La Corte Costituzionale ha cancellato il taglio sugli stipendi oltre i 90 mila euro annui, ma non per tutti. Perché?

Pensioni magistrati e giornalisti: due pesi e due misure

Pierluigi Franz

La Corte Costituzionale

ROMA – Giovedì scorso la Corte Costituzionale, con sentenza n. 223, ha cancellato il taglio sugli stipendi dei magistrati oltre i 90 mila euro annui, che era stato introdotto nell’estate del 2010 dal governo Berlusconi. Della stessa decisione hanno beneficiato anche i quadri e i dirigenti delle Authority e delle Casse previdenziali privatizzate, come l’Inpgi, in quanto incluse nell’elenco Istat pubblicato da ultimo sulla Gazzetta Ufficiale del 25 settembre 2012, che avrebbero subìto anch’essi lo stesso taglio degli stipendi.
La Consulta non ha, tuttavia, annullato d’ufficio anche l’articolo 18, comma 22 bis, del Decreto Legge del governo Berlusconi del 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111, secondo cui, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, sono soggetti al taglio tutti i trattamenti pensionistici pubblici e privati, giornalisti compresi, di importo eccedente i 90 mila euro annui.
Ritengo, quindi, opportuno che da parte del Consiglio Direttivo del Gruppo Romano Giornalisti pensionati vengano poste in atto tutte le iniziative legali a beneficio dei molti Soci al fine di ottenere il blocco immediato del taglio con la restituzione di quanto sinora trattenuto a partire dall’agosto 2011, cioè lo stesso risultato oggi ottenuto dai magistrati.
Nel frattempo, al fine di evitare un inutile e costoso contenzioso davanti alla magistratura, mirante ad un risultato analogo a quello di una class action, ho chiesto direttamente al Presidente della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta, di correggere d’ufficio il dispositivo della sentenza n. 223.
Se la mia istanza fosse accolta il problema sarebbe risolto e i giornalisti pensionati Inpgi potrebbero essere rimborsati. La soluzione da me auspicata sarebbe, quindi, anche perfettamente in linea con l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 nel testo risultante dopo la sua ultima modifica, che si prefigge proprio la massima economicità del procedimento amministrativo. In caso contrario non resterebbe altra strada che il ricorso alla magistratura, come risulta dal 1° punto all’Odg del Direttivo del 5 novembre.
E’ bene ricordare naturalmente che una volta eliminate le attuali discriminazioni esistenti tra i lavoratori dipendenti pubblici e privati, da un lato, e tutti i pensionati pubblici e privati, dall’altro, il Governo Monti potrà liberamente adottare delle nuove misure che, a parità di gettito tributario complessivo per le casse dell’Erario, rispettino pienamente la Costituzione.
Per quanto riguarda, invece, l’eventuale decisione di ricorrere alla magistratura contro il blocco della perequazione decisa dal governo Monti per il 2012 e il 2013 sui trattamenti pensionistici dei giornalisti ricordo che a partire dal 1° gennaio scorso e fino al 31 dicembre 2013 resta bloccato senza alcuna rivalutazione l’importo delle pensioni, pubbliche e private, giornalisti compresi, superiori ai 1.405,05 euro lordi mensili.
A mio parere, questa discutibilissima soluzione adottata dal Governo Monti non appare, però, in linea con le sentenze della Corte Costituzionale n. 316 del 2010 e n. 30 del 2004 (scaricabili dal sito http://www.giurcost.org/decisioni/index.html).
Il Consiglio Direttivo Gruppo Romano Giornalisti pensionati dovrà, quindi, valutare l’opportunità di intraprendere eventuali iniziative legali volte a far sollevare dalla magistratura l’eccezione di legittimità costituzionale del blocco della perequazione decisa dal governo Monti per il 2012 e il 2013 sui trattamenti pensionistici dei giornalisti tendenti a far recuperare loro le somme trattenute dall’Inpgi sui vitalizi eccedenti i 90 mila euro annui dall’agosto 2011 in poi.

