EDITORIALE - La battaglia della Fnsi contro una legge che mutila la libertà

Franco Siddi: “La maschera è caduta”

REGGIO CALABRIA – La maschera è caduta. Col voto di fiducia imposto al Senato dal governo appare chiarissimo il disegno, più volte denunciato, di limitare le libertà dei cittadini. Non si può definire altrimenti il ddl intercettazioni che impedisce l’informazione su come procedono le inchieste giudiziarie. Altro che privacy da tutelare! Altro che moderazione nell’uso di uno strumento investigativo «invasivo»!

Se si voleva migliorare la tutela della riservatezza delle persone c’era una strada maestra, semplice e fatta di buonsenso: un’udienza-filtro, al momento del deposito degli atti di indagine, tra difesa e accusa da una parte e giudice terzo, al fine di stabilire i documenti da depositare e rendere pubblici e, quindi, pubblicabili.

Uno strumento, questo, attraverso il quale, inoltre, stabilire anche quali atti meritevoli di particolare tutela debbano essere protetti in maniera assoluta, a garanzia della dignità delle persone, e quali invece debbano andare distrutti perché inidonei all’indagine. Solo in questo caso si può esigere, in un paese realmente libero, di sanzionare la responsabilità di chi, pubblicando questi atti , compie effettivamente un abuso. Ancora: un giurì che entro tre giorni si pronunci sui casi di effettiva violazione della riservatezza personale imponendo una sanzione sulla credibilità del giornalista e della testata, attraverso la pubblicazione sui giornali, in attesa  del procedimento disciplinare deontologico dell’organismo di autogoverno della professione. Proposte semplici e di buonsenso, queste, che il sindacato dei giornalisti ha avanzato sin dalla prima ora, mai prese neanche lontanamente in considerazione.

Il disegno era e è  un altro: quello di garantire il privilegio, la «pre-potenza» dei potenti, ritenendo che questa sia la vera libertà che uno Stato deve garantire.

Nei sistemi democratici la libertà ha un altro significato: quello della protezione dei diritti di cittadinanza di tutti e in particolare dei diritti alla conoscenza e al sapere, assicurati attraverso una informazione leale, onesta e responsabile.

Ecco perché il ddl intercettazioni, per i giornalisti e il loro sindacato, diventa una legge che incide sulla libertà di tutti e richiama, ahimè, al  luglio 1923. Come pesano le parole dell’allora capo del governo, Mussolini, quando ancora non aveva instaurato il regime e ai suoi ministri chiese un provvedimento «sugli abusi a cui si abbandonano senza ritegno taluni organi della stampa italiana» e ordinò di scrivere un decreto per «prevenire e reprimere energicamente e immediatamente gli abusi e i delitti di talune pubblicazioni».

Come non leggere, nell’ordine impartito dal capo del governo di oggi, Berlusconi, ai suoi senatori di votare questa legge mettendo fine a qualsiasi ulteriore riflessione e ricerca di equilibrio tra le esigenze della giustizia, della privacy e della libera informazione?

Certo non siamo al regime del successivo 1925 e credo che abbiamo gli anticorpi per non arrivarci, ma si sta cambiando l’ordine dei valori morali e si stanno modificando con l’inganno e la “pre-potenza” i paradigmi del bene pubblico e della moralità pubblica.

Quanto alle intercettazioni, si fa di tutto perché siano percepite come atti invasivi eccessivi quelle legali, disposte dalla magistratura per investigare su malaffare e criminalità, per poi limitarle. Nulla invece avverrà, per le intercettazioni illegali, che continueranno, con questa legge, a prosperare alimentando ricatti e mercati illeciti di notizie oscure.

Una mutilazione della libertà di tutti è in atto ed è visibile. Impoverisce la democrazia.

La battaglia dei giornalisti su questi terreni non è quindi corporativa. E’ una battaglia di libertà. L’informazione deve essere fornita con lealtà, con responsabilità. Il giornalismo deve fare meglio e di più nella sua attività di ricerca e verifica delle notizie. Deve certo evitare di essere buca delle lettere, ma non può mai nascondere le notizie che meritano di essere rese pubbliche.

Le notizie non sono né di destra né di sinistra. E quanto alla giustizia va ricordato che essa, secondo la Costituzione repubblicana, deve essere amministrata in nome del popolo. Chiudere il rubinetto delle notizie sulle inchieste significa negare la dinamica dei fatti, interrompere il circuito della conoscenza su cui si fondano le scelte democratiche dei cittadini.

Il sindacato dei giornalisti si sta attrezzando per sostenere una resistenza civile incessante e permanente, finché questo disegno di legge non sarà tolto dal tavolo o finché questo disegno di legge non sarà, se approvato in via definitiva dalla Camera, dichiarato incostituzionale o, prima ancora, inapplicabile dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo.

Qui infatti ricorreremo – e lo faremo insieme con i cittadini che da domani potranno dare la loro adesione siglandola sul sito della Federazione della Stampa, www.fnsi.it.

Franco Siddi
Segretario Generale Fnsi

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