Di innata riservatezza ed educazione è morto all’età di 81 anni. Oggi a Cosenza i funerali

Raffaele Nigro, addio a un maestro di giornalismo

Raffaele Nigro

 

COSENZA – Si svolgeranno oggi a Cosenza, alle ore 16 nella Chiesa di Piazza Loreto, i funerali del giornalista Raffaele Nigro, morto ieri l’altro all’Ospedale di San Giovanni Rotondo, la Casa del Sollievo e della Sofferenza, dove era stato ricoverato per essere sottoposto ad un delicato intervento chirurgico al cuore. Aveva 81 anni e da oltre dieci anni si era di fatto ritirato in pensione, lontano da tutto e da tutti, quasi avesse necessità fisica di depurarsi dai tanti anni di cronaca politica vissuta sempre da protagonista e in prima fila.

Pino Nano

Domenico Nunnari

Nato a Grimaldi il 20 luglio 1941, era giornalista professionista iscritto all’Ordine della Calabria dal 14 novembre 1973. «Raffaele Nigro – lo ricorda così Mimmo Nunnari, già vice direttore della Tgr Rai e uno dei suoi primi compagni di avventura alla Gazzetta del Sud – prima che valente giornalista di una Scuola che non c’è più era un uomo speciale, veramente raro. Di innata riservatezza ed educazione, di grande intelligenza, di una saggezza inconsueta, è stato uno dei migliori giornalisti completi della sua generazione: colto, equilibrato, unanimemente rispettato, onestissimo.
Nel giugno 1973 gli sono subentrato alla redazione di Gazzetta del Sud di Catanzaro, quando lui aveva appena ottenuto il trasferimento a Cosenza. Per anni fino a quando non passai in Rai ci sentimmo al telefono tutti i giorni: i suoi consigli sono stati sempre preziosi, la sua amicizia era genuina vera disinteressata.
La politica lo riveriva e lo temeva per la sua autorevolezza e lui mai ha fatto pesare le sue personali e convinte appartenenze ideologiche alla destra di quel periodo che era adesione di carattere culturale. È stato un esempio per la mia generazione oltre che personalmente amico buono e affettuoso indimenticabile». Raffaele se ne è andato in silenzio per come aveva scelto di vivere l’ultima stagione della sua vita, senza avvertire nessuno, senza mai lamentarsi con nessuno dei dolori fisici che da tempo lo attanagliavano, e soprattutto senza salutare neanche i suoi amici più cari, fiducioso forse come era di poter presto far rientro a casa sua. Raffaele lascia la moglie Franca e le figlie Amelia e Francesca, a cui va il cordoglio di tutti noi.
«Oggi, con la sua scomparsa, – afferma il sindaco Franz Caruso a nome dell’intera amministrazione comunale – Cosenza è sicuramente più povera, ma ne conserverà a lungo il ricordo».
Per tutti, Raffaele Nigro era il “Professore”. Un maestro di giornalismo – scrive sulle pagine di Gazzetta del Sud Francesco Celi che lo conosceva a fondo – un uomo verticale. Per qualcuno anche un padre putativo. Voce flebile e postura apparentemente timida non gli impedivano di far emergere una malcelata dolcezza. E tuttavia non faceva sconti: «Signore – è così che si rivolgeva ai giovani cronisti (ne ha allevati a decine) – facciamo meglio questa cosa». E tu imparavi il mestiere. Che era fatto di notizie e frasi secche. Mai dalla parte del potere, «che non ha bisogno di sostegni, perché si sostiene da sé»

Cristofaro Zuccalà

Lo conoscevo profondamente bene. Io era arrivato alla redazione della Rai di Cosenza nello stesso anno in cui lui diventava di fatto il responsabile della Gazzetta del Sud in città.
Era il 1982. Allora la redazione della Gazzetta era a due passi dalla nostra, in Via Montesanto, cuore vivo della città di Cosenza, e ricordo che ci separavano due saracinesche, lui stava al primo piano del portone accanto al nostro e questo mi permetteva di salire quasi ogni giorno da lui per salutarlo e per conoscere meglio il suo mondo.
Già da subito avevo però imparato a rispettarlo e ad ammirarlo, nonostante Raffaele avesse in realtà questo suo carattere difficile, sempre schivo, chiuso a riccio, enigmatico, un sorriso appena accennato, ma niente di più.
Sul piano professionale era un cronista come pochi, un uomo assolutamente libero, lo dico qui nel senso più pieno del termine, un uomo indipendente da tutto e da tutti, informatissimo sempre, un analista completo, severo prima di tutto con se stesso, e soprattutto un professionista che già allora, erano i primi anni ’80, viveva la professione in assoluta solitudine. Forse proprio per questo, alla fine, era diventato, pur non volendolo, lo scrigno dei mille segreti di una città complicata e affascinante come lo era la Cosenza di quegli anni. Nella sua stanza, ricordo, c’era sempre qualcuno, che lo informava e gli raccontava puntualmente tutto quello che soffiava per l’aria. Segreti, informazioni, dettagli, dicerie, spifferi che probabilmente ora Raffaele si porterà in cielo per sempre.
Aveva una sola passione oltre al giornalismo, i funghi. «Ti svegliava all’alba – ricorda Francesco Celi – per andare a raccoglierli in Sila, nella Valle dell’Inferno, che non era solo un’ampia radura, ma per lui una dimensione dell’anima».
E ricordo che a quei tempi si portava dietro o Michelangelo Napoletano che lavorava nella stanza accanto a lui, o Cristofaro Zuccalà, ancora giovanissimo e appena arrivato da Messina a Cosenza. Qualche volta con maggiore insistenza aveva convinto anche Antonio Garro, che allora era il Capo della pubblicità del giornale, o anche lo stesso Ciccio Arena indimenticabile fotoreporter di quella redazione. Perché non riconoscerlo? Per 25 lunghi e ininterrotti anni di vita, lui era stato ed era diventato nei fatti la “Gazzetta del Sud a Cosenza”.

Franz Caruso

Cosenza vecchia

Ma non a caso oggi il sindaco di Cosenza, Franz Caruso, si lascia ad una dichiarazione di affetto pubblico così plateale. «Ricordo – sottolinea l’avvocato Caruso – la stima, la considerazione ed il rispetto reciproci che hanno caratterizzato il nostro rapporto, sin dalla mia esperienza di consigliere comunale della città di Cosenza nel 1990.
Un rapporto di amicizia che anche negli anni successivi si sviluppò con gli stessi presupposti degli inizi, consolidandosi e rafforzandosi sempre di più. Credo di poter dire – aggiunge ancora Franz Caruso – che con la scomparsa di Raffaele Nigro il giornalismo calabrese perda una delle sue firme storiche, più prestigiose ed autorevoli, ma anche il depositario di un modo di intendere la professione, nel senso più anglosassone del termine. Le qualità che in Raffaele Nigro non difettavano mai erano il rigore, il controllo delle fonti e della fondatezza della notizia e l’incisività della sua scrittura, che in città faceva opinione, procurandogli anche un grande seguito.
Per oltre 25 anni è stato la guida illuminata della redazione cosentina della “Gazzetta del Sud” contribuendo a formare e ad accompagnare la crescita professionale di molti giovani giornalisti che oggi ne formano il nucleo centrale». Il sindaco della città dei Bruzi va ancora oltre questo primo giudizio di merito, e sottolinea come «Raffaele Nigro, analista politico raffinato e di lungo corso ha raccontato la storia anche amministrativa della città di Cosenza dagli anni Settanta in poi, con uno stile mai acquiescente al politico di turno, ma sferzante quanto bastava per fungere da pungolo per una buona amministrazione della cosa pubblica.

Federico Bria

Raffaele Nigro

Innegabile il contributo che ha dato alla conoscenza della città, attraverso i suoi articoli che non aveva bisogno di accompagnare con la sua firma per essere ascritti alla sua penna, tanto erano noti lo stile e la sua prosa, efficace e, quando era necessario, tagliente». Raffaele Nigro inizia la sua avventura giornalista alla “Tribuna del Mezzogiorno”, negli anni Settanta approda poi alla “Gazzetta del Sud”, la sua prima sede sarà la redazione di Catanzaro, poi agli inizi del 1980 il rientro a casa a Cosenza.
Dopo aver guidato la redazione cosentina della Gazzetta per 25 anni, lascia il giornale e va in pensione. Ma qualche anno dopo Federico Bria e Ciccio Arena lo convincono a ripartire, e questa volta dalla redazione de “La Provincia Cosentina”. Due anni pieni, dal 2007 al 2008.
«Per quasi due anni – ricorda Federico Bria – fu una cavalcata entusiasmante. Dall’allestimento di una sede in pieno centro città agli accordi di stampa e distribuzione nelle edicole di tutta la provincia. Guardarlo all’opera è stata una continua lezione di giornalismo: l’uso delle fonti, le tecniche di attrattiva, dalle locandine alla centellinata pubblicazione di una inchiesta. La sua professionalità era straordinariamente elevata. Ma, soprattutto, esprimeva la dirittura morale di una linea editoriale che voleva scuotere la città e riportare al centro del dibattito il valore dell’etica, prima ancora di quello della legalità. Pur non essendo più un giovincello mi fece aprire gli occhi su molte situazioni e persone che, al di là di una onorevole apparenza, rappresentavano la dimostrazione di quanto basso fosse il livello di moralità della cosiddetta classe dirigente cittadina e provinciale. Velleitarie ambizioni personali portarono alla fine di quella esperienza».
Anche Federico Bria – che allora era direttore editoriale del quotidiano La Provincia Cosentina – non ha mai smesso di chiamarlo “professore”: «Per un paio d’anni diede a Cosenza la dimostrazione di ciò che può essere un giornale libero e indipendente. Se ne divertì molto, con quel sorriso sornione, e sono sicuro che ora ne starà parlando con mio padre, che a sua volta lo stimava, e che insieme si staranno dando da fare per pubblicare qualcosa da distribuire agli angeli del Paradiso». Altri tempi, direte, ma è sempre un’emozione ricordarli. (giornalistitalia.it)

Pino Nano

 

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