Al Festival Internazionale del Libro di Taormina, il magistrato sarà intervistato dal giornalista Carlo Parisi

“Dire e non dire”, Nicola Gratteri stasera a “Taobuk”

Nicola Gratteri

TAORMINA (Messina) – Il magistrato Nicola Gratteri, membro della task force governativa contro la ‘ndrangheta e autore di alcune delle più determinanti inchieste su questo fenomeno mafioso, presenta a “Taobuk”, il Festival Internazionale del Libro di Taormina, il suo ultimo libro, “Dire e non dire” (Mondadori, pagine 216, euro 17,50).
Oggi, 22 settembre alle ore 19.30, sulla terrazza dell’Archivio Storico di Taormina, sarà intervistato dal giornalista Carlo Parisi, vicesegretario nazionale Fnsi e segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria.
Procuratore aggiunto della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, sotto scorta dal 1989, Nicola Gratteri ha contribuito alla cattura di oltre cento latitanti e ha partecipato a numerose inchieste che hanno colpito i vertici della ’ndrangheta, tra cui l’inchiesta seguita alla strage di Duisburg in Germania.
Il libro, scritto con Antonio Nicaso, ricostruisce il mondo della ’ndrangheta, i suoi codici e protocolli, le sue regole più stringenti, le dinamiche che portano ad accaparrarsi voti e consenso. Dietro questa “multinazionale del crimine” le regole restano le stesse del più lontano passato, tra tutte quella per cui “la famiglia è sacra ed inviolabile”. Ma il fenomeno criminale della ‘ndrangheta ormai è ampiamente approdato ai più floridi lidi dell’Italia Settentrionale e di quella Milano fatta di alta finanza e grattacieli-cattedrali di acciaio e vetro studiati per mettere in scena la più rassicurante trasparenza celando, ad un sol tempo, i più oscuri “magheggi” finanziari.
Così la ‘ndrangheta cambia pelle e si adatta: i precipizi dell’Aspromonte oggi sono evaporati in un orizzonte cittadino dalle sconfinate potenzialità. Ecco la ’ndrangheta raccontata magistralmente ed in maniera inedita da Nicola Gratteri ed Antonio Nicaso che, selezionando e raccogliendo sentenze, intercettazioni, verbali di atti giudiziari dal 1860 ad oggi, ce la presentano meticolosamente dal suo interno, nelle dichiarazioni di quelli che vi hanno aderito.
Profondo conoscitore dei legami tra ’ndrangheta e potere, Nicola Gratteri dal 18 giugno 2013 fa parte della task force nominata dal presidente del Consiglio dei Ministri, Enrico Letta, per elaborare delle strategie in tema di lotta alla criminalità organizzata. Nel 2005 è stato ritrovato nella piana di Gioia Tauro un arsenale di armi che sarebbe servito per un attentato ai suoi danni.
Ha scritto, tra gli altri, “Fratelli di sangue”, “La malapianta”, “La giustizia è una cosa seria”, “La mafia fa schifo”. Molto impegnato (gratuitamente) nella promozione di una cultura antimafia nelle scuole, per il suo impegno contro la ’ndrangheta ha ricevuto il Premio Giuseppe Valarioti, il Premio Renato Benedetto Fabrizi e il Premio Angelo Frammartino.

“Dire e non dire”

Non sanno di essere intercettati e parlano a ruota libera. Di affari, di voti, di chi si è comportato “da stracristiano” e di chi invece non “ha abbassato la testa”. Parlano, gli uomini della ’ndrangheta, ma non dicono tutto. Fanno lunghe pause, e dietro quelle frasi lasciate a metà si nasconde la ferocia della strategia criminale e il rispetto di un preciso codice di comportamento.
E anche oggi che la vecchia ’ndrangheta dei capibastone è diventata una multinazionale del crimine con ramificazioni in tutto il mondo, insospettabili contiguità con la politica e l’imprenditoria, un giro di affari miliardario, per gli affiliati la ’ndrangheta è “la più bella cosa perché ha le più belle regole”: ha rituali, precetti, norme, principi.
“Noi dobbiamo mantenerli certi valori, dobbiamo essere, come eravamo una volta, quello che ci hanno insegnato i nostri antenati” dice un boss calabrese. Anche i comandamenti restano quelli inequivocabili che si trovano nei codici della picciotteria: “non si sgarra e non si scampana”, “chi tradisce brucerà come un santino”, “la famiglia è sacra e inviolabile”.
Persino la penetrazione nelle ricche regioni del Nord non ha mutato gli equilibri di un’organizzazione al tempo stesso globale e locale: i clan diversificano gli investimenti, riciclano montagne di denaro e aprono ristoranti in pieno centro a Milano, eppure, come dice un altro boss alludendo alla Calabria, “la forza è là, la mamma è là”, le radici della ’ndrangheta sono ben salde fra i boschi e i paesi aggrappati ai dirupi dell’Aspromonte.
Sulla base di una vasta mole di fonti documentarie – intercettazioni, “pizzini”, verbali di atti giudiziari, sentenze (dal 1860 a oggi) – Nicola Gratteri e Antonio Nicaso raccontano in queste pagine l’universo criminale della mafia calabrese in modo assolutamente inedito, dal suo interno, a partire dalle conversazioni, dai racconti e dalle riflessioni di chi alla ’ndrangheta ha scelto di appartenere.
Un libro fondamentale perché per combattere questo cancro occorre conoscerne a fondo non solo le strutture organizzative ma anche i miti e le parole che lo alimentano, smascherando una volta per tutte la falsa retorica dell’onore e la cultura omertosa che lega il silenzio all’obbedienza. Nella ’ndrangheta infatti non ci può essere alcuna giustizia, ci sono solo violenza e paura come mezzi per conquistare denaro e potere.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *