Un quadro ancora confuso rispetto al quale gli enti di categoria non hanno ancora concordato strategie e metodi

Equo compenso: la legge c’è, ma solo sulla carta

Giancarlo Tartaglia

Mimma Iorio

Dario Fidora
ROMA – Si è svolto a Roma un seminario sull’equo compenso giornalistico promosso dall’Associazione Stampa Romana, il Coordinamento autonomo, atipico e precario e la Commissione Regionale Lavoro Autonomo dell’Asr.
Lo scopo è stato quello di promuovere proposte da sottoporre all’attenzione di chi rappresenterà Fnsi e Ordine all’interno della “Commissione per la valutazione dell’equità retributiva del lavoro giornalistico” istituita con la legge 233/2012, compatibili con gli aspetti legislativi, contrattuali, fiscali, previdenziali e professionali del lavoro autonomo giornalistico.
Al seminario hanno partecipato Paolo Butturini, segretario dell’Asr, Paolo Buzzonetti, fiscalista e commercialista Asr, Bruno Del Vecchio, avvocato della Fnsi, Mimma Iorio, vice direttore generale dell’Inpgi, Giancarlo Tartaglia, direttore Fnsi, i rappresentanti della Giunta della Federazione Nazionale della Stampa, membri della Commissione nazionale Lavoro Autonomo Fnsi, i rappresentanti dell’Odg nazionale e del Lazio e i colleghi dei coordinamenti precari, freelance e autonomi.
La legge 233/2012 estende espressamenteper la prima volta al lavoro autonomo le disposizioni dell’art. 36 della Costituzione, finora solo riferite al lavoro subordinato
La legge 31 dicembre 2012, n. 233 sull’Equo compenso giornalistico è entrata in vigore il 18 gennaio 2013. Bruno Del Vecchio, legale della Federazione nazionale della stampa italiana, nel considerarne la portata significativa e dirompente, ha sottolineato nel suo intervento che “quella sull’equo compenso è una legge di principio e di metodo”.
Tre gli aspetti essenziali della norma. Il primo è naturalmente l’introduzione dell’equo compenso per il giornalista collaboratore autonomo, freelance o precario. L’interpretazione del dettato costituzionale: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, contenuto nell’art. 36, è sempre stato interpretato in riferimento al rapporto di lavoro determinato. Con questo presupposto, l’orientamento della Corte costituzionale ha costantemente indicato che il compenso minimo fosse quello previsto dai contratti collettivi tra le parti sociali. La legge 233/2012, invece, prevede espressamente che anche per il lavoro giornalistico autonomo l’equo compenso sia determinato in coerenza con il contratto nazionale di lavoro di categoria.
Il secondo aspetto è quello che stabilisce che il mancato rispetto dell’equo compenso “comporta la decadenza dal contributo pubblico in favore dell’editoria, nonché da eventuali altri benefici pubblici”. La violazione della norma impedisce, quindi, all’editore l’accesso a tutte le tipologie di benefici, tra i quali ad esempio quelli relativi alla cassa integrazione o i pre-pensionamenti.
Il terzo aspetto essenziale è, infine, quello che stabilisce che “Il patto contenente condizioni contrattuali in violazione del compenso equo è nullo”.
La legge Fornero di riforma del lavoro ha legalizzato di fatto lo sfruttamento del giornalista con partita Iva
Il direttore della Federazione della Stampa, Giancarlo Tartaglia, ha ricordato che la legge sull’equo compenso per il lavoro giornalistico autonomo si incrocia con le disposizioni su “cococo e partite Iva” della legge Fornero 92/2012.
La riforma del lavoro ha voluto, in sostanza, introdurre norme per identificare le “finte partite Iva” che, in realtà, nascondono un rapporto di lavoro subordinato, attraverso parametri oggettivi quali durata, monocommittenza (intesa come reddito proveniente per l’80% da un solo datore di lavoro), uso di una postazione fissa di lavoro presso il committente.
La riforma non si applica, però, agli iscritti agli albi professionali. L’effetto giuridico è stato quindi quello di “legalizzare” lo sfruttamento del giornalista con partita Iva. Gli editori dallo scorso luglio hanno, di conseguenza, incrementato la trasformazione dei rapporti “cococo” in incarichi che presuppongono l’apertura della partita Iva da parte del giornalista.
A testimoniare l’incapacità del legislatore che cerca regolare la precarietà, ma non riesce a distinguerla dal lavoro autonomo e a conferma, peraltro, dell’irrealizzabilità della riforma Fornero, un decreto ministeriale del 28 dicembre, con circolare annessa, stabilisce che sarà applicata solo a partire dal 18 luglio 2014, un anno dopo rispetto a quanto stabilito.
http://www.ilsole24ore.com/art/norme-e-tributi/2012-12-27/partenza-tappe-stretta-contro-211843.shtml?uuid=AbkRwaFH
Criticità nell’applicazione della legge 233/2012
Sulla Commissione per l’equo compenso