Pierluigi Roesler Franz
Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati

La lettera al Presidente della Corte Costituzionale, Alfonso Quaranta

Signor Presidente,
Le scrivo in qualità di Presidente del “Gruppo Romano Giornalisti Pensionati” in merito alla recente sentenza della Corte n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale per segnalarLe l’opportunità che la Corte, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87, voglia estendere d’ufficio quanto riportato al punto 4 del dispositivo dichiarando l’illegittimità costituzionale anche dell’identica disposizione discriminatoria contenuta nell’art. 18, comma 22 bis, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111, che, a partire dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, assoggetta ad un indebito prelievo tributario tutti i pensionati, pubblici e privati con reddito annuo superiore ai 90 mila euro l’anno (vedere acclusa istanza).
Le ricordo che prima della sentenza n. 223 restavano ingiustificatamente esentati per legge dalla suddetta manovra governativa solo i lavoratori dipendenti del settore privato. Dopo la sentenza n. 223 l’esenzione viene automaticamente estesa a tutti lavoratori pubblici e ai lavoratori di enti privatizzati inclusi nell’elenco Istat.
Oggi, invece, paradossalmente gli unici colpiti da un prelievo tributario giudicato indebito dalla Corte da Lei presieduta restano esclusivamente tutti i pensionati, pubblici e privati, con reddito annuo superiore ai 90 mila euro l’anno.
La correzione del dispositivo nel senso da me auspicato ut supra e che si rende comunque necessario anche per correggere degli errori materiali contenuti nella parte motiva e nel dispositivo stesso della sentenza n. 223, eliminerebbe peraltro qualsiasi discriminazione ed eviterebbe anche migliaia di inutili e costosi ricorsi alla magistratura di tutta Italia da parte dei pensionati pubblici e privati con azioni giudiziarie singole o collettive miranti ad un risultato analogo a quello di una class action. La soluzione da me auspicata sarebbe quindi anche perfettamente in linea con l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 nel testo risultante dopo la sua ultima modifica , che si prefigge proprio la massima economicità del procedimento amministrativo.
Una volta parificati come una volta tutti i lavoratori dipendenti pubblici e privati e tutti i pensionati pubblici e privati il Governo Monti potrà liberamente adottare delle nuove misure che a parità di gettito tributario complessivo per le casse dell’Erario rispettino però la Costituzione.
Confidando quindi in un benevolo accoglimento della presente istanza e scusandomi per il disturbo, La ringrazio per la cortese attenzione e Le invio i miei più cordiali saluti.
Pierluigi Roesler Franz
Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati

