L'intervento del presidente dei cronisti sul diritto all'informazione

Silenzio rumoroso contro il bavaglio di Stato

ROMA – E’ dal 1993, dall’epoca di Mani pulite, che la classe politica tenta periodicamente di mettere un freno ai giudici e un bavaglio alla stampa. Ogni volta la reazione, prima dei giornalisti e poi dell’opinione pubblica,  è riuscita a scongiurare i danni più gravi.
E’ per evitare che le parti peggiori del disegno di legge Alfano sulle intercettazioni divengano legge dello Stato che i giornalisti sono chiamati domani e dopodomani a scioperare. Uno sciopero che si svolge con l’obiettivo dichiarato di salvaguardare il diritto dei cittadini ad essere informati in modo corretto, completo e tempestivo.I cronisti sono stati sempre in prima fila a contrastare i tentativi di soffocare la libertà di stampa: nel 1993 all’epoca della proposta di legge di Giuseppe Gargani, nel 2005 contro quella di Roberto Castelli, nel 2006 contro quella di Clemente Mastella. Dal giugno del 2008 si stanno battendo contro il ddl Alfano con manifestazioni e volantinaggi in tutta Italia, convegni, dibattiti, libri, cortei e biciclettate. Dapprima da soli poi, in modo convinto, con  Fnsi e Ordine dei giornalisti.  Negli ultimi tempi la battaglia ha visto scendere in campo la cosiddetta “società civile” che ha  riempito piazza del Popolo in ottobre, piazza Navona la scorsa settimana e il web.
Anche i giornali, dallo scorso 24 maggio, quando la Fnsi ha organizzato una riunione con i direttori, hanno scoperto l’importanza della vicenda.
Già lo scorso anno, proprio di questo periodo, era stato previsto uno sciopero contro il ddl Alfano, rinviato per l’intervento del presidente Napolitano. In questo periodo governo e maggioranza hanno pervicacemente mantenuto i capisaldi del ddl, anzi al Senato hanno introdotto dei peggioramenti. Chi vuole dare risalto a questi argomenti sulle proprie testate può farlo liberamente, magari tutti i giorni.
Per far comprendere a maggioranza e  governo che il ddl Alfano non può passare è ora necessario lo sciopero: una giornata di “silenzio rumoroso”, come è stata definita, per far capire ai cittadini cosa vorrebbe dire il silenzio di Stato imposto per legge.

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