Fermata alla frontiera perché nella lista degli sgraditi al regime - Solidarietà della Fnsi e della Cpo

La giornalista Francesca Marino espulsa dal Pakistan

Francesca Marino e Gauri

KARACHI (Pakistan) – La giornalista Francesca Marino, collaboratrice di numerosi giornali italiani (Il Messaggero, L’Espresso, Limes) è stata fermata, l’altra, notte all’aeroporto di Karachi dove era arrivata con regolare visto rilasciato dall’Ambasciata pakistana a Roma.
Gli agenti della polizia di frontiera le hanno comunicato che il suo nome è sulla “lista nera” dei giornalisti sgraditi al regime. Dopo il fermo, Francesca Marino, a notte fonda, è stata accompagnata in un commissariato della capitale e trattenuta alcune ore. E’ stata, poi, prelevata da altri agenti che l’hanno costretta ad imbarcarsi su un volo diretto a Lahore e da qui a Nuova Delhi.
Giornalista specializzata sull’Asia meridionale, Francesca Marino ha di recente pubblicato il libro “Apocalisse Pakistan – Anatomia del paese più pericoloso del mondo” (Edizioni Memori), scritto a quattro mani con Beniamino Natale, già corrispondente dell’Ansa dall’India e attualmente corrispondente da Pechino.
Il libro analizza la situazione politica del Pakistan, Paese “alleato fondamentale dell’Occidente nella guerra al terrorismo”, ma anche lo stato nel quale si sono nascosti e si nascondono tuttora i capi del terrorismo internazionale di matrice islamica. Una nazione – come scrivono i due autori – nella quale i doppi e tripli giochi dei servizi segreti sono ormai un segreto di Pulcinella, anche se fermarli sembra impossibile.

Ecco di seguito il racconto di Francesca Marino raccolto da Memori:
Al mio arrivo a Karachi sono stata fermata dalla polizia aeroportuale che ha biascicato di “qualcosa che non va” nel mio visto. Dopo un’ora sono riuscita a capire che il visto era stato «blacklisted» e a sbirciare la stampata del loro computer in cui si ordinava di arrestarmi. Sono stata trattenuta tutta la notte negli uffici della polizia aeroportuale, ovviamente senza avvocato, ma ufficialmente non in stato di arresto.
La mattina sono stata portata negli uffici della Federal Intelligence Administration, sempre senza avvocato, che mi ha trattenuto fino al pomeriggio chiedendomi informazioni sul mio lavoro e sul perché mi reco così spesso in India. Il che la dice lunga sui servizi pakistani, perché basta mettere il mio nome su google per trovare i miei articoli e l’informazione segretissima che mio marito è morto e stato sepolto in India.
Nonché il fatto che ho una deliziosa bimba adottiva di due anni, nome in codice Gauri, pericolosissima spia che fornisce informazioni sul traffico di biscotti da una parte all’altra del confine. Fino all’ultimo, non mi sono state fornite motivazioni ufficiali sul perché il mio visto sia stato blacklisted.
Non solo: il visto mi è stato regolarmente concesso dall’Ambasciata pakistana a Roma il 25 ottobre ed è stato messo sulla lista nera il 1 novembre. Il tutto sa di trappola accuratamente preparata per arrestarmi non all’entrata, ma all’uscita dal Pakistan, e accusarmi (come è stato detto in via non ufficiale ai colleghi di The Tribune Express) di attività anti-pakistane. Reato per cui è prevista la pena di morte.
A quanto pare, sia l’ordine di arresto che di mettere il mio visto sulla lista nera sono stati emessi dall’Isi, i servizi segreti militari. La situazione è stata risolta dal ministro degli Interni, Rehman Malik, che ha dato ordine di convalidare il mio visto per 72 ore.
Fonti diplomatiche e i colleghi di The Tribune mi hanno però avvisata di lasciare subito il paese perché, anche se il problema visto era stato risolto, nessuno era in grado di garantire la mia sicurezza personale: nella patria della democrazia, un incidente di macchina, trovarsi “per caso” in mezzo a una sparatoria o un rapimento sono sempre possibili.
Nonostante sia stata trattata con estrema cortesia sia dalla polizia che dalla Fia (che si è categoricamente rifiutata di arrestarmi senza motivo), rimane il fatto del comportamento del tutto illegale delle autorità pakistane. E conferma ancora una volta lo stato patetico della cosiddetta democrazia nel paese. A quanto pare, i visti blacklisted dopo essere stati concessi (sempre in nome della legalità), sono più di un centinaio: giornalisti, scrittori e attivisti dei diritti umani. Il mio potrebbe quindi non essere un caso isolato”.

SOLIDARIETA’ DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE DELLA STAMPA ITALIANA E DELLA COMMISSIONE PARI OPPORTUNITÀ
La Federazione Nazionale della Stampa e la Commissione Pari Opportunità Fnsi ritengono inaccettabile quanto successo alla collega Francesca Marino, collaboratrice di numerosi giornali italiani (Il Messaggero, l’Espresso, Limes), fermata l’altra notte all’aeroporto di Karachi dove era arrivata con regolare visto rilasciato dall’Ambasciata pakistana a Roma.
Gli agenti della polizia di frontiera le hanno comunicato che il suo nome è sulla “lista nera” dei giornalisti sgraditi al regime. 
Dopo il fermo, Francesca Marino è stata e trattenuta alcune ore. E’ stata poi prelevata da altri agenti che l’hanno costretta ad imbarcarsi su un volo diretto a Lahore e da qui a Nuova Delhi.
Francesca Marino, che di recente pubblicato il libro “Apocalisse Pakistan – Anatomia del paese più pericoloso del mondo” (Edizioni Memori), sta bene ma questo non diminuisce la gravità dell’episodio.
Non è possibile che si impedisca a una giornalista, in un Paese che ha normali rapporti diplomatici con l’Italia, di svolgere il proprio lavoro in piena libertà, avendo oltre tutto le carte in regola. E non è tollerabile, nelle ore in cui si celebra la Giornata per la violenza contro le donne, che una collega sia sottoposta a un fermo del tutto immotivato e illegale e sia costretta con l’intimidazione a non poter svolgere il proprio diritto/dovere all’informazione.
La Federazione Nazionale della Stampa e la commissione Pari Opportunità della Fnsi esprimono tutta la propria solidarietà alla collega Marino.

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