Il Cdr del Corriere della Sera considera inaccettabile attaccare il patrimonio editoriale e immobiliare del gruppo

Altro che svendere i “gioielli” Rcs, bisogna investire

Pietro Scott Jovane

Federico Ghizzoni

MILANO – L’11 febbraio scorso l’amministratore delegato Pietro Scott Jovane ha presentato al Comitato aziendale europeo le linee guida di un piano tutto centrato sul taglio del costo del lavoro: 800 esuberi, 640 dei quali in Italia tra personale giornalistico e non.
Solo qualche giorno fa, martedì 19 febbraio, Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, uno dei principali creditori di Rcs MediaGroup, aveva commentato l’impianto finanziario del «piano Jovane» con queste parole: «Non l’ho visto nel dettaglio ma, da profano, mi sembra un piano con un rischio di esecuzione piuttosto alto». Quindi, aveva aggiunto Ghizzoni, «è da valutare con la massima attenzione. Siccome tutti quanti siamo passati attraverso periodi di ristrutturazione, si può dire che oggi non c’è un mercato facile per vendere asset».
Conclusione dell’amministratore delegato di Unicredit: «Credo sia un piano molto ambizioso ma con un certo rischio implicito di esecuzione». Questa non è dunque solo l’opinione del Comitato di redazione, l’organismo che rappresenta i giornalisti del Corriere.
Venerdì scorso lo stesso Jovane ha rilasciato una dichiarazione sorprendente e sconcertante: «Il nostro obiettivo è quello di presentarsi agli azionisti con i compiti fatti e chiedere loro il minimo indispensabile in termini di aumento di capitale».
Bisogna, dunque, capire che cosa intenda l’amministratore del gruppo quando parla di «compiti da fare prima di presentarsi agli azionisti». Se questo significa sfigurare l’identità del Corriere della Sera e delle altre testate del gruppo Rcs, allora è completamente fuori strada.
Ghizzoni ha, dunque, sottolineato implicitamente che oggi cedere asset, cioè le dieci testate periodiche per le quali è altrimenti prevista la chiusura o gli immobili e in primo luogo la sede storica di via Solferino, è tutt’altro che un compito facile: è anzi alto il rischio di esecuzione.
Da queste frasi si può facilmente dedurre che per sostenere il piano più che affidarsi alla vendita di pezzi fondamentali del patrimonio editoriale e immobiliare sia, invece, necessario far conto su un aumento di capitale di dimensioni adeguate.
La struttura finanziaria di appoggio al piano industriale non è stata ancora decisa, ma da qualche settimana circola con insistenza l’ipotesi che fra i soci del gruppo sia prevalente l’orientamento a una ricapitalizzazione «minima», cioè non superiore a 400 milioni. Contro un fabbisogno finanziario stimato pari al doppio.
Non è ancora nota la data in cui si terrà il Consiglio di amministrazione del gruppo. Si prevede nei primi 10 giorni di marzo. Ma i segnali che arrivano da una delle principali banche creditrici appaiono inequivocabili.
Il Comitato di redazione del Corriere considera inaccettabile attaccare il patrimonio del gruppo. Ghizzoni avverte che le testate e la sede storica possono anche essere messe in vendita, o se si preferisce in «svendita» visto il mercato, ma aggiunge che qualsiasi processo di cessione potrebbe avere un esito tutt’altro che garantito. Dunque tocca ai soci fornire le risorse finanziarie adeguate per il rilancio del gruppo Rcs. Esattamente il contrario di quanto sostenuto venerdì da Jovane.

Il Comitato di redazione del Corriere della Sera

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