AIETA (Cosenza) – La classe non è acqua. Lorenzo Del Boca, presidente emerito dell’Ordine dei giornalisti, in Calabria per una serie di impegni culturali, entusiasma il pubblico nelle vesti di storico revisionista del Risorgimento e regala ai giornalisti un valido motivo per credere ancora in una professione che in tanti vorrebbero smantellare per ricondurre il controllo dell’informazione nelle mani di pochi.
Nello splendido scenario del Palazzo Rinascimentale di Aieta, miracolosamente fatto rinascere dal Comune, grazie ad una sottoscrizione popolare, “Polentoni” ha animato la “Fiera del Libro del Mediterraneo” promossa dalla Libreria Victoria di Pasquale Lanzillotti, mentore della rinascita culturale di un paese che lotta disperatamente contro lo spopolamento che, in tanti casi, ha letteralmente trasformato i centri abitati in gelidi cimiteri.
Seguito e animato il dibattito, moderato dal giornalista Andrea Polizzo, che, al tavolo della presidenza, ha visto anche il segretario del Sindacato Giornalisti della Calabria, Carlo Parisi, della Giunta Esecutiva Fnsi, secondo il quale “la storia serve ad insegnarci gli errori che dovremmo cercare di non ripetere, quindi quale migliore occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia per riscrivere, o meglio per scrivere, finalmente, la storia del nostro Paese”.
Una storia condivisa dai “terroni” del Sud, che meritano un adeguato risarcimento innanzitutto morale, ma anche dai “polentoni” del Nord che, dall’Unità d’Italia, non ci hanno certo guadagnato, o meglio a guadagnarci, come sempre, è stato solo un ristretto numero di affaristi che hanno rubato e lucrato a piene mani.
“Se è vero – spiega, infatti, Del Boca – che il Sud è stato saccheggiato e smembrato, è altrettanto vero che il Nord non ci ha guadagnato”.
E se, a distanza di 150 anni, giunge ai nostri figli una storia profondamente deformata, è semplicemente perché, come sempre avviene, è stata scritta dai vincitori e, di conseguenza, non può essere condivisa da chi se la sente raccontare.
“L’Italia – ricorda Lorenzo Del Boca – è stata fatta con i cannoni, con un’imposizione che ha scontentato quasi tutti. Un malcontento che si trascina fino ad oggi e che produce, da più parti, un sentimento anti-italiano”.
E se è vero che “le truppe piemontesi si macchiarono di gravi episodi nei confronti delle popolazioni meridionali”, è anche vero che “se la guerra l’avessero vinta i borbonici, oggi chiamerebbero eroi coloro i quali sono stati etichettati come briganti e impiccati”.
Basterebbe poco per rimettere le cose a posto. Sarebbe sufficiente convincere qualche cattedratico a spingere i ricercatori a scavare nei polverosi archivi per riportare alla luce verità nascoste, perché imbarazzanti e ingombranti.
Questo processo, gli Stati Uniti d’America hanno avuto il coraggio di farlo e, in virtù di ciò, quella che la storiografia ufficiale dei vincitori definiva “guerra di secessione”, in chiave antisudista, oggi è universalmente riconosciuta come “guerra civile”; così come gli indiani d’America, sterminati come animali e sempre dipinti come “i cattivi” nella letteratura e nel cinema, oggi hanno ritrovato la dignità propria di un popolo crudelmente sacrificato sull’altare del colonialismo.
Una storia, quella dell’Italia, che da quel fatidico 17 marzo 1861 ha costretto popoli, completamente diversi tra loro per usi, costumi, tradizioni e cultura, a chiamarsi “italiani” sotto una bandiera che, ancora oggi, riesce ad unire soltanto quando vince la Nazionale di calcio.
In questo viaggio di “riconciliazione”, in quest’Italia ancora ignara della vera storia dei padri della Patria e delle loro gesta, “Polentoni” ha fatto tappa ad Aieta, delizioso borgo dell’Alto Tirreno cosentino, il cui nome deriva dall’etimo greco “aetòs” (aquila), risalente ai domini bizantini. Aieta, come molte località del Sud, fotografa bene la storia di un “territorio di conquista” che ha conosciuto Enotri, Lucani, Romani, Bizantini, Goti, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini, Aragonesi, Francesi, Borboni.
Il dibattito ha registrato numerosi interventi che hanno consentito a Lorenzo Del Boca di rettificare, finalmente, una storia che non trova riscontri neppure nel più semplice dei calcoli: “Prendiamo, ad esempio, la battaglia di Calatafimi, dove i garibaldini (un migliaio di volontari, mal addestrati e male armati), “sconfissero” un esercito di decine di migliaia di soldati bene addestrati ed armati di cannoni. Mettiamo fossero soltanto 10mila. Per avere la meglio, ogni garibaldino avrebbe dovuto sconfiggere dieci borbonici, ma non per vincere, per pareggiare. Invece, il bilancio ufficiale di quella battaglia è di 32 morti, di cui 19 garibaldini e 10 borbonici. Dunque, non è più credibile la tesi che a vincere quella battaglia mai combattuta fu la corruzione dei generali dell’esercito borbonico?”.
Di questo si è discusso ad Aieta, una realtà che grazie all’intraprendenza della nuova classe dirigente e, soprattutto, di un gruppo di giovani leve, negli ultimi anni ha ritrovato quella carica che servirebbe al Sud per rimettersi in piedi e tornare a camminare con le proprie gambe. Non bisogna, infatti, dimenticare i gravi danni recati al Sud da un’unificazione che portò alla distruzione dell’apparato produttivo, con efficienti fabbriche, come la fonderia di Mongiana che dava lavoro a 500 operai, le filande e i cantieri navali, letteralmente smontate pezzo per pezzo e trasferite al Nord.
Di converso, nel Meridione vennero inviati carabinieri ed esattori delle tasse incaricati a reprimere e riscuotere assurdi balzelli “imposti con troppa fantasia e nessuna logica. E, se adesso tutti parlano di federalismo, è perché si riconosce implicitamente che sono stati commessi errori imperdonabili che diventa urgente rettificare.
Fra gli sconfitti del Risorgimento ci sta a buon diritto il Nord. Il Nord vero, quello dei campi e delle fabbriche, che non soltanto si mantenne estraneo, ma in qualche passaggio si dimostrò assolutamente ostile a ciò che si andava profilando. E che, a guerre d’Indipendenza terminate, si accorse che di vantaggi non ne esistevano, che i bilanci dello Stato erano in rosso e che qualcuno – loro – li doveva ripianare. I conti sono ancora aperti, e i polentoni continuano a pagare”.
In seguito, ricorda Del Boca, “Alcide De Gasperi immaginò un piano di sviluppo del Mezzogiorno con uno stanziamento di tremila miliardi di lire di allora da erogare in trent’anni. I mille miliardi di dotazione iniziale, anticipati dalla Banca d’Italia, diventarono 9mila dal 1961 al 1971. Altri 7mila e quattrocento, stanziati il 6 ottobre 1972, portarono il patrimonio a 16mila e quattrocento miliardi, con il risultato di aver finanziato 140mila miliardi di opere nate già morte perché concepite senza alcun criterio. In Germania, dopo la caduta del Muro di Berlino, l’Ovest comprò letteralmente la Germania Est investendo una montagna di denaro e scommettendo sul futuro dei tedeschi. A Bonn e a Berlino non parlarono di Risorgimento né di Resistenza, ma misero mano al portafoglio. Se l’avessimo fatto noi, sarebbe costato di meno. I padri della Patria potevano acquistare direttamente le province meridionali e il bilancio si sarebbe chiuso con minor passività”.
Ad Aieta, tra tanti giovani assetati di sapere, emigranti che non rinunciano a tornare in estate e “stranieri” che, addirittura, hanno comprato casa incantati dal delizioso borgo, a rendere gli onori di casa, portando a Lorenzo Del Boca il saluto dei giornalisti di questo territorio, una delegazione guidata dai professionisti Gennaro Cosentino della Rai, Carmelo Idà di Teleuropa e Pietro Nigro, direttore dell’emittente televisiva leader nel territorio, Rete3, che hanno ringraziato il presidente emerito dell’Ordine dei giornalisti per le attenzioni rivolte al territorio calabrese, alla categoria dei giornalisti ed alla storia del nostro Paese.
Il presidente emerito dell’Odg ha presentato ad Aieta “Polentoni”: la verità storica sull’Unità d’Italia
Un grande contributo storico-letterario per comprendere meglio il nostro recente passato, i processi che hanno portato all’Unità d’Italia e le ragioni del nostro essere italiani.