Appello dell’arcivescovo-giornalista Santo Marcianò “di fronte ad un futuro che rischia di essere sempre più negativo!”

“La Calabria deve ritrovare unità e senso di responsabilità”

Mons. Santo Marcianò

ROSSANO (Cosenza) – “La Calabria ha bisogno di ritrovare unità e senso di responsabilità di fronte ad un futuro che rischia di essere sempre più negativo!”. Lo ha detto, ieri sera, mons. Santo Marcianò, arcivescovo-giornalista di Rossano-Cariati, nella sua visita pastorale al Consiglio comunale della cittadina calabrese.
Mons. Marcianò, giornalista pubblicista iscritto al Sindacato Giornalisti della Calabria e all’Ucsi Calabria, ha sottolineato che “la nostra terra non può più attendere! Lo sviluppo necessario rischia di non arrivare più e, se così fosse, la storia ci giudicherà severamente”. “Il vostro servizio alla città deve essere un servizio all’uomo, alla sua dignità integrale, al suo valore incomparabile”, ha aggiunto il presule, invitando gli amministratori locali a svolgere il loro servizio alla città come “servizio all’uomo, alla sua dignità integrale, al suo valore incomparabile”.
Parlando della crisi, l’arcivescovo ha ricordato tra le cause quella dell’individualismo e della “chiusura nel proprio piccolo mondo”. Mons. Marcianò ha anche invitato a superare le divisioni: “È necessario che nelle sedi istituzionali si cerchi di favorire una sana dialettica perché quanto più le decisioni e i provvedimenti saranno condivisi tanto più essi permetteranno un efficace sviluppo per la nostra terra”.
“Senza una seria politica capace di realizzare accoglienza e integrazione – ha proseguito il presule – prende piede la violenza, nelle sue diverse forme”. Il pensiero è andato ai lavoratori sfruttati, alla piaga della prostituzione e alla presenza della criminalità organizzata che “anche nella nostra realtà allunga i suoi tentacoli”.
Tutto questo, per mons. Marcianò, “determina un clima di incuria civile e di paura che i cittadini rossanesi vivono con sofferenza. Ma non ci si può arrendere a questo clima: l’accoglienza è il segno di un popolo che si apre alla speranza”. L’arcivescovo ha, quindi, citato la povertà crescente di tante famiglie, la “sempre maggiore difficoltà nell’accedere ad adeguati servizi sanitari”, la situazione carceraria “divenuta ormai insostenibile”; la condizione dei giovani, “scoraggiati e demotivati, spesso costretti ad emigrare”.
“Com’è triste per un vescovo – ha ammesso – ma credo anche per voi custodi della città, vedere che tanti giovani laureati, magari dopo aver studiato fuori dalla nostra terra sperando di ritornarvi, lasciano ancora la nostra terra per lavorare altrove! Questa è – dobbiamo chiamarla con un nome appropriato – una delle più grandi povertà che la terra del Sud si trova a vivere”. (Sir)

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