L’istanza alla Corte Costituzionale

Ecc.ma Corte Costituzionale
Istanza, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953 n. 87, di correzione di omissione e di errori materiali contenuti nella sentenza n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 (Presidente Alfonso Quarante, Redattore Giuseppe Tesauro) non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale.
Il sottoscritto dott. Pierluigi Roesler Franz, nato a Roma il 21 agosto 1947 e ivi residente in via Alessandro Serpieri 7,  tel. 06-321.45.74 casa e 335-820.12.40 cellulare, c.f. RSLPLG47M21H501, giornalista professionista (tessera n. 67827 Ordine nazionale dei giornalisti), già cronista giudiziario del “Corriere della Sera” e de “La Stampa”, accreditato dal 1976 presso codesta Corte, titolare di pensione Inpgi (Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani – “Giovanni Amendola” – con sede in Roma, ente previdenziale privatizzato ex Dlgs n. 509 del 1994), non in proprio, ma nella sua qualità di Presidente pro tempore del “Gruppo Romano Giornalisti Pensionati”, Associazione sindacale senza fini di lucro, codice fiscale 97693010585, con sede in Roma piazza della Torretta n. 36 presso l’Associazione Stampa Romana, sindacato unitario dei giornalisti del Lazio, ai sensi dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dell’art. 32 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale del 7 ottobre 2008, avanza rispettosa istanza di correzione di omissione e di errori materiali contenuti nella sentenza n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 (Presidente Alfonso Quaranta, Redattore Giuseppe Tesauro) non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale,
Premesso
– che l’articolo 9, comma 2, del decreto- legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), ai sensi del comma 3, dell’art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro;
– che in tema di interventi in materia previdenziale l’art. 18, comma 22 bis, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98 (in Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2011 n. 155), convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111 (in Gazzetta Ufficiale 16 luglio 2011, n. 164), meglio noto come “Manovra del Governo Berlusconi per il 2011” ha stabilito che: ”In considerazione della eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento pensionistico complessivo non può essere comunque inferiore a 90.000 euro lordi annui. Ai predetti importi concorrono anche i trattamenti erogati da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui al decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 563, al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, nonché i trattamenti che assicurano prestazioni definite dei dipendenti delle regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni, ivi compresa la gestione speciale ad esaurimento di cui all’articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, nonché le gestioni di previdenza obbligatorie presso l’Inps per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale già addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette. La trattenuta relativa al predetto contributo di perequazione é applicata, in via preventiva e salvo conguaglio, a conclusione dell’anno di riferimento, all’atto della corresponsione di ciascun rateo mensile. Ai fini dell’applicazione della predetta trattenuta é preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l’anno considerato. L’Inps, sulla base dei dati che risultano dal casellario centrale dei pensionati, istituito con decreto del Presidente della Repubblica 31 dicembre 1971, n. 1388, e successive modificazioni, è tenuto a fornire a tutti gli enti interessati i necessari elementi per l’effettuazione della trattenuta del contributo di perequazione, secondo modalità proporzionali ai trattamenti erogati. Le somme trattenute dagli enti vengono versate, entro il quindicesimo giorno dalla data in cui è erogato il trattamento su cui é effettuata la trattenuta, all’entrata del bilancio dello Stato”;
– che nel punto 4) del dispositivo della sentenza n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 (Presidente Alfonso Quaranta, Redattore Giuseppe Tesauro) non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, codesta Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, , del decreto- legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), ai sensi del comma 3, dell’art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro;
– che codesta Ecc.ma Corte è giunta a questa conclusione, ritenendo nella specie violati gli articoli 3 e 53 della Costituzione (vedere i punti 13, 13.1, 13.2, 13.2.1, 13.2.2, 13, 13.3, 13.3.1 e 13.4 della parte motiva), in quanto viene introdotto un vero e proprio prelievo tributario che determina un irragionevole effetto discriminatorio, trattandosi di una imposta speciale prevista nei confronti dei soli pubblici dipendenti;
– che per effetto delle discriminatorie ed irrazionali disposizioni contenute nel citato articolo 18, comma 22 bis, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111, a partire dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014 venivano da allora assoggettati a questo indebito prelievo tributario tutti i pensionati, pubblici e privati con reddito annuo superiore ai 90 mila euro l’anno, mentre restavano espressamente quanto ingiustificatamente esentati dalla suddetta manovra governativa esclusivamente i lavoratori dipendenti del settore privato;
– che come diretta conseguenza della decisione n. 223 adottata da codesta Corte l’8-11 ottobre 2012 l’esenzione é stata ora automaticamente estesa a tutti lavoratori pubblici e ai lavoratori di enti privatizzati inclusi nell’elenco Istat;
– che oggi, invece, paradossalmente gli unici colpiti da un prelievo tributario giudicato indebito dalla Corte con la sentenza n. 223 del 2012 restano esclusivamente tutti i pensionati, pubblici e privati con reddito annuo superiore ai 90 mila euro l’anno;
– che codesta Ecc.ma Corte, ai sensi dell’art. 27 della Legge 11 marzo 1953, n. 87 (norme sulla Costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale in Gazzetta Ufficiale 14 marzo 1953, n. 62), avrebbe dovuto anche dichiarare automaticamente illegittime tutte le altre disposizioni legislative analoghe all’articolo 9, comma 2, del decreto- legge 31 maggio 2010 n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), ai sensi del comma 3, dell’art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro;
– che questa dimenticanza può configurarsi come un banale errore materiale, trattandosi di una normativa successiva assolutamente discriminatoria e identica nella sostanza tranne che per la sua durata fissata in un anno in più, cioè al 31 dicembre 2014, anziché al 31 dicembre 2013 come già previsto per gli stipendi dei magistrati (per tutte conformi vedere la sentenza di codesta Corte n. 123 del 1990 Presidente Saja e relatore Borzellino);
– che è quindi auspicabile una correzione d’ufficio della motivazione e del dispositivo che a parità di reddito elimini qualsiasi discriminazione nelle trattenute “fiscali” sui vitalizi di tutti i pensionati pubblici e privati rispetto agli stipendi dei lavoratori dipendenti pubblici e privati. Successivamente il Governo Monti potrà adottare anche in via d’urgenza delle nuove misure che a parità di gettito tributario complessivo per le casse dell’Erario rispettino pienamente la Costituzione senza più ingiustificate discriminazioni;