La legge prevede che la Commissione che ha il compito di stabilire l’equo compenso deve essere istituita entro il 17 febbraio 2013 (30 giorni dalla sua entrata in vigore). I relativi adempimenti da parte del Governo rientrano tra le attività correnti, afferma l’avv. Del Vecchio. Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Peluffo, però, è “scomparso”, come afferma il direttore Fnsi, Giancarlo Tartaglia, cioè non ha dato finora alcun segnale di risposta alle sollecitazioni da parte del sindacato.
Sulla nomina dei componenti da parte dei rispettivi enti di categoria, l’Ordine nazionale dei giornalisti ha già indicato il presidente Enzo Iacopino. Tartaglia ha riportato che sia l’Inpgi che la Fnsi attendono di sapere chi sia il rappresentante degli editori, se il presidente della Fieg o altra figura, per procedere di conseguenza.
Sulla nomina del rappresentante degli editori vi è, inoltre, una complicazione poiché un ordine del giorno approvato in sede parlamentare (commissione Cultura della Camera, 4 dicembre 2012) raccomanda di individuare prima le “organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei committenti comparativamente più rappresentative sul piano nazionale nel settore delle imprese”, prevedendo poi l’elezione di un componente che a turno, con periodi da stabilire, dovrebbe essere espresso da ciascuna delle sigle degli editori.
In merito al confronto con la Fieg per il rinnovo del contratto collettivo giornalistico, Giancarlo Tartaglia afferma: “Abbiamo avviato il confronto sul lavoro autonomo in commissione paritetica (costituita da tre rappresentanti degli editori e tre dei giornalisti ndr). Sembra che gli editori siano disponibili a ragionare sulla regolamentazione del lavoro autonomo e su equo compenso”.
Il presidente dell’ordine è intervenuto esortando a non fare il gioco degli editori (che hanno tutto l’interesse a imporre tempi più lunghi possibili) procedendo senza indugio alla nomina dei componenti da parte di Fnsi e Inpgi. Nulla peraltro vieta agli enti di categoria di nominare un rappresentante “di bandiera” da sostituire in seguito.
Paolo Butturini ha ribadito: “Mai come in questo momento è bene abbattere gli steccati e provare a confrontarsi, ciascuno con le sue competenze, cercando di tenere unita la categoria. Non è il caso di scatenare una guerra tra garantiti e no”.
Sulla necessità dell’unità della categoria per procedere con rapidità, bisogna, insomma, evitare che l’equo compenso venga utilizzato non come un minimo inderogabile, ma come una cifra da utilizzare “al ribasso” dagli editori e riuscire a garantire, pur nel breve periodo di durata dell’attività della Commissione (tre anni), di dare efficacia concreta alla norma, si è pronunciato anche Maurizio Bekar, coordinatore della Commissione lavoro autonomo Fnsi.
Sull’entità dell’equo compenso
Diversi interventi hanno riguardato i riferimenti esistenti da prendere in considerazione per l’individuazione dell’equo compenso. Giancarlo Tartaglia ha riferito che la Fnsi ha trasmesso gli unici documenti ufficiali esistenti: il Tariffario 2007 dell’Ordine dei giornalisti e il Tariffario stipulato tra Fnsi e Uspi, impugnato successivamente dall’Uspi.
Sulla congruità delle cifre riportate in entrambi i documenti la Commissione nazionale lavoro autonomo ha, nel tempo, espresso pareri critici. Tra gli interventi del seminario si è registrato, tra l’altro, un giudizio fortemente contrario al parametro finora utilizzato degli scaglioni per tiratura. Lo studio di un metodo efficiente per la formulazione del tariffario per i giornalisti freelance ha prodotto nel tempo diverse proposte, che potranno fornire anche utili elementi di discussione.
Sul dubbio se la determinazione della quantità e qualità del lavoro svolto possa essere concordata su base oraria in sede di affidamento dell’incarico, l’avvocato Del Vecchio sostiene che in Italia l’introduzione per il lavoro autonomo di una  tariffa con compenso orario non è mai stata accettata dall’ordinamento, ma sarebbe “auspicabilissimo” che lo fosse.
Il seminario si è chiuso con il richiamo a quanto ammonta attualmente l’entità del compenso orario di un redattore ordinario assunto alle condizioni del Contratto nazionale di lavoro giornalistico: circa 26 euro lordi, 14 netti.
Emerge, quindi, un quadro ancora confuso, rispetto al quale gli enti di categoria pare non abbiano ancora concordato tra loro strategie e metodi. Vi è il timore di tempi non brevi per le risposte concrete che freelance e precari attendono sulla regolamentazione del loro status lavorativo, pur essendo da anni la parte più numerosa della categoria giornalistica.

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