ROMA – Le parole di Papa Francesco durante l’udienza con i giornalisti e media riscattano dignità e valore di un lavoro professionale da troppi vituperato. Da lui un riconoscimento dell’informazione come un bene per l’uomo e la sua libertà e un messaggi di altrettanto immenso valore fondato su un criterio che, peraltro, è fondamentale della religione e della Chiesa di cui è guida: la verità.
Tre semplici pare del Papa Francesco – verità, bontà e bellezza – illuminano anche il senso profondo del lavoro giornalistico e hanno, per i credenti, un significato profondo della missione della Chiesa cattolica, che evidentemente vuole indirizzare verso questi segni distintivi.
Il giornalismo ha il dovere di servire la verità, che non si traduce in un racconto qualsiasi e non è un effetto speciale. Il Papa ha voluto coniugare questo elemento basilare della professione con bontà e bellezza, che vuole caratteristica della missione della Chiesa universale.
Con un giudizio sul lavoro e sulla fatica dei giornalisti del Conclave (“qualificato servizio”) e con le tre semplici parole di verità, bontà e bellezza, illumina oggi la strada maestra dell’informazione che non può essere giudicata tale se non, appunto, al servizio della verita”.
Altre due considerazioni finali. Raccontando come è arrivata la sua elezione e com’é pervenuto alla scelta del nome, il Papa ha dimostrato come si possa e si debba andare oltre il linguaggio e i racconti paludati, mettendo a disposizione la trasparenza delle fonti, nei limiti del possibile, anche per vicende altrimenti coperte da riservatezza e segreto com’é un Conclave.
I vaticanisti potranno scrivere senza tema di smentita che ha ottenuto ben più dei due terzi dei voti, che il cardinale brasiliano Hummes era per lui e che quindi non c’erano schieramenti nazionali pregiudizievoli (come capita con la categorie dell’analisi politica), che la scelta del nome nasce anche da un colloquio con quello che potremo definire un campagno di banco che ha rafforzato l’idea di esprimere anche cosi e subito, con il nome Francesco, l’idea di un programma per la Chiesa che oggi guida spiritualmente e rappresenta: la Chiesa povera, della pace, dell’evangelizzazione che non sta in una categoria mondana e guarda alla libertà dell’uomo dalla povertà.
Così si può dire che oggi Papa Francesco ha offerto ai giornalisti – nel rispetto del loro dovere di essere terzi sui fatti – anche il diritto, nell’ascolto, a un’emozione.