
Gastone Favero

Gino Falleri
ROMA – Se ne è andato con assoluta discrezione, l’ultimo mercoledì di agosto, il 29, di sera e a Roma. La sua professionalità, la sua personalità ricca di una grande carica umana non può passare sotto silenzio. Al di là dei suoi non pochi meriti e del suo cursus honorum oltremodo di rilievo, aveva insita una dote che pochi possiedono: la discrezione. Non smaniava e non prevaricava nessuno, stava al suo posto. Per lui doveva parlare soltanto quello che aveva o stava facendo. Era il suo biglietto di visita. E che la discrezione fosse la qualità che maggiormente lo distingueva dagli altri, senza nulla togliere all’insieme delle altre, l’ho potuto constatare, per la prima volta, una sera del maggio 1965.
Il ricordo a quasi cinquant’anni di distanza è ancora indelebile e la scena è collocata a Palazzo Marignoli, un tempo sede dell’Associazione della Stampa Romana. Lì si stavano scrutinando le schede del ballottaggio per l’elezione dei consiglieri, che avrebbero rappresentato l’elenco professionisti in seno al Consiglio dell’allora Ordine dei Giornalisti del Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise. A far parte della prima legislatura ordinistica.
Ebbene, mentre la maggioranza dei presenti, direttamente od indirettamente interessati, era in apprensione, o commentava il numero dei voti che i vari candidati stavano ottenendo, Gastone Favero, Gasgas per gli amici più vicini, vestito di grigio se ne stava silenzioso seduto in un angolo della sala con in mano un taccuino nero ed una penna stilografica. Segnava con diligenza quanti erano i suffragi a lui attribuiti dal corpo elettorale, senza far trasparire alcuna emozione. Come se quello che stava accadendo intorno a lui non lo interessasse. Non si è scomposto nemmeno quando il presidente del seggio ha proclamato chi erano gli eletti ed era tra quelli. E a chi si congratulava con lui rispondeva con un semplice “grazie”.
Eletto senza il favore della vigilia e contro una coalizione di centro destra ben consistente ed agguerrita, sostenuta dalla dirigenza dell’ASR e contro i suoi disegni, è diventato il primo consigliere segretario dell’Ordine e più tardi presidente al posto di Enrico Lucatello. Qualcuno, scomparso quasi subito dalle scene giornalistiche, lo aveva definito il presidente di maggio, evocando un fatto storico del 1946.
Al di là di quel giudizio, suggerito, Gastone Favero, oltre a dare l’imprinting all’Ordine del Lazio, è stato un giornalista di grande caratura e molto ha contribuito a far crescere la qualità della professione. Assieme ad una sparuta pattuglia di colleghi romani, con collegamenti con altri giornalisti del nord, ha favorito la nascita del movimento dei “Giornalisti democratici”, che contrastava i rappresentanti dell’ancien regime ancora nei posti chiave del sindacato e dello stesso ordine professionale. A Salerno nell’ottobre 1970, sotto la bandiera di “Rinnovamento”, avrebbe vinto il congresso ed impresso al sindacato dei giornalisti una linea politica ben precisa.
Il giornalista aveva un ruolo da assolvere nella società democratica. Non era un notaio dei fatti di cronaca bianca o nera, o riportava asetticamente nel pastone cosa accadeva sulla scena politica, ma un propellente, un ariete per indurre la classe dirigente a dare al Paese un nuovo e moderno assetto, secondo le esigenze di una società democratica che voleva un profondo rinnovamento, a cominciare dall’equità e dalla ridistribuzione della ricchezza.
Per le sue non comuni doti professionali ed umane non è rimasto solo un redattore capo centrale della Rai. Sono stati da lui creati i primi approfondimenti giornalistici come “Opinioni a confronto”, “Cosa c’è dietro l’angolo …” e l’apporto alla trasmissione sulla Conquista della Luna. Nei titoli di coda c’era pure il nome di chi scrive.
E’ andato ben oltre. E’ stato il capo ufficio stampa aggiunto dei governi Moro, direttore generale della Fondazione Agnelli, commissario dell’ente Luce e dirigente del Festival di Venezia. Pur crescendo nella scala sociale e nell’apprezzamento è sempre rimasto Gastone Favero, il ragazzo che, pieno di entusiasmo, era sceso nella Capitale da Venezia. Non è mai stato un Giano bifronte nei confronti dei pubblicisti, non si è dato mai delle arie e non è mai venuto meno alla parola data. E’ sempre rimasto con i piedi a terra, pur svettando più in alto di tanti altri.
E’ l’uomo Favero quello che conta e il suo ricordo non deve essere relegato nel mondo dell’oblio. Un Uomo Onesto dalle tante qualità e con un bagaglio culturale non comune. Un esempio. Ecco chi era in breve sintesi Gastone Favero. Un mio amico.
