttura che crede nei valori e nelle regole proprie della categoria”, quale è appunto il sindacato dei giornalisti, hai sottolineato il ruolo che lo stesso deve avere nella difesa di una professione continuamente sotto attacco.
La posizione del Sindacato Giornalisti della Calabria è sempre stata chiara a tutti, come dimostrano centinaia di telefonate, messaggi, mail giunti alla nostra redazione. Considerato, però, che davanti all’evidenza si cerca sempre di arrampicarsi sugli specchi spostando l’attenzione su altre vicende, colgo l’occasione per riassumere in poche righe la mia posizione sulla cosiddetta vicenda Macrì.
L’articolo 8 del contratto nazionale di lavoro giornalistico dà al direttore – nel caso in questione la Rai -, d’accordo con l’editore, la facoltà di concedere l’autorizzazione ad assumere altri incarichi, quindi a collaborare con altre testate. “Il giornalista – recita, comunque, lo stesso articolo 8 – potrà manifestare le proprie opinioni attraverso altre pubblicazioni di carattere culturale, religioso, politico o sindacale”. Quindi, non di carattere commerciale. Si può essere d’accordo o meno.

Carlo Verna, segretario dell’Usigrai

Lo stesso segretario dell’Usigrai, Carlo Verna, in una breve nota con la quale spiega la sua decisione di associare la sua firma a quella di Annarosa Macrì, per garantirle la copertura sindacale in un pezzo pubblicato ieri dal “Quotidiano della Calabria”, sottolinea che: “Diversa è la collaborazione professionale, per la quale occorre che la Rai dia una deroga all’esclusiva”.
Sottoscrivo in pieno quanto afferma Verna e sono d’accordo con l’Usigrai quando dice che “un’azienda pubblica non può negare ad alcuni e consentire ad altri”. In questo caso, però, il problema è un altro.
Come ampiamente illustrato nell’editoriale di ieri, il Sindacato Giornalisti della Calabria ha posto una questione morale: è giusto lavorare, o meglio, per usare l’espressione di Carlo Verna, “collaborare professionalmente” con un quotidiano – questo, infatti, è il caso della Macrì che intende avere una collaborazione fissa e non occasionale – in forma gratuita e per giunta per un giornale non in regola con il pagamento degli stipendi – solo ieri è stato firmato l’accordo sulla rateizzazione – e dei contributi ai dipendenti e con risibili compensi, tra l’altro non corrisposti, ai collaboratori?
Ripeto, Annarosa Macrì non è un professore universitario, un tecnico o un semplice cittadino che, occasionalmente, manda ai giornali lettere o opinioni. E’ una brava e stimata giornalista della Rai, con un contratto di esclusiva professionale.
Se il sindacato sostenesse la tesi che, in nome della libertà di espressione, si può collaborare in maniera gratuita e continuativa, come si potrebbero condannare gli editori che riempiono intere pagine del giornale con questo sistema? Se il signor Pinco Pallino, non giornalista, scrive un pezzo a settimana, per la legge è perseguibile del reato di esercizio abusivo della professione e viene, giustamente, messo all’indice dalla categoria: sottrae spazio e opportunità di lavoro, oltre a contribuire alla vendita del giornale, quindi ad un ricavo da parte di terzi che agiscono per lucro e non per beneficenza. E’ questo il punto.
Annarosa Macrì è una professionista, ovvero giuridicamente vive esclusivamente di proventi derivanti dall’attività giornalistica, ha un contratto di esclusiva che le garantisce una maggiorazione dello stipendio e vorrebbe lavorare gratis, in maniera continuativa, per un’altra testata per la quale dipendenti e collaboratori non hanno ancora chiaro il loro immediato futuro.
Vogliamo dare un bel segnale alla categoria che, ricordiamolo, soltanto in piccola parte ha la garanzia di un contratto Fieg-Fnsi? Bene. In occasione del prossimo rinnovo contrattuale rinunciamo, a favore di altri elementi – magari a sostegno delle fasce più deboli – all’esclusività professionale e con essa al 13% in più che ne deriva, chiedendo agli editori – a tutti gli editori – un accordo per abolire il vincolo che – sono perfettamente d’accordo con Carlo Verna – non ha ragione di essere nei casi in cui non esiste un fattore di concorrenzialità.
Provi Carlo Verna a lanciare la proposta all’interno della Rai e ci faccia sapere. Sarò il primo a schierarmi al suo fianco. Naturalmente, tutte le collaborazioni a carattere continuativo dovranno essere rigorosamente retribuite.
Quale sindacato di categoria o di base potrebbe, infatti, avallare la tesi secondo la quale è lecito lavorare gratis – ripeto, a carattere continuativo – in nome della libertà di stampa? Occasionali opinioni, lettere e cartoline, naturalmente, sono tutt’altra cosa. In quel caso sì, sarebbe giustificato scendere in piazza e gridare alla censura.

Carlo Parisi

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