
Beppe Viola

La storica intervista di Beppe Viola a Gianni Rivera sul tram
ROMA _ “Beppe Viola mi manca, eravamo diventati amici, con lui era facile esserlo. Abbiamo condiviso parecchio di ciò che voleva dire il calcio in quel periodo”.
A 30 anni dalla morte del giornalista Rai che inventò un modo nuovo, e soprattutto diverso nel senso di scanzonato, di vivere il calcio (“aveva un humour naturale e beffardo – disse di lui Gianni Brera – Una innata onestà gli vietava smancerie in qualsiasi campo si trovasse a produrre parole e pensiero”), Gianni Rivera ricorda con nostalgia “uno che era un poeta del nostro sport, un innovativo, dal quale accettavo ogni critica, perché sapevo che lui era sempre in buona fede”.
Trent’anni anni dopo Beppe Viola – che un ictus si portò via improvvisamente a 43 anni mentre era negli studi Rai di Milano durante il montaggio della partita Inter-Napoli – continua a essere un modello, un punto di riferimento, un esempio: assieme a quel giornalista “sui generis”, Rivera diede vita a un pezzo che è rimasto nella storia del giornalismo sportivo in televisione, quell’intervista del cronista in loden al Golden Boy fatta a bordo del tram numero 15 a Milano, in mezzo ai passeggeri, brano di un giornalismo così diverso dal solito, “perché lui era un tipo anti-convenzionale come quell’intervista – dice Rivera -, non solo giornalista ma anche autore di commedie e testi per il cabaret, e amico di artisti e scrittori. Anzi, artista e scrittore lui stesso”.
“So che quell’intervista è rimasta impressa a tanta gente – dice ancora Rivera -, e tutti si ricordano di quella parte in cui eravamo a bordo del tram: era un qualcosa fuori dal comune, un po’ come lo stesso Viola. Mi ricordo che quella era una domenica senza calcio, e la «Domenica Sportiva» di quel giorno era in pratica dedicata tutta a me. E’ stato bello”.
Al Golden Boy dell’amico Beppe piaceva “quella sua diversità rispetto agli altri, che mi divertiva così tanto. Da lui era più facile accettare le critiche, anche perché di calcio ne capiva, era competente e non uno dei tanti”. Se Viola sia più amato adesso che da vivo Rivera non vuole dirlo, per lui rimane comunque un amico.
“Un poeta”, ripete l’ex “Abatino”, al quale quel calcio di una volta sembra mancare molto, così come quel reporter di cui si diceva che avesse, sulla carta o alla macchina da scrivere (a quei tempi si pigiava sulle Olivetti), la stessa classe del n.10 del Milan sul campo da gioco e che ha lasciato un segno con il suo linguaggio disincantato, anti-conformista e ricco di humour. Peccato che Beppe, sembra voler dire Rivera, se ne sia andato troppo presto. (Ansa)