Se n’è andato in punta di piedi uno dei protagonisti della storia del sindacato dei giornalisti e della professione
Gastone Favero, il giornalismo ricorda un Uomo Onesto
Gastone Favero
Gino Falleri
ROMA – Se ne è andato con assoluta discrezione, l’ultimo mercoledì di agosto, il 29, di sera e a Roma. La sua professionalità, la sua personalità ricca di una grande carica umana non può passare sotto silenzio. Al di là dei suoi non pochi meriti e del suo cursus honorum oltremodo di rilievo, aveva insita una dote che pochi possiedono: la discrezione. Non smaniava e non prevaricava nessuno, stava al suo posto. Per lui doveva parlare soltanto quello che aveva o stava facendo. Era il suo biglietto di visita. E che la discrezione fosse la qualità che maggiormente lo distingueva dagli altri, senza nulla togliere all’insieme delle altre, l’ho potuto constatare, per la prima volta, una sera del maggio 1965.
Il ricordo a quasi cinquant’anni di distanza è ancora indelebile e la scena è collocata a Palazzo Marignoli, un tempo sede dell’Associazione della Stampa Romana. Lì si stavano scrutinando le schede del ballottaggio per l’elezione dei consiglieri, che avrebbero rappresentato l’elenco professionisti in seno al Consiglio dell’allora Ordine dei Giornalisti del Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise. A far parte della prima legislatura ordinistica.
Ebbene, mentre la maggioranza dei presenti, direttamente od indirettamente interessati, era in apprensione, o commentava il numero dei voti che i vari candidati stavano ottenendo, Gastone Favero, Gasgas per gli amici più vicini, vestito di grigio se ne stava silenzioso seduto in un angolo della sala con in mano un taccuino nero ed una penna stilografica. Segnava con diligenza quanti erano i suffragi a lui attribuiti dal corpo elettorale, senza far trasparire alcuna emozione. Come se quello che stava accadendo intorno a lui non lo interessasse. Non si è scomposto nemmeno quando il presidente del seggio ha proclamato chi erano gli eletti ed era tra quelli. E a chi si congratulava con lui rispondeva con un semplice “grazie”.
Eletto senza il favore della vigilia e contro una coalizione di centro destra ben consistente ed agguerrita, sostenuta dalla dirigenza dell’ASR e contro i suoi disegni, è diventato il primo consigliere segretario dell’Ordine e più tardi presidente al posto di Enrico Lucatello. Qualcuno, scomparso quasi subito dalle scene giornalistiche, lo aveva definito il presidente di maggio, evocando un fatto storico del 1946.
Al di là di quel giudizio, suggerito, Gastone Favero, oltre a dare l’imprinting all’Ordine del Lazio, è stato un giornalista di grande caratura e molto ha contribuito a far crescere la qualità della professione. Assieme ad una sparuta pattuglia di colleghi romani, con collegamenti con altri giornalisti del nord, ha favorito la nascita del movimento dei “Giornalisti democratici”, che contrastava i rappresentanti dell’ancien regime ancora nei posti chiave del sindacato e dello stesso ordine professionale. A Salerno nell’ottobre 1970, sotto la bandiera di “Rinnovamento”, avrebbe vinto il congresso ed impresso al sindacato dei giornalisti una linea politica ben precisa.
Il giornalista aveva un ruolo da assolvere nella società democratica. Non era un notaio dei fatti di cronaca bianca o nera, o riportava asetticamente nel pastone cosa accadeva sulla scena politica, ma un propellente, un ariete per indurre la classe dirigente a dare al Paese un nuovo e moderno assetto, secondo le esigenze di una società democratica che voleva un profondo rinnovamento, a cominciare dall’equità e dalla ridistribuzione della ricchezza.
Per le sue non comuni doti professionali ed umane non è rimasto solo un redattore capo centrale della Rai. Sono stati da lui creati i primi approfondimenti giornalistici come “Opinioni a confronto”, “Cosa c’è dietro l’angolo …” e l’apporto alla trasmissione sulla Conquista della Luna. Nei titoli di coda c’era pure il nome di chi scrive.
E’ andato ben oltre. E’ stato il capo ufficio stampa aggiunto dei governi Moro, direttore generale della Fondazione Agnelli, commissario dell’ente Luce e dirigente del Festival di Venezia. Pur crescendo nella scala sociale e nell’apprezzamento è sempre rimasto Gastone Favero, il ragazzo che, pieno di entusiasmo, era sceso nella Capitale da Venezia. Non è mai stato un Giano bifronte nei confronti dei pubblicisti, non si è dato mai delle arie e non è mai venuto meno alla parola data. E’ sempre rimasto con i piedi a terra, pur svettando più in alto di tanti altri.
E’ l’uomo Favero quello che conta e il suo ricordo non deve essere relegato nel mondo dell’oblio. Un Uomo Onesto dalle tante qualità e con un bagaglio culturale non comune. Un esempio. Ecco chi era in breve sintesi Gastone Favero. Un mio amico.