– che la correzione d’ufficio della motivazione e del dispositivo della sentenza n, 223 del 2012 nel senso da me auspicato ut supra (correzione che si rende comunque necessaria anche per eliminare dei refusi ed errori materiali contenuti nella parte motiva e nel dispositivo stesso della sentenza n. 223) eliminerebbe peraltro qualsiasi discriminazione ed eviterebbe anche migliaia di inutili e costosi ricorsi alla magistratura di tutta Italia da parte dei pensionati pubblici e privati, assistiti da legali, attraverso azioni giudiziarie singole o collettive miranti ad un risultato analogo a quello di una class action. La soluzione da me auspicata sarebbe quindi anche perfettamente in linea con l’art. 1 della legge n. 241 del 1990 nel testo risultante dopo la sua ultima modifica, che si prefigge proprio la massima economicità del procedimento amministrativo, cioé l’esatto contrario di un nuovo dispendioso quanto inutile, ma probabile, contenzioso davanti alla magistratura.
Tutto ciò premesso
il sottoscritto, nella qualità ut supra, fa rispettosa istanza di correzione della sentenza n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 (Presidente Alfonso Quaranta, Redattore Giuseppe Tesauro) non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale con cui codesta Ecc.ma Corte, riuniti vari giudizi, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, del decreto- legge 31 maggio 2010 n. 78 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), ai sensi del comma 3, dell’art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro, e
chiede
che venga aggiunto d’ufficio da codesta Corte sia nella parte motiva dei punti 13 e 14, sia del dispositivo della sentenza, ai sensi degli artt. 27 e 30, 1° e 2° comma, della Legge 11 marzo 1953, n. 87 e in esecuzione dell’art. 32 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale del 7 ottobre 2008 il seguente punto:
“4 bis) dichiara d’ufficio-a norma dell’art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87: l’illegittimità costituzionale dell’articolo 18, comma 22 bis, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n. 111 nella parte in cui prevede che, a decorrere dal 1° agosto 2011 e fino al 31 dicembre 2014, i trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori di forme di previdenza obbligatorie, i cui importi complessivamente superino 90.000 euro lordi annui, sono assoggettati ad un contributo di perequazione pari al 5 per cento della parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché pari al 10 per cento per la parte eccedente 150.000 euro; a seguito della predetta riduzione il trattamento pensionistico complessivo non può essere comunque inferiore a 90.000 euro lordi annui. Ai predetti importi concorrono anche i trattamenti erogati da forme pensionistiche che garantiscono prestazioni definite in aggiunta o ad integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio, ivi comprese quelle di cui al decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 563, al decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 357, al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, nonché i trattamenti che assicurano prestazioni definite dei dipendenti delle Regioni a statuto speciale e degli enti di cui alla legge 20 marzo 1975, n. 70, e successive modificazioni, ivi compresa la gestione speciale ad esaurimento di cui all’articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, nonché le gestioni di previdenza obbligatorie presso l’Inps per il personale addetto alle imposte di consumo, per il personale dipendente dalle aziende private del gas e per il personale già addetto alle esattorie e alle ricevitorie delle imposte dirette. La trattenuta relativa al predetto contributo di perequazione é applicata, in via preventiva e salvo conguaglio, a conclusione dell’anno di riferimento, all’atto della corresponsione di ciascun rateo mensile. Ai fini dell’applicazione della predetta trattenuta é preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l’anno considerato” e
segnala
i seguenti errori materiali contenuti sia nella parte motiva, sia nel dispositivo della citata sentenza n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 punti 3-4-5-6 e 7 laddove per un banale refuso sono saltati i riferimenti alla legge 30 luglio 2010, n. 122, di conversione, con modificazioni, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78. Tali riferimenti sono invece correttamente riportati solo nel punto 2 del dispositivo stesso.
Inoltre negli stessi punti 3-4-5-6- e 7 del dispositivo, per un banale refuso, sono saltati anche i riferimenti alla data esatta del decreto legge n. 78 del 2010, cioè 31 maggio 2010.
Alla luce di quanto sopra il dispositivo dei punti 3-4-5 e 7 della sentenza n. 223 dell’8-11 ottobre 2012 (Presidente Alfonso Quaranta, Redattore Giuseppe Tesauro) non ancora pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, dovrebbe essere così corretto (le modifiche sono riportate in grassetto) ai sensi dell’art. 32 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte Costituzionale del 7 ottobre 2008 in Gazzetta Ufficiale 7 novembre 2008, n. 261 (vedere per tutte conformi le ordinanze della Corte Costituzionale n. 39-105-262 e 324 del 2011 e 17, 19, 77 e 209 del 2012):
3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 22, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui dispone che l’indennità speciale di cui all’articolo 3 della legge n. 27 del 1981, spettante al personale indicato in tale legge, negli anni 2011, 2012 e 2013, sia ridotta del 15% per l’anno 2011, del 25% per l’anno 2012 e del 32% per l’anno 2013;
4) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, del decreto- legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2011 e sino al 31 dicembre 2013 i trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, previsti dai rispettivi ordinamenti, delle amministrazioni pubbliche, inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), ai sensi del comma 3, dell’art. 1, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica), superiori a 90.000 euro lordi annui siano ridotti del 5% per la parte eccedente il predetto importo fino a 150.000 euro, nonché del 10% per la parte eccedente 150.000 euro;
5) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 10, del decreto- legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’art. 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato);
6) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 9, comma 2, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sollevata, nei giudizi iscritti al reg. ord. nn. 46 e 53 del 2012, dai Tar per l’Abruzzo e per l’Umbria;
7) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, comma 7, del decreto legge 31 maggio 2010 n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, sollevata, nei giudizi iscritti al reg. ord. nn. 54 e 74 del 2012, dai Tar per l’Umbria e per la Calabria.
Il sottoscritto, nella qualità ut supra, confida quindi nel benevolo accoglimento della presente istanza e ringrazia per la cortese attenzione.
Pierluigi Roesler Franz
Presidente del Gruppo Romano Giornalisti Pensionati

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