In Calabria solo rigore etico e unità potranno scalfire la cappa di “accorduni” e soprusi

“Basta cinghiali, è l’Ora di rialzare la testa”

Da destra: Nicola Morra, Carlo Parisi, Luciano Regolo e Michele Inserra

COSENZA – Un video con la famosa telefonata dello stampatore Umberto De Rose all’editore dell’Ora della Calabria, Alfredo Citrigno, per bloccare la pubblicazione di un’indagine a carico del figlio del senatore Tonino Gentile: si è aperta così, al Chiostro di San D0menico a Cosenza, ad un anno esatto da quella telefonata, “Stop cinghiali – La giornata della libertà di stampa calabra”,organizzata dal blog Lorasiamonoi (nato dopo la chiusura del quotidiano) con il sostegno del Sindacato Giornalisti della Calabria.
E’ stato il direttore de L’Ora della Calabria, Luciano Regolo, a ripercorrere le vicissitudini che seguirono a quella telefonata, con la messa in liquidazione del giornale e “la decisione del liquidatore di sospendere in modo violento e unilaterale, il venerdì di Pasqua, le pubblicazioni del quotidiano e di oscurarne il sito”.
Regolo ha, quindi, illustrato il senso dell’iniziativa, ovvero “evitare in futuro simili attacchi alla libertà di stampa e rompere la cappa dei poteri forti che vogliono mettere il bavaglio all’informazione e continuare a compiere soprusi contro la dignità e i diritti dei calabresi”.
L’intenzione – ha aggiunto Regolo – è quella di “fare del 19 febbraio un appuntamento fisso per la libertà di stampa in Calabria”, invitando i giornalisti a “fare quadrato al di là delle testate a cui si appartiene”.
“Solo determinazione, costanza, rigore etico e unità d’intenti – ha sottolineato, infatti, Regolo – potranno scalfire la cappa di ‘accorduni’ e soprusi che grava sulla Calabria, minando la libera informazione ma anche gli altri diritti di tutta una comunità regionale, vittima degli interessi di pochi”.
“Un dibattito intenso, seguito con interesse dai colleghi delle diverse testate calabresi, che – ha detto ancora Luciano Regolo – ha riconfermato, dopo quello di Polistena dello scorso agosto, e tutti gli altri incontri che durante l’estate e l’autunno sono stati dedicati al tema dell’informazione senza bavagli, come il Sindacato Giornalisti della Calabria si stia ponendo sempre più come un centro di aggregazione e incoraggiamento per i colleghi, più numerosi di quanto non si pensi e che non sono disposti ad alcun compromesso, né verso i boss e le loro famiglie, né verso gli editori prepotenti, inclini ad ‘accorduni’ politico-affaristici, e di conseguenza non disposti ad avallare censure e soprusi in virtù di questi ultimi”.
Tra i soprusi a danno dei giornalisti vanno ricompresi anche le condizioni di precariato illegale, di irrisoria o addirittura inesistente retribuzione, praticate da certi proprietari di testate che somigliano piuttosto a padroni delle ferriere di ottocentesca memoria, attenti ai personali interessi patrimoniali e non certo al successo del prodotto editoriale.
A mettere il dito nelle piaghe ci ha pensato il segretario regionale del sindacato dei giornalisti, Carlo Parisi: “Se in Calabria si continua a non rispettare diritti e dignità dei giornalisti, non si andrà mai da nessuna parte. Il problema è che c’è un mondo editoriale in Calabria che spesso sembra rispondere a interessi diversi da quelli editoriali.Questo è successo per tante testate, che hanno puntato solo sulla pubblicità istituzionale mostrandosi, di conseguenza, morbidi verso il potere politico e amministrativo. Le aziende che non stanno in piedi sul piano finanziario e non pagano i giornalisti – ha detto chiaramente Parisi – devono chiudere, perché significa che esistono solo per perseguire l’interesse del potente di turno e mettono, in questo modo, in crisi le aziende serie e sane”.
In un simile contesto, ha aggiunto Parisi, che ha ricordato anche i tanti colleghi minacciati, “i giornalisti svolgono un ruolo importante con la loro autonomia. In Calabria c’è bisogno di rialzare la testa, di fare uno scatto d’orgoglio,per questo una giornata come questa ha un’importanza enorme”.
Parisi ha, quindi, auspicato da parte del Parlamento una riconsiderazione delle norme sulla diffamazione che “sono eccessivamente punitive”, ricordando il caso di un giornalista, Claudio Cordova, che qualche giorno fa si è visto chiedere preventivamente un maxi risarcimento da un magistrato per evitargli una querela.

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