Tra i fondatori del Sindacato dei Giornalisti della Calabria, è stato caporedattore di Rai Calabria. Aveva 88 anni

Addio Franco Falvo, decano dei giornalisti calabresi

Franco Falvo con l’arcivescovo-giornalista Salvatore Nunnari

COSENZA – Giornalismo calabrese in lutto per la morte di Francesco Falvo. Si è spento, ieri sera, a Cosenza, nella Casa di cura in cui si trovava ricoverato da alcuni giorni. Nato a Pedivigliano, in provincia di Cosenza, l’11 aprile 1923, era giornalista professionista dal 2 novembre 1946 e figurava al numero 1 del relativo elenco dell’Ordine dei giornalisti della Calabria.
Tra i fondatori del Sindacato dei Giornalisti della Calabria, al Congresso di Vibo Valentia dell’8 e 9 marzo 1974, è stato componente del primo Consiglio Direttivo. Nella riunione di insediamento del 3 aprile 1974, che aveva appena eletto Franco Cipriani segretario regionale, fu lui a lanciare un appassionato invito a tutti i colleghi “affinché sia bandita ogni forma di polemica e si inizi un proficuo lavoro in favore di tutti i giornalisti calabresi”. Giornalista cattolico, è stato presidente della Sezione Calabria Nord dell’Unione Cattolica Stampa Italiana.
Laureato in giurisprudenza, era stato corrispondente da Cosenza dell’agenzia di stampa Ansa dal 1949 al 1964 e dei quotidiani “La Gazzetta del Mezzogiorno” e “Il Giorno” dal 1975 al 1988.
Approdato in Rai, ha scalato tutti i gradini fino a quello di capo redattore della sede regionale della Calabria, incarico ricoperto dal 26 luglio 1978 al 1 luglio 1986. Autore di diverse pubblicazioni, è stato un punto di riferimento per quanti hanno scritto o si sono voluti documentare sul giornalismo calabrese.
I funerali si terranno domani mattina, lunedì 24 ottobre, alle ore 10.30, nella Chiesa di San Giovanni Battista, in via Gerolamo De Rada, a Cosenza.
Profondo cordoglio alla famiglia viene espresso, a nome di tutti i giornalisti calabresi, dal presidente dell’Ordine dei giornalisti della Calabria, Giuseppe Soluri, e dal segretario del Sindacato dei Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi.
“Con la scomparsa di Franco Falvo – afferma Carlo Parisi – il giornalismo calabrese perde uno dei suoi figli più cari. Profondamente appassionato del suo mestiere, non perdeva occasione per contattarmi telefonicamente suggerendomi idee e, soprattutto, segnalandomi disfunzioni o derive di una professione che, ci teneva a sottolineare, deve risvegliare il sano orgoglio dell’appartenenza ad una categoria al servizio della gente”.
“Ciccio Falvo – aggiunge Carlo Parisi – era un uomo buono. Un signore d’altri tempi, che rimarrà nel cuore dei giornalisti calabresi”.
Un abbraccio alla moglie Santina Orrico ed ai figli, Mariella ed Emilio, collega giornalista pubblicista.

5 commenti:

  1. Carissimo Carlo, hai proprio ragione tu, Franco Falvo era un uomo buono.
    Per tutti noi era semplicemente Ciccio, ma ti dicevo per telefono un attimo fa che per me rimane una figura indimenticabile della mia vita professionale, e lo rimane per un motivo semplicissimo: ad assumermi in Rai fu proprio lui. Ho ancora forte il ricordo di quel giorno. Era il 21 maggio del 1982.
    Quel giorno io ero appena rientrato a casa mia a Sant’Onofrio da Roma, perchè avevo deciso di trascorrere una settimana nella mia casa natale, insieme a mio padre e a mia madre, perché avevo necessità di odori e di profumi forti di casa, e ricordo che mamma mi aveva preparato per pranzo la sua solita zuppa inglese. Ogni qual volta io tornavo a casa era una festa per tutti, ma quel giorno alla fine del pranzo la festa diventò molto più speciale di quanto già non fosse per me il ritrovare dopo mesi di assenza da casa la mia famiglia. Alle due meno un quarto in punto (come potrei dimenticare quel momento?) squilla il telefono. Risponde mia madre. “C’é al telefono l’avvocato Franco Falvo”, mi dice passandomi la cornetta, “mi pare di aver capito che chiama dalla Rai di Cosenza”.
    Io afferro la cornetta con molta sufficienza. Da mesi speravo che la Rai mi chiamasse, perchè così mi era stato assicurato dal mio referente politico (allora era così, la politica contava molto più di quanto non conti oggi, e soprattutto allora erano i partiti politici a scegliere i propri uomini alla Rai), ma nel contempo avevo anche perso ogni speranza. Mi bastò dire “Pronto?”, e sentii dall’altra parte del filo Franco che mi gridava “Domani, domani, domani”.
    “Franco scusa, ma domani cosa?”, e lui ancora: “Domani devi venire a firmare, sei stato assunto alla Rai, ricordati di venire a fare le visite mediche perchè altrimenti non puoi firmare”. “Ma che c’entrano le visite mediche?”, e lui di rimando: “La Rai è un’Azienda pubblica, e prima di assumere una persona deve accertarne le buone condizioni fisiche”.
    Provai a ringraziarlo per quella telefonata, ma ricordo che mi disse con grande dolcezza: “Non devi ringraziarmi, io sono solo felice che tu venga da noi a Cosenza, ma per te non ho fatto nulla di più”. La sua semplicità, e la sua bontà d’animo, stava tutta qui, in questo suo modo di porsi, in questo non volerti far pesare mai nulla, in questa sua ammissione così disarmante, “io non ho fatto nulla di più”.
    Ricordo i pianti di mia madre quel giorno, che in cuor suo aveva pregato per anni perchè io cambiassi idea e trovassi un lavoro più “serio” di quello che io invece sognavo di fare, d’accordo in questo con mio padre che la soluzione ideale per me sarebbe stata o fare l’avvocato o (nella peggiore delle ipotesi) l’ufficiale dei carabinieri.
    Mio padre fu come sempre più freddo. Mi chiese semplicemente: “Ma come ti assumono?”. In realtà Ciccio Falvo non mi aveva detto altro e mi aveva lasciato appeso a quella cornetta, ripetendomi fino all’ultimo “Fai prima le visite mediche e poi vieni da me”.
    Il 24 maggio successivo io presi servizio alla sede di Via Montesanto, a Cosenza. E quella mattina, davanti alla grande vetrata del palazzo della Rai, trovai Gregorio Corigliano che, nel frattempo, era stato assunto insieme a me, anche lui come me “promettente puledro della grande scuderia democristiana”.
    Quella mattina Ciccio era nella sua stanza ad aspettarci. Da lui non si faceva mai anticamera, la porta del suo studio era sempre aperta, e le uniche due persone che ne tutelavano in qualche modo la tranquillità e la privacy erano la sua segretaria prediletta, Tina Fava, e il capo della segreteria, Pino De Salvo, che nel frattempo era anche diventato suo grande amico personale. Ebbi appena il tempo di sedermi, quella mattina, nella sua stanza, che mi disse immediatamente: “Domani vai a fare il tuo primo servizio, e domani il tuo maestro sarà lui…” e mi presentò Oloferne Carpino. Poi aggiunse: “Andrai a fare un pezzo sugli operai forestali che lavorano sulle montagne del Pollino, e Oloferne ti spiegherà come si costruisce un servizio televisivo”.
    La cosa mi fece sorridere non poco, ma non lo diedi a vedere. In realtà, io sapevo che Oloferne Carpino, più che un bravo giornalista televisivo, era invece un ottimo cronista politico, veniva dalle file del Pci, era uno dei cronisti più “aspri” dell’Unità, il quotidiano del popolo comunista, ma era soprattutto uno degli analisti e dei commentatori di politica regionale più polemici del vecchio “Paese Sera”. Al massimo il buon Oloferne mi avrebbe potuto ripetere quello che già scriveva da mesi su “Paese Sera”, se lo ricorderà molto meglio di me l’onorevole Carmelo Puja, allora potentissimo Assessore Regionale all’Agricoltura, e che il giornale comunista sperava, in quella fase, di vedere dietro le sbarre.
    Questo fu il mio primo giorno in Rai a guida Ciccio Falvo. Poi prese me e Gregorio per il braccio e ci portò nelle altre stanze per presentarci alla redazione. C’erano Enzo Arcuri e Franco Martelli nella stessa stanza, Enzo da un lato Franco dall’altro. Nella stanza accanto c’erano Emanuele Giacoia (un tuffo nel cuore quando lo vidi, per me era un mito già allora) ed Elio Fata (sarebbe diventato il mio compagno di stanza da lì a poco, quante litigate…), e poi ancora nella stanza centrale, la più grande, c’erano Raffaele Malito, Tonino Raffa, Michele Gioia, Oloferne Carpino, mentre in fondo solo e padrone del suo mondo c’era Vincenzo D’Atri. Da quel giorno la Rai di Ciccio Falvo diventò la mia casa.
    Carissimo Carlo, Ciccio era tutto questo insieme, una montagna di bontà e di sarcasmo insieme, incapace di dominare gli altri, tanto meno di comandare, ma aveva questo suo modo di fare, garbato, educato e ammaliante insieme, che alla fine ti costringeva a fare cose che con altri non avesti mai fatto.
    Buono, e soprattutto pulito. Onesto, corretto, assolutamente distante dalle mille tentazioni che già allora circuivano il palazzo della Rai, a suo modo colto, profondamente cattolico, e soprattutto legato alla sua famiglia in maniera quasi maniacale.
    La foto che tu pubblichi lo ritrae in occasione della Festa dei 50 anni della Rai. Non era facile fargli una fotografia. In quella occasione il fotografo che scattò la foto non avrebbe mai immaginato che tu l’avresti poi utilizzata per ricordare il suo volto a chi non lo ha mai conosciuto. E’ una foto davvero rara, perchè Franco Falvo, pur lavorando per la Rai per tanto tempo, ha sempre tenuti lontani dalla sua vita e dalla sua faccia le luci della ribalta.
    E oggi se ne va per sempre anche lui. Grazie Franco per la dolcezza che mi hai dato.

  2. Pantaleone Sergi (giornalista e docente di Storia del Giornalismo all'Università della Calabria)

    Franco Falvo apparteneva a quella generazione di giovani giornalisti che nel disastrato dopoguerra furono impegnati a dare dignità al giornalismo libero e non servile come fino ad allora imposto dal regime. E, lui che è stato per lungi anni Presidente della sezione nord Calabria dell’Ucsi, l’Unione Cattolica Stampa Italiana, ha praticato la professione con etica e rispetto della persona. Ho appreso con tristezza la notizia della morte di Falvo e mi rammarico di non essere in Calabria per rendergli il giusto omaggio. Era testimone di un giornalismo d’altri tempi. La sua vicenda professionale ha attraversato mezzo secolo, anni difficili sotto tutti gli aspetti per la regione, con un settore editoriale debole e instabile. Giovane cronista, Falvo è stato uno dei protagonisti di una vicenda esaltante e purtroppo finita male per interferenze dei potentati economico-politici dell’epoca (Dc e Cassa di Risparmio che boicottarono l’iniziativa), la fondazione, nell’ottobre 1956 a Cosenza, del quotidiano “Calabria” a opera della prima società di giornalisti costituita in Italia, giornale che apparve appena 57 giorni in edicola.
    Anche se sollecitato, Falvo non ha mai voluto scrivere una storia del giornalismo calabrese, almeno del dopoguerra – sebbene abbia pubblicato pagine interessanti su Orazio Cipriani, direttore del 1914 al 1926 del quotidiano reggino “Corriere di Calabria” – ma è stato generoso di informazioni e documenti con ricercatori e studenti che si sono occupati in questi anni di ricostruire le vicende del giornalismo calabrese dell’ultimo mezzo secolo del Novecento. Anche di questo bisogna essere grati a Falvo come studiosi, come giornalisti e come calabresi.

  3. Rodolfo Falvo (vice direttore Fnsi)

    Mi associo commosso al lutto della famiglia e dei colleghi della Calabria per la scomparsa di Franco Falvo. E’ vivo in me il ricordo di un professionista serio e stimato, una memoria certo dovuta alla parentela, ma soprattutto all’amicizia profonda che legava Franco a mio padre, Adriano, che è divenuta nel tempo anche amicizia diretta fra noi.

  4. Francesco Birocchi

    Profondamente colpito dalla scomparsa di Franco Falvo, non posso non ricordare la straordinaria passione professionale che lo animava e la generosità con la quale ha dedicato molte sue energie al giornalismo e alle sue aggregazioni organizzative.
    Sono stato testimone, in particolare, del suo impegno a favore dell’Ucsi, mai venuto meno negli anni. Continuava a tenersi informato sulla vita dell’Unione e ci spronava a fare di più.
    Franco Falvo è uno di quegli uomini che non andrebbero mai dimenticati.

  5. Franco Abruzzo piange la scomparsa dell’amico Ciccio con il quale per 50 anni ha intrattenuto rapporti cordiali e  in particolare ricorda i “giri” di nera, a piedi, nella Cosenza degli anni 1959-1962. La memoria è affollata di momenti anche gioiosi vissuti soprattuto nelle serate dedicate ai  concorsi di Miss Calabria e nelle cene consumate nei ristorantini dell’hinterland cosentino. Riposa in pace.

     

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