Presentato il Rapporto e-Media Institute. Il settore informativo in Europa vale 280 miliardi, in Italia solo 30

Giornali: informazione di qualità per superare la crisi

Roberto Natale

Franco Siddi

ROMA – In Europa l’industria del contenuto editoriale vale 280 miliardi di euro, il 2,3% del pil. In Italia, 30 miliardi, con alcune allarmanti criticità: la diffusione e lo sfruttamento senza controllo dei contenuti sulle nuove piattaforme e, a fronte della moltiplicazione dei soggetti non-editoriali, il panorama invariato dei produttori di informazioni. È quanto emerso dal rapporto di e-Media Institute presentato nel corso del terzo Premio Giovannini.
“Oggi la pervasività della notizia che spunta da ogni parte, sui siti e sui blog – dichiara il commissario dell’Agcom, Sebastiano Sortino – è totale. Questo elimina la necessità di giornalisti ed editori? Secondo me no”, ma la condizione “fondamentale è che il contenuto sia protetto, altrimenti avremo un impoverimento definitivo dell’attività giornalistica perché non ci sarà più nessuno in grado di pagarla”.
“Anche noi – prosegue Roberto Natale, presidente della Fnsi – siamo convinti che non ci si debba rassegnare alla crisi come ineluttabile, né al fatto che l’Italia debba rimanere agli ultimi posti negli indici di lettura dei paesi europei. Siamo convinti anche che il mito del «tutto gratis» rischia di essere devastante. Vogliamo, invece, iniziare a utilizzare le tecnologie, non per diminuire i giornali ma per aumentare i lettori” con un “nuovo piano di educazione all’uso critico dell’informazione nelle scuole superiori, che unirà Fnsi, Fieg e Università”.
In Italia, aggiunge il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, “stiamo andando verso la situazione americana, con pochissimi editori che ce la fanno ad affrontare un progetto complesso che non porta un recupero immediato e altri che si fermano al primo impatto, accettando di rimanere confinati. Ma se non la prendiamo in mano noi la tecnologia, lo faranno altri, stravolgendo professioni e scenari”.
Gli editori, aggiunge, “sopraffatti dalla crisi hanno scelto ristrutturazioni e risanamenti di tipo industriale” e, invece, questa è “una sfida che va presa con un po’ di speranza e sacrificio. Servirebbe una grande cabina di regia che oggi non c’è”.
D’accordo che non si possa “ridurre tutto al solo business”, si dichiara anche Carlo Malinconico Castriota Scandenberg, presidente della Fieg e fresco sottosegretario all’Editoria. “Ma – aggiunge – è essenziale anche il discorso business non vada demonizzato, ma visto come necessario per far crescere l’industria culturale. Anche la Fieg si è battuta per la difesa del contenuto e contro l’abbassamento della qualità, dopo la quale avremo «perso la notizia»”. (Ansa)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *