Secondo il premier Erdogan i procedimenti sono dovuti ad accuse per crimini comuni, non a reati d’opinione

Turchia, giornalisti in carcere: “Sono assassini”

ANKARA (Turchia) – Il premier turco Recep Tayyip Erdogan ha difeso la legittimità degli arresti di giornalisti attualmente in custodia cautelare in Turchia sostenendo che i procedimenti, ampiamente contestati da più parti, sono dovuti ad accuse per crimini comuni e non a reati d’opinione.
Come riferisce il sito Bianet, Erdogan si è pronunciato in questi termini due giorni fa in occasione del 25/o anniversario del quotidiano Zaman precisando che i giornalisti sono in carcere con l’accusa di possesso di armi o esplosivo, falsificazione di documenti, molestie sessuali, terrorismo o tentativo di colpo di Stato: “Una campagna contro la Turchia viene condotta da assassini di poliziotti, molestatori sessuali e sostenitori di un golpe chiamandoli giornalisti”, avrebbe detto il premier secondo quanto riferisce il sito.
“L’Occidente non ci capisce” perché non ha a che fare con giornalisti che incitano al colpo di Stato, si è lamentato l’islamico-moderato Erdogan, rifernendosi implicitamente ai piani della presunta organizzazione ultralaicista Ergenekon.
Le dichiarazioni sono state rese nel giorno in cui la Turchia è stata collocata in cattiva posizione (148/a su 179 Paesi) in una classifica sulla libertà di stampa, stilata questa volta da Reporter senza frontiere (Rsf) col titolo World Press Freedom Index. Secondo i più recenti dati forniti questo mese dall’Unione dei giornalisti turchi, sono in carcere in Turchia 97 fra cronisti, editori e distributori nel campo dei media: una situazione peggiore a quella della Cina.
Sia il presidente della Repubblica, Abdullah Gul, sia il Ministro turco per gli Affari europei e Capo negoziatore per l’ingresso nell’Unione Europea, Egemen Bagis, hanno già sottolineato che i giornalisti arrestati non sono imputati per le loro opinioni o per quello che hanno scritto, ma perché hanno commesso crimini.
Solo in quattro casi sarebbe in questione quello che è stato scritto. Bagis l’anno scorso segnalò che nella redazione di una rivista turca è stata rinvenuta un’intercettazione di un colloquio privato del premier con la moglie. Il ministro ebbe modo di sottolineare che anche giornalisti del “New York Times” sono stati arrestati a causa di quello che hanno scritto non volendo rivelarne la fonte, circostanza creatasi anche in Italia e Gran Bretagna.
In dicembre Bagis rivelò che Erdogan è “a disagio” per queste accuse di compressione della libertà di stampa. Il governo, è stato più volte segnalato, sta lavorando per modificare le normative che portano i giornalisti in carcere. Critiche e preoccupazioni per la libertà di stampa in Turchia vengono, però, con frequenza, fra l’altro, da Commissione e Parlamento Ue, Consiglio d’Europa, Osce, Usa, associazioni internazionali di giornalisti, Ong varie, opposizione turca. (AnsaMed)

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