
Andrea Monti

Giovanni Negri
MILANO – La politica faccia un passo indietro sul ddl sulla diffamazione, evitando di varare “manovre intimidatorie” o dettate “dal desiderio di vendetta” contro la categoria dei giornalisti.
È il messaggio lanciato dai direttori di testate e dai rappresentanti delle associazioni di giornalisti che oggi si sono riuniti al Circolo della stampa di Milano per partecipare a un dibattito – in contemporanea con l’analoga iniziativa organizzata dalla Fnsi a Roma nell’ambito della manifestazione internazionale “Stand up for journalist” – sulla riforma delle norme sulla diffamazione nata dopo il caso della condanna al carcere del direttore de “Il Giornale”, Alessandro Sallusti.
“Resisto – ha spiegato Sallusti – perché quella contro di me è una vendetta per aver fatto campagne di stampa contro i magistrati, delle quali non mi sono mai pentito. Il problema è la separazione delle carriere e la riforma della giustizia – ha sottolineato – è da questi punti che bisognerebbe partire per una riforma seria”.
Hanno partecipato all’incontro, alla vigilia della ripresa della discussione sul ddl in commissione Giustizia al Senato, il direttore di Videonews, Claudio Brachino, Ugo Cennamo de “Il Giorno”, Andrea Monti della “Gazzetta dello Sport” e Vittoriano Zanolli della “Provincia di Cremona”, il presidente dell’Associazione Lombarda Giornalisti, Giovanni Negri, e il presidente dell’Unione Cronisti lombardi, Rosy Brandi.
Al centro delle proteste, in particolare, le pene pecuniarie per la diffamazione stabilite dal ddl, che “’avranno effetti drammatici nelle piccole aziende editoriali, incidendo sia sulla qualità dell’informazione che sui livelli occupazionali”.
“I politici quando fanno le leggi non possono essere spinti da sentimenti di vendetta – ha spiegato Negri – va bene eliminare il carcere, ma l’aumento a dismisura della portata dei risarcimenti è una pistola puntata alla tempia dei giornalisti”. Mentre Rosy Brandi lancia una provocazione: “Se non siamo in grado di fare una legge degna di questo nome teniamoci quella che c’è, che è molto meno punitiva”. (Ansa)