ROMA – Quella del Giudice di Roma sul caso “Ruffini-Rai” è più di una ordinaria sentenza. E’ una sanzione per l’azienda del servizio pubblico che da oggi ha una responsabilità in più: prendere atto che deve agire come una vera impresa, editoriale, di servizio e al servizio del pubblico, i cittadini italiani, e non degli interessi delle maggioranze o dei governi di turno.
L’abbiamo sempre detto e lo ribadiamo oggi: la Rai cosi non può andare avanti. Gli avvicendamenti delle figure di vertice o negli incarichi professionali sono normali solo se seguono i normali criteri dettati dalle regole di legge e di contratto, nonché dagli interessi di tutela dei diritti dei singoli e dei valori della stessa azienda. La nuova bocciatura della rimozione di Paolo Ruffini dalla direzione di Rai Tre deve ora suscitare ulteriori coerenti comportamenti da parte della direzione e di tutto il vertice aziendale.Restituito l’onore e il diritto a esercitare la propria funzione a Paolo Ruffini, ora occorre riparare, prima che il danno sia irrecuperabile, i tanti altri guai similari compiuti in questa stagione: lo spostamento, poi annullato per effetto della prima sentenza del giudice, di un altro grande professionista come Antonio Di Bella a Rai Tre, oggi ancora senza incarico equipollente, e le epurazioni da funzioni e ruoli di professionisti altrettanto seri come Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio, Massimo De Strobel, Piero Damosso dal Tg1.
C’è un’etica del lavoro e del servizio pubblico che deve essere recuperata. E ci sono professionisti che non possono essere “cancellati”. Anche per loro potrà esserci un giudice a Roma, piuttosto che a Berlino. Ma da oggi voltare pagina, prima di essere costretti dal giudice, è la via maestra per evitare che la vergogna continui.