Il direttore de LaC indagato per le infiltrazioni mafiose nelle elezioni di Nocera Terinese

Il Gip nega l’arresto del giornalista Pasquale Motta

Pasquale Motta

 

CATANZARO – «Concorrente “esterno” dell’associazione e criminale di stampo ’ndranghetistico denominata cosca “Bagalà”, in quanto, pur non potendosi ritenere inserito stabilmente nella struttura organizzativa del sodalizio, di fatto svolgeva in maniera preponderante la funzione di referente politico del boss Carmelo Bagalà con cui aveva condiviso e programmato la predisposizione della lista “Unità Popolare Nocerese, sfruttando sia il bagaglio relazionale legato al fatto di essere stato ex sindaco di Nocera Terinese, sia il legame particolarmente forte con Ferlaino Luigi…». Il reato contestato nel capo d’imputazione formulato dalla Dda di Catanzaro nei confronti del giornalista Pasquale Motta, direttore del network “LaC” ed ex sindaco di Nocera Terinese, è gravissimo: concorso esterno in associazione mafiosa. Il Gip del Tribunale di Catanzaro ha, però, rigettato la misura cautelare in carcere perché «tale impostazione si fonda su un assunto che non ha trovato sufficiente conferma sull’attività d’indagine: quello della dolosa sinergia in campagna elettorale di Motta e Bagalà.
In realtà, il contenuto dei dialoghi intercettati riportati nei paragrafi precedenti restituisce un quadro diverso: Motta risultava essersi accordato con Luigi Ferlaino al fine di pilotare le competizioni elettorali in maniera del tutto autonoma e indipendente rispetto a Carmelo Bagalà, del cui intervento in campagna elettorale sembrava comunque essere a conoscenza».
In buona sostanza, per il Gip «Motta era perfettamente consapevole dell’interferenza di Bagalà all’interno della propria lista e del conseguente appoggio elettorale operato nei confronti di alcune persone in essa candidate», ma «la condotta del concorrente esterno, per essere punibile, deve essere sostenuta dalla rappresentazione e accettazione del nesso funzionale tra la propria azione e il raggiungimento degli scopi dell’associazione».
«Nella specie – è scritto nell’ordinanza -, non sussistono elementi validi per ritenere tale elemento, con conseguente reiezione della richiesta cautelare per tale posizione».

La Procura della Repubblica di Catanzaro

Pasquale Motta è, dunque, indagato a piede libero nell’ambito dell’inchiesta sfociata nell’operazione Alibante condotta dai carabineri del Gruppo di Lamezia Terme e del Comando Provinciale di Catanzaro, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, che ha portato all’emissione di 19 misure cautelari e 43 indagati coinvolgendo due ex sindaci e un vicesindaco finiti ai domiciliari: Giovanni Costanzo, di 54 anni, ex primo cittadino di Falerna ed ex consigliere provinciale, e Luigi Ferlaino, di 53 anni, ex sindaco di Nocera Terinese. Analogo provvedimento anche per Francesco Cardamone, 40 anni, attuale vicesindaco di Nocera Terinese e carabiniere.
«In altri termini – motiva il Gip – sebbene unico fosse l’obiettivo perseguito sia dal Bagalà che dal Motta, ossia quello di far eleggere sindaco Massimo Pandolfo, i due risultano essersi mossi nella stessa traiettoria ma indipendentemente l’uno dall’altro, ognuno mosso da fini propri. La riprova di ciò, si trae da un’intercettazione ambientale captata circa due mesi dopo le elezioni in questione, quando Carmelo Bagalà aveva appreso dell’esistenza di un’indagine a carico suo e di Pasquale Motta. Ebbene, discutendo della vicenda con Mastroianni Giovanni, Carmelo Bagalà ha dichiarato di non parlare con Pasquale Motta da anni, ed effettivamente dall’attività di intercettazione non sono emersi colloqui o incontri diretti tra i due: “eh … a me mi sono venuti a dire che … in Procura stanno indagando … in Procura … su di me e su … Pasquale Motta ecco… io non…non gli parlo da tanti anni… ma poi cazzate”».

Nocera Terinese

«Ho appreso – ha dichiarato Pasquale Motta – che sarei indagato nell’operazione denominata “Alibante”, pur non avendo ricevuto, allo stato, alcuna notifica in tal senso. Prendo atto di tale notizia con sconcerto e presumo per fatti riferibili alla mia precedente attività politica nel comune di residenza.
La notizia mi amareggia in considerazione del fatto che il mio nome venga associato a presunti soggetti criminali con i quali non ho mai avuto alcun tipo di rapporto e che, anzi, negli anni in cui sono stato amministratore del Comune di Nocera Terinese, ho sempre combattuto, tant’è che sul finire degli anni ’90 mi sono trovato parte lesa in uno dei processi relativi a questa cosca».
«Proseguirò il mio lavoro – conclude il direttore de LaC – con la massima fiducia nella magistratura, una fiducia tra l’altro tracciata dalla passione civile e professionale e, dunque, attendo con serenità che la magistratura possa chiarire la mia posizione». (giornalistitalia.it)

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