I giornalisti dell’Ufficio Stampa convocati ieri a Palazzo Campanella. Ma era un “errore”

Consiglio regionale della Calabria: “Tornate, anzi no”

Palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale della Calabria, a Reggio

REGGIO CALABRIA – Al Consiglio regionale della Calabria siamo al ridicolo. Il 17 marzo scorso, con una determina del direttore generale Maria Stefania Lauria, è stata notificata ai quattro giornalisti dell’Ufficio Stampa (Cristina Cortese, Luisa Lombardo, Gianfranco Manfredi, Romano Pitaro) la “Ricognizione della nullità del rapporto di lavoro” con il Consiglio regionale della Calabria; il 12 aprile gli stessi – e addirittura anche il collega Filippo Diano, in pensione dal luglio 2020 – hanno ricevuto una Pec con la quale venivano convocati a Palazzo Campanella in occasione del Consiglio regionale di ieri, lunedì 19 aprile, alle ore 12.

Gianfranco Manfredi

A denunciare l’episodio è il giornalista Gianfranco Manfredi che, ricevuta la convocazione, si è presentato a Palazzo Campanella, ma si è visto rispondere che si è trattato di un “errore”. “Errore” comunicato, però, solo alle 13,42 con un’altra Pec avente per oggetto «Errata corrige trasmissione “Convocazione Consiglio regionale”». «Aveva tutte le carte in regola – evidenzia Gianfranco Manfredi – per essere accolta come una salutare virata rispetto alla clamorosa “Ricognizione della nullità del rapporto di lavoro”, invece, quella missiva trasmessa via Pec il 12 aprile, con tanto di firma digitale della stessa Lauria e col perentorio “D’ordine del Presidente del Consiglio”, si sarebbe rivelata un grottesco, beffardo “errore”.
Anzi, per essere precisi, un “mero errore materiale dell’operatore incaricato”». «Mi sento di affermare – spiega l’avv. Silvia Gulisano, legale del giornalista – che una convocazione come quella rivolta al Manfredi “D’ordine del Presidente del Consiglio regionale” non può essere revocata da una banale discolpa che scarica ogni responsabilità “all’operatore incaricato”. Accerterò, pertanto, se la convocazione che era stata recapitata al Manfredi era effettivamente originata da un “ordine del Presidente”.
In mancanza di tale presupposto, proprio per la valenza probatoria che la legge attribuisce ai documenti della PA sