Storico inviato del “Corriere della Sera” era bloccato in casa per un divieto della Sovrintendenza

Addio al giornalista Alfonso Madeo

Alfonso Madeo

ROMA – Lutto nel mondo del giornalismo. E’ morto Alfonso Madeo, storico  inviato del Corriere della Sera. Aveva 84 anni. Nato a Genzano di Lucania (Potenza) il 17 luglio 1927, aveva cominciato la professione alla Gazzetta di Parma nel 1947, rimanendovi fino al 1954. Negli anni Settanta ha, tra l’altro, diretto il quotidiano palermitano “L’Ora” con vicedirettore Mario Lenzi che con lui riuscì a mettere in pratica le sue idee sui quotidiani locali, a cominciare dalla scelta del formato tabloid.
Firma di punta del “Corriere della Sera”, fu tra i primi inviati a raggiungere Reggio Calabria per seguire la “Rivolta per Reggio Capoluogo” scoppiata il 14 luglio 1970. Il suo commento fu “…rimasi colpito subito dalla difficoltà di catalogare quanto stava succedendo a Reggio nelle categorie a cui noi giornalisti eravamo abituati. L’unica cosa certa era che si trattava di una rivolta contro: contro lo Stato, contro il Governo, contro i Partiti…”.
Alfonso Madeo, giornalista professionista iscritto all’Ordine del Lazio dal 1° agosto 1953, era fratello di Liliana Madeo, inviata de “La Stampa”. La camera ardente è allestita all’Ospedale Santo Spirito di Roma dove, domani, sabato 23 giugno, amici e colleghi potranno dargli l’ultimo saluto dalle ore 9 alle 12.
Il 3 giugno scorso, la moglie Maria Isabella Barone aveva inviato una lettera al “Corriere della Sera” per denunciare “un diritto negato che urla di dolore e di sconcerto: mio marito Alfonso Madeo, vecchio giornalista, di 85 anni, ammalato, debilitato nel fisico, è depresso da quando non può più salire le scale fino al piano della sua abitazione. Bloccato in casa dagli acciacchi, gli è ormai impedita quella minima attività fisica che erano le sue piccole passeggiate, fonte di conforto e di relazione con la città. E’ prigioniero in casa sua perché si è sentito negare dalla Soprintendenza ai Beni Architettonici il permesso di installare un piccolo ascensore nel cortile interno del palazzo, cortile privo di interesse artistico. Avremmo voluto installare l’ascensore a spese nostre già da anni, e confidando sulla legge che riguarda l’abbattimento delle barriere architettoniche, pensavamo fosse cosa facile. Invece no. Alla nostra richiesta, la Soprintendenza ha fatto muro. Semplicemente non ci risponde e così blocca tutto. Abbiamo poi scoperto con dolore che a ciò è stata sollecitata da alcuni condomini del nostro palazzo, con aderenze ministeriali, insensibili al suo stato. Siamo arrivati al punto che nei prossimi giorni mio marito, ormai relegato in casa da mesi, per sottoporsi ad alcuni accertamenti diagnostici dovrà essere trasportato a braccia fino in strada”. (c.p.)

Rimpianto e cordoglio della Fnsi: un profondo conoscitore dell’Italia

ROMA – “La Federazione Nazionale della Stampa Italiana ricorda con rimpianto Alfonso Madeo, grande inviato del Corriere della Sera, profondo conoscitore dell’Italia, delle sue ansie, acuto testimone di un Paese che ha saputo riprendersi dalla guerra e ricostruirsi in un appassionato quanto tormentato processo democratico.
La sua biografia e il percorso della sua vita professionale hanno fatto di lui – nato in Lucania, esordi e piena formazione giornalistica alla Gazzetta di Parma, direttore del quotidiano palermitano l’Ora, il primo con formato tabloid, quindi inviato del Corriere della Sera e importanti collaborazioni  come autore a Rai3 nella stagione di Angelo Guglielmi  – uno dei professionisti dell’informazione più competenti e apprezzati d’Italia. Per lui parlano le parole scritte, l’onestà e la perizia del lavoro professionale. Analisi della mafia, legalità, attenzione alla questione Meridionale testimonianze che parlano ancora oggi. La forza di questa esperienza professionale, civile e umana resiste ora più di quanto non abbia potuto fare il suo fisico debilitato dalla malattia e mortificato da insensibilità diffuse, denunciate pubblicamente e di recente dalla moglie, che gli hanno impedito di poter abbattere barriere architettoniche che non gli consentivano più neanche di uscire di casa. Ai familiari, con particolare affetto alla moglie, la signora Maria Isabella Barone, alla sorella e collega Liliana, il sentito cordoglio della Fnsi”.

Franco Abruzzo: “Grazie a lui, evitai le manette”

MILANO – Luciano Liggio, la primula rossa di Corleone, fu catturato dalla Guardia di Finanza il 16 maggio 1974 a Milano. Racconta Franco Abruzzo: “Il 18 maggio  ho riempito due pagine del  “Giorno”, di cui ero cronista giudiziario, raccontando le biografie dei più pericolosi latitanti di mafia.
Alle 9 del mattino mi aggiravo per il Palazzo di Giustizia, quando fui fermato da due carabinieri e accompagnato nell’ufficio del procuratore capo. Giuseppe Micale, al IV piano.
L’ufficio era affollato di magistrati e ufficiali della Guardia di Finanza e dei carabinieri. Silenzio improvviso e Micale mi apostrofa: “Lei ha rovinato le indagini, pubblicando i nomi dei ricercati più pericolosi della mafia, si consideri in stato di fermo”.
Confessai subito il misfatto, consigliando all’illustre magistrato di procurarsi i tre volumi  di Alfonso Madeo contenenti gli atti ufficiali della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia presieduta da Donato Pafundi. Erano in vendita alla Libreria del Poligrafico dello Stato in Galleria.
I tre volumi, stampati nel 1973, contenevano le schede biografiche dei boss mafiosi latitanti. Nel giro di 40 minuti i tre volumi, reperiti da una pattuglia dell’Arma, erano sul tavolo di Micale. Una stretta di mano suggellò quell’incontro. Ero libero e contento. Grazie, grande Alfonso!”.

Seguì il trapasso dalla vecchia alla nuova mafia in Sicilia

Entrato alla “Gazzetta di Parma” nel 1947, vi lavorò sino al 1954 come cronista e capocronista. collaboratore di riviste (L’illustrazione italiana, La settimana Incom, Settimo Giorno, Tempo) e quotidiani (La Notte, Nuova Gazzetta del Popolo), fu al “Giorno” dalla fondazione occupandosi in prevalenza di cronaca giudiziaria e di spettacoli; nel 1964 passò al “Corriere della Sera” come inviato speciale.
Seguì la rivolta di Reggio Calabria nel 1970, il trapasso dalla vecchia alla nuova mafia in Sicilia negli anni seguenti.
Studioso del fenomeno mafioso (“La nuova mafia”, 1976), nel maggio 1978 venne chiamato a Palermo alla direzione dell’“Ora” dopo il passaggio della proprietà dal Pci alla nuova cooperativa di tipografi e giornalisti creata per la gestione della testata; dopo aver pilotato la trasformazione del giornale nel nuovo formato tabloid, lasciò l’incarico nel marzo 1979 per tornare al “Corriere della Sera”.
Con una lunga inchiesta sull’emigrazione meridionale a Milano ha firmato nel 1960 un volume dedicato a “Rocco e i suoi fratelli”, il film di Luchino Visconti.
Per la cooperativa degli scrittori nel 1973 curò la pubblicazione di tre volumi contenenti gli atti ufficiali della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia.
Dopo la stagione della carta stampata, ha collaborato a lungo con Raitre durante la direzione di Angelo Guglielmi, come autore assieme a Andrea Barbato (“La cartolina”) e Giorgio Rossi (“Duello”) e Gad Lerner (“Profondo Nord”).

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