Alla Festa Tematica dell’Informazione si è discusso del progetto Pd di riforma

La ricetta per il servizio pubblico

Carlo Rognoni, Francesco Siciliano, Fabrizio Morri e Maurizio Blasi

PESARO – La proposta di legge per la riforma del sistema radiotelevisivo, firmata dal segretario del Pd Bersani, è stata al centro del dibattito della Festa Tematica dell’Informazione, in corso a Pesaro.
Il presidente del Forum Riforma del sistema radiotelevisivo del Partito democratico, Carlo Rognoni, ne ha parlato con Fabrizio Morri, capogruppo del Pd in Commissione vigilanza Rai, Francesco Siciliano, responsabile cultura del Pd Lazio, e Maurizio Blasi, giornalista della Rai di Ancona.
“Il servizio pubblico – ha detto Rognoni – affinché venga effettivamente vissuto da parte dei cittadini come tale, deve profondamente cambiare. La Rai sta vivendo due crisi profonde: una prima, di perdita di credibilità dovuta al fatto che da otto anni è nelle mani del centrodestra, una vera e propria occupazione delle reti con un direttore che prende ordini dai partiti di governo, ed una seconda, economica”. “Nell’estate, nonostante la situazione politica – ha detto ancora Rognoni – non c’è stata nessuna trasmissione di approfondimento. Anzi, a chi chiedeva di anticiparle non è stato concesso”. Dello stesso avviso, Siciliano, secondo il quale “è grave che, nei momenti di difficoltà come questo, si interrompa la comunicazione: c’è la necessità di una riforma della Rai, anche se con piccoli cambiamenti che sarebbero, tuttavia, grandi passi avanti”. “Una proposta di buon senso – ha detto Rognoni – che si rivolge anche a quella parte della maggioranza che inizia a pensare che il servizio pubblico, per come è gestito, non è più un patrimonio di tutti, ma solo di una parte e quindi, come tale, risulta svilito”. Il progetto alla base di questo disegno di legge è quindi, secondo Rognoni, quello di riportare la Rai ad essere amministrata come un’azienda facendo fare un passo indietro ai partiti “perché, ormai, non solo è vissuta come terreno di conquista di una parte, ma risulta essere un’azienda che non fa fino in fondo il proprio mestiere di servizio pubblico; in più sta perdendo colpi dal punto di vista economico e di strategia aziendale”. “Questa è una legge – conclude Rognoni – che ridà, all’azienda, la dignità di azienda, conferendo all’amministratore delegato la responsabilità delle proprie azioni, senza più l’alibi di attribuire ai partiti le scelte che deve fare”.
Fabrizio Morri, nell’eventuale ipotesi di un governo tecnico, ritiene opportuno e auspicabile poter inserire la riforma della Rai tra le priorità insieme alla legge elettorale ed alla “tregua” delle istituzioni sul tema della giustizia “per andare – spiega – alle elezioni in condizioni più libere. Perché la questione televisione in Italia, la sua libertà, la sua autonomia, il suo pluralismo e la sua imparzialità è un tema di fondamentale grandezza, non inferiore ai temi  di giustizia, lavoro o economia”.
Maurizio Blasi, plaudendo alla proposta di legge Pd, che considera “una scelta coraggiosa ed intelligente, ritiene che non è il solito slogan populista “i partiti se ne vadano dalla Rai” ma prevede semplicemente che, chiunque vinca le prossime elezioni, non pensi di impadronirsi subito della Rai e che, inoltre,  chi deve organizzare un’azienda faccia il manager e non il killer di partito”. Ribadire in questo momento di emergenza politica che la Rai deve essere sottratta agli “appetiti famelici” di qualunque parte è, secondo Blasi, una “cosa bella”.
Concludendo la serata, Carlo Rognoni ha precisato che, “nonostante tutti gli errori, la Rai resta una grande azienda, ancora capace di fare grossi ascolti, ma spesso lo fa con una programmazione discutibile, consistente di trasmissioni improntate alla ricerca del consenso facile, che non c’entrano nulla con il servizio pubblico ma che, grazie alla pubblicità, portano comunque grandi introiti all’azienda. All’interno della Rai – ha sottolineato Rognoni – incontriamo ancora grandi professionalità, che magari lavorano in programmi televisivi che non si possono definire propriamente servizio pubblico, ma sono seguiti anche dall’estero proprio per il metodo di lavoro. Nello stesso modo, si incontrano ancora in Rai giornalisti assunti per concorso, anche se la politica e il rapporto tra i singoli sono così forti da scavalcare i consigli di amministrazione”.
“Un’azienda così non funziona e non si può definire nemmeno più un’azienda”, ha concluso Rognoni raccontando un aspetto particolare ma significativo sul conflitto di interessi e la pubblicità. “La pubblicità della Rai – ha detto – è affidata alla Sipra con delle regole che ne limitano la raccolta a circa un quinto rispetto a Mediaset”.  “Con il passaggio al digitale – spiega Rognoni – si hanno ora tredici canali mentre la legge che fissa gli affollamenti pubblicitari dice solo che la pubblicità non può andare oltre il 4% settimanale con i tre canali classici. Quindi, anche se alcuni non la prevedono, come quelli ad esempio rivolti interamente ai ragazzi,  con gli altri si potrebbero raccogliere pubblicità e risorse economiche in quantità, cosa che sostanzialmente non si riesce a fare per non dar fastidio a Publitalia che gestisce la pubblicità di Mediaset”.

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