Da Berlusconi ci saremmo attesi ascolto e riflessione non nuovi attacchi ai giornalisti

La stampa libera non è mai troppa

Franco Siddi

All’indomani della protesta straordinaria, il silenzio del mondo dell’informazione contro le norme censorie del ddl intercettazioni, dal presidente del Consiglio era lecito attendersi una capacità di ascolto e l’apertura a una riflessione. Le sue nuove parole di attacco alla stampa si ripropongono, invece, ormai come un disco rotto, tanto è clamorosa l’ennesima inversione della verità in cui si esercita. Gli inglesi direbbero che batte il chiodo nella bara (“beats the nail in the coffin”).

La realtà è che la libertà di stampa non è mai troppa, né sufficiente, come appena pochi giorni fa hanno osservato Autorità di Garanzia e vertici istituzionali del Paese: è principio incomprimibile da leggi nazionali, recita il Trattato di Lisbona dell’Unione europea. Va perciò difesa non mutilata con limiti che determinino squilibri e la rendano insufficiente, come capita con le norme proposte dal ddl intercettazioni.

Thomas Jefferson, da statista padre fondatore della più grande democrazia del mondo, quella americana, amava ripetere che i Paesi possono sopravvivere senza i governi ma non senza i giornali e la libera stampa.

Dal presidente del Consiglio sarebbe perciò doveroso attendersi ascolto, buone pratiche e riflessione profonda sulle ragioni di una protesta tanto serena quanto severa e vasta come quella del 9 luglio.

Riflessione sì, inversione della verità no. La libertà di stampa è da sempre la discriminante principale che qualifica i sistemi democratici. Considerare l’informazione nemica è sbagliato ed è espressione di una concezione da sempre sconfitta dalla storia.

La convivenza civile ha bisogno di equilibrio e responsabilità non di essere minata da minacce e invettive dell’autorità. Il rispetto delle persone è sacro, ma le notizie di interesse pubblico debbono essere rese correttamente disponili ai cittadini, conosciute e non censurate da leggi liberticide e illiberali.

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