Il quotidiano diretto da Ferdinando Adornato lascia dopo 17 anni. I giornalisti: “L’editore ha fatto troppo poco”

“Liberal” chiude battenti: 15 lavoratori a casa

ROMA – “Liberal”, il quotidiano diretto da Ferdinando Adornato, ha cessato le pubblicazioni anche nella versione on line. Pertanto 12 giornalisti e tre poligrafici si sono ritrovati senza lavoro.
I redattori di “liberal” esprimono “tutto il loro sconcerto per una escalation che ha portato nel giro di quattro settimane alla chiusura del giornale”.
“Seppure informati – affermano – su specifiche difficoltà finanziarie incontrate dall’azienda e legate al contributo per l’editoria, restiamo increduli di fronte a una dismissione consumata con una rapidità senza precedenti. Constatiamo con altrettanto sconcerto che tutte le rinunce compiute dalla redazione in questi anni sono servite a nulla”.
“Abbiamo accettato per la prima volta nel 2010 – ricordano i giornalisti di “liberal” – l’attivazione dei contratti di solidarietà, e lo abbiamo fatto di fronte all’allarme per un draconiano taglio del finanziamento pubblico che poi si è rivelato infondato. In vista poi di una successiva e reale contrazione delle provvidenze abbiamo siglato un rinnovo degli ammortizzatori sociali a tassi d’applicazione insolitamente alti per la stampa quotidiana. Tutto inutile, a nulla sono valsi gli sforzi compiuti per difendere i posti di lavoro”.
“Contrazioni del contributo ce ne sono e ce ne sono state, ma liberal in questi anni – sottolineano i giornalisti – ha potuto contare su risorse pubbliche comunque significative. Ed è altrettanto vero che negli anni scorsi sono state inspiegabilmente scartate opportunità di ulteriori ricavi come quelle derivanti da vantaggiosi appalti per la pubblicità”.
“In questi ultimi mesi – denunciano i giornalisti – troppo poco è stato fatto dalla Edizioni de «L’Indipendente» per dare forza al progetto del quotidiano digitale. Eppure, nonostante l’inesistente campagna promozionale, in poche settimane sono stati raggiunti risultati ragguardevoli quanto a contatti giornalieri”.
I redattori di liberal “non hanno alcuna intenzione di abbandonare la battaglia per promuovere una politica diversa, e soprattutto il ritorno all’amore per la politica contro la cecità dell’antipolitica. Obiettivi che da anni coltiviamo nel segno del cattolicesimo popolare e della passione per le idee di libertà che fanno dell’Italia un grande Paese, nonostante tutto”.
A giudizio dei giornalisti, “se proprio una fase di questa storia editoriale deve intanto chiudersi, è il caso di chiarire che questo dovrà essere fatto nel modo meno traumatico possibile per tutti i lavoratori dell’azienda. Non certo attraverso soluzioni come alcune di quelle proposte dall’Editore, e cioè con ammortizzatori sociali ancora più estremi e senza le spettanze dovute”.
“Vogliamo anche credere – affermano i giornalisti – che la notizia di un imminente congelamento del contributo pubblico atteso per fine anno non fosse già a disposizione dell’Editore. Va ricordato, infatti, che pochi giorni fa lo stesso Editore ha formalmente proposto a tutti i dipendenti di saldare il pagamento delle spettanze solo successivamente all’arrivo del predetto contributo”.
“Sostenuti in questo difficile momento dalla preziosa e instancabile presenza dell’Associazione Stampa Romana, riteniamo di interpretare – concludono i giornalisti – il sentimento di tutti i dipendenti dell’azienda nell’affermare che non ci si può arrendere professionalmente di fronte a una vicenda come questa. E ribadiamo che sarà perseguita ogni strada possibile per tornare quanto prima a impegnarci nelle battaglie di sempre”.

Il commiato dell’editore

Dopo 17 anni di ininterrotta
 presenza editoriale, 
liberal è costretto a lasciare
Caro lettore, non ce l’abbiamo fatta. La crisi dell’editoria e il perdurante, progressivo annuale calo dei contributi che colpisce il settore da ormai tre anni, rendono impossibile la tenuta di un’impresa come la nostra, nata e programmata quando i venti della crisi, sia economica che politica, non si erano ancora affacciati sulla vita collettiva del Paese. Questo è dunque l’ultimo giorno nel quale potrai leggerci.
Dopo 17 anni di ininterrotta presenza editoriale, liberal lascia. Dal 1995 ad oggi, dapprima come mensile, poi settimanale, poi bimestrale, infine nelle vesti di quotidiano, abbiamo cercato di proporre idee, comportamenti, interrogativi al fine di modernizzare la cultura politica italiana che ci appariva sempre meno capace di accompagnare la necessaria evoluzione (rivoluzione?) del sistema politico e di quello economico. Non crediamo di essere presuntuosi  se diciamo che ci sembra di aver seminato bene. I punti di vista che abbiamo proposto sono gradualmente diventati “luoghi comuni” in un Paese che purtroppo ancora attende l’ora x del cambiamento. Ma saremmo certamente sciocchi e superficiali se non ammettessimo che il raccolto è di gran lunga inferiore alle aspettative. La classe dirigente (istituzionale, politica, imprenditoriale, giornalistica) non è stata in grado di trasformare questi punti di vista in un nuovo clima culturale, capace di creare consenso di massa alle necessarie riforme. Rimaste perciò sempre al palo. Persino la tanta agognata democrazia dell’alternanza è stata trasformata in una sorta di guerra civile ideologica, per fortuna ancora una volta “fredda” ma fautrice di una rinnovata paralisi del Paese.
A ben pensarci la parabola di liberal coincide temporalmente con quella della Seconda Repubblica: e forse non è caso, ma destino, che si concluda oggi, proprio mentre i sogni di modernità sono stati ben riposti nei cassetti e la “nuova Repubblica” affronta una crisi dello Stato, della Politica, dell’Economia non potendo più contare su progetti razionali, ma solo sulla confusa miscela di protesta e rabbia.
Il cambio di stagione modifica radicalmente il paesaggio. Purtroppo non si può dire sia migliore di quando abbiamo cominciato, 17 anni fa. Una ragione di più per chiudere con amarezza, ma non senza speranza. Grazie a tutti coloro che ci hanno dato una mano. E grazie a chi continuerà a credere in quella rivoluzione liberale che resta l’autentica cifra di ogni nostra battaglia. Ma soprattutto l’unica prospettiva reale di rinascita dell’Italia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *