L'invito del collega di Bergamo a riscrivere, uniti, la Carta del 1993

Sì allo sciopero, ma anche ai doveri

Paolo Perucchini, componente della Giunta Esecutiva Fnsi

BERGAMO – Siamo alla vigilia della nostra “giornata del silenzio”, organizzata per contestare il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni (la “legge bavaglio”) che rischia di minare, se andrà in porto, il diritto all’informazione nel nostro Paese, mettendo a repentaglio la professione giornalistica.
Ma siamo anche alla vigilia del 17° compleanno di uno dei testi che stanno alla base della nostra deontologia professionale. Quella “Carta dei doveri del giornalista” che, giusto l’8 luglio 1993, vide la luce nel bel mezzo di una stagione difficile per la nostra professione e per il giornalismo italiano in generale.
Io, che professionista lo sono diventato nel 1996, questo spicchio di storia non l’ho vissuto direttamente. Ma, se non commetto errori nella sintesi della mia ricostruzione, quella Carta giunse al termine di un percorso che la categoria condivise come necessario alla luce degli eventi della stagione di Tangentopoli. Le indagini abbondavano: la pubblicazione di notizie pure. Inchieste, indagini e indagati, arresti che finivano sui giornali e in Tv: un ritmo incalzante con utilizzo (a volte strumentale) di ricostruzioni e resoconti giornalistici che portarono anche a rovinare vite, persone e famiglie.
In quel momento il Parlamento ipotizzò, trasversalmente, un intervento legislativo che ponesse freno alla pubblicazione delle indagini. I giornalisti, anche in quell’occasione, protestarono.
In quel momento, come oggi, la categoria, difendendo il diritto alla libertà di stampa, seppe comunque mettersi in discussione e riconoscere che in un certo qual modo si era anche esagerato.
In quell’occasione, trovando uniti nella protesta Federazione e Ordine, la categoria ipotizzò, elaborò e approvò la “Carta dei doveri del giornalista”. Erano giusto 17 anni fa.
Ebbene, troviamo il coraggio, oggi, di rilanciare il senso di quella intuizione. Facciamo, ancora una volta noi, per primi, uno sforzo di regolamentazione deontologica. I passaggi contenuti nella “Carta dei doveri del giornalista” sono importanti, impegnativi e validi, ma forse necessitano di un loro “aggiornamento” alla situazione e al tempo trascorso. Senza nulla togliere alle norme previste dal Codice deontologico della nostra professione del luglio 1998.
Ripensare ad una nuova Carta dei doveri del giornalista potrebbe essere un segnale forte di unità, che la categoria cerca, e di trasparenza, che il lettore apprezzerà, diventando così attori propositivi rispetto ad una situazione di pura contrapposizione con il mondo della politica che corre il rischio solo di logorare noi e la nostra professione. Una nuova Carta dei doveri in cui trovino spazio, esplicitamente e con rinnovata trattazione, il tema delle indagini, delle intercettazioni, della tutela dei terzi coinvolti da indagini e processi. Con l’istituzione effettiva del giurì per la lealtà dell’informazione come già chiediamo.
Nel 1993 fummo capaci di quello sforzo. La politica, alla fine, non partorì alcuna legge limitante la cronaca.
Oggi proviamo a ripetere quell’esperienza. In ogni caso (anche se il governo proseguirà sulla sua strada della “legge bavaglio” a cui ci opporremo) faremo un passo avanti nella qualificazione della nostra professione.

I commenti sono chiusi.