Giuseppe Giulietti e l’Unci condividono la protesta e l’indignazione della Fnsi e del Sindacato Giornalisti della Calabria

“Sull’arresto di Francesco Gangemi intervenga il Quirinale”

Giuseppe Giulietti

ROMA – “Condividiamo la protesta e l’indignazione della Fnsi e del Sindacato Giornalisti della Calabria per l’arresto del giornalista Francesco Gangemi, in carcere per una condanna per diffamazione e per non aver voluto rivelare le sue fonti”.
Lo afferma il portavoce di “Articolo 21”, Giuseppe Giulietti, sottolineando che “Gangemi ha 79 anni e il suo arresto arriva dopo il monito europeo rivolto alla Italia ad eliminare il carcere per i cronisti e a rivedere le norme in materia di diffamazione”.
“La nuova legge – ricorda Giulietti – é ancora ferma alle Camere in attesa di approvazione. Ci auguriamo che anche per lui si possa registrare quella indignazione e quella reazione che ha accompagnato analoghi provvedimenti, sino a sollecitare, come nel caso di Sallusti, l’intervento del Quirinale.
Non ci vuole, infine, molta immaginazione per prevedere che un simile episodio non contribuirà certo a migliorare la giá precaria posizione dell’Italia in materia di libertà di informazione”.
A sottoscrivere l’appello del sindacato dei giornalisti c’è anche l’Unci, l’Unione Nazionale Cronisti Italiani, secondo la quale “superata la crisi istituzionale del caso Sallusti, la politica si è acquietata e cincischia sulla depenalizzazione del reato di diffamazione a mezzo stampa. Intanto i giornalisti in carcere ci vanno davvero”.
Citando il caso di Francesco Gangemi, il presidente dell’Unci, Guido Columba, sottolinea che “il reato che lo ha fatto rinchiudere in carcere, ad una età che è vietata dalla legge, è la diffamazione a mezzo stampa durante la direzione del periodico «Il Dibattito» e il rifiuto di rivelare la fonte delle proprie notizie”.
“Comportamenti – sottolinea l’Unci – tutti ritenuti perfettamente legittimi dalla Corte dei diritti di Strasburgo che ha ripetutamente affermato che nessuno Stato può ostacolare la funzione di «cane da guardia della democrazia» dei giornalisti”. Da qui la sottoscrizione dell’appello della Fnsi al Parlamento “perché, superando tatticismi e veti incrociati, si decida a varare una normativa in linea con i principi di civiltà giuridica europea”.

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