LA LETTERA - A quasi 60 anni e dopo 11 da giornalista, torno in ospedale a fare il tirocinante tecnico di radiologia

Paolo Oddo: “Uffici Stampa, così torniamo all’anno zero”

Paolo Oddo

Gentili Colleghi,
con l’ordine di servizio recapitatomi ieri, con il quale si intima al sottoscritto di prendere servizio presso il reparto di Radiologia di Modica “il giorno dopo il ricevimento della presente”, quindi senza nemmeno il privilegio di qualche settimana di preavviso che non si nega neanche alle badanti, si compie infine il percorso di una proterva azione delegittimante dell’Ufficio Stampa dell’Asp di Ragusa e del suo responsabile.
Quanto accaduto ricalca fedelmente la linea di queste ultime amministrazioni per le quali il criterio di “civiltà nei rapporti fra Pubblica Amministrazione e Cittadino”, introdotto con le leggi che obbligano tutte le strutture pubbliche a dotarsi di un ufficio stampa, non vale per questi manager – espressione di un potere “Unto dal Signore” – che non riescono ad abbandonare il “segreto d’ufficio” per la trasparenza dei propri atti.
Ancora oggi c’è chi crede gli uffici stampa (e non stampa e propaganda) e i loro addetti (confusi spesso con i portavoce) un inutile orpello del quale si può fare a meno e non una struttura di importanza strategica nei rapporti fra contribuenti e chi spende i loro soldi.
Persino l’assessore Massimo Russo si è lamentato della scarsa percezione della buona sanità siciliana – in molti casi veramente esistente – presso l’opinione pubblica, forse ignorando che tale stato di cose derivi dall’aver disseminato l’isola di manager affetti dalla “sindrome da comunicazione”, che provoca l’“orticaria da carta stampata” ed altre varie allergie connesse alla presenza di giornalisti, telecamere e microfoni.
In 38 anni di lavoro nel mondo della sanità iblea ne ho viste di tutti i colori e mai è mancata la presenza della politica nella gestione della sanità, ma nell’ultimo triennio il fenomeno ha avuto un’accelerazione impressionante. Posso appena accennare al disagio personale nel vedere, anche in insospettabili e stimati professionisti, improvvise conversioni, sconcertanti (e, a volte, ributtanti) cambi di casacca, spine dorsali elastiche messe in vendita, dopo ore passate in anticamere rese sdrucciolevoli dalla saliva, per una poltrona, una seggiola, uno strapuntino, uno sgabello. Questo accade perché in un mondo dove si snoda una catena di nominati, dai manager (o commissari più o meno straordinari) ai direttori sanitari e amministrativi, dai primari ai caposala, la cui scelta è puramente discrezionale, i criteri di selezione diventano necessariamente soggettivi, quindi basati sull’opinione del nominante, spesso dopo accurate garanzie sull’opinione del nominando.
Spiace rilevare, ancora, che questa filosofia della “nomina” abbia trovato conforto anche in una recente ordinanza del Tribunale di Modica, che da perfetta macchina del tempo ha riportato indietro di decenni gli addetti stampa delle Pubbliche Amministrazioni, visto che possono essere anche loro “nominati” dai manager e solo in presenza di un ufficio stampa, la cui istituzione resta una facoltà e non un obbligo. Una cura maggiore in un caso come il mio, che coinvolge un’intera categoria, avrebbe quantomeno spiegato perché i “numerosi profili di illegittimità” descritti dal giudice di prima istanza siano improvvisamente scomparsi nella seconda, definitiva, ordinanza.
Quanto a qualche profilo di illegalità connesso al primo ordine di servizio, devo dire che mi sono trovato nella singolare condizione di chi, dovendo difendere i propri diritti, avrebbe dovuto violare i propri doveri, che sono pur sempre quelli di preservare l’immagine dell’Azienda, confidando sempre sul fatto che il buonsenso avrebbe alla fine prevalso senza bisogno di mischiare il civile con il penale.
Di quest’ultimo punto darò tutti gli elementi alla Procura, se e quando lo riterrà necessario.
Riprendo il servizio all’ospedale di Modica da tirocinante tecnico di radiologia (che resta pur sempre una bellissima professione) alle soglie dei sessanta anni e senza avere acquisito uno straccio di diritto in undici anni, perché così ha voluto il Tribunale di Modica in nome del Popolo Italiano.
Rimane però la certezza che qualunque (sottolineo qualunque) sia il risultato delle prossime elezioni regionali, avrà pur sempre la conseguenza e il merito di sostituire questa classe dirigente con una migliore, solo perché diversa.
I miei migliori saluti

Paolo Oddo

Un commento:

  1. Filippo Praticò

    Caro Paolo,
    ti sono vicino e ti esprimo tanta solidarietà.
    Ti scrivo dalla terra dove i giornalisti che scrivono la verità sono definiti “cialtroni”, e dove dirigenti-avvocati, in tema di amministrazione digitale, invece di esprimersi in inglese, parlano ancora in latino come i vecchi azzeccagarbugli. Certo, è difficile anche per tanti magistrati conoscere la nuova legislazione sull’amministrazione digitale. E così ancora oggi vengono sfornate sentenze dove si afferma che “non è obbligo, ma facoltà” per un’amministrazione pubblica istituire l’ufficio stampa.
    Allora, procediamo con ordine.
    L’Asp di Ragusa come tutta la Pubblica Amministrazione italiana, dovrà erogare online numerosi suoi servizi, attraverso il web. Lo farà certamente usando un sito web. Ma attenzione, se lo fa pubblicando nelle proprie pagine comunicazioni sui servizi erogati e anche notizie sulle attività del vertice manageriale, dovrà rispettare in primo luogo la legge sulla stampa. Il sito istituzionale non è un blog, per cui dovrà registrare la testata nell’apposito registro che il tribunale di Modica custodisce per i giornali editi anche per via telematica, e nominare un giornalista direttore responsabile. Altrimenti, il comunicatore tuttofare che cura anche le news pratica l’esercizio abusivo della professione giornalistica, e l’editore- manager dell’Asp viola palesemente la legge sulla stampa.
    Inoltre, il sito web dovrà rispettare le nuove norme del Cad, codice dell’amministrazione digitale, le linee guida ministeriali sui siti web della Pubblica Amministrazione, le linee guida sulla privacy (anche le pagine web obsolete contengono nomi e dati che devono ricevere il dovuto oblio…). Quindi, se il portale web non è mantenuto in vita illegalmente da una società esterna privata, ma da un centro informatico interno che gestisce sito e rete di pc, esso deve rispettare le Linee guida sul disaster recovery, cioè devono essere garantiti la sicurezza degli impianti telematici in ordine a incendi, alluvioni e terremoti, e la continuità dell’erogazione del servizio pubblico.
    Rifletti con i tuoi legali e vedi, così, se c’è materia per ricorrere ancora presso un tribunale dove i magistrati conoscano non solo le vecchie leggi del 2000, ma anche quelle più recenti! Cordialità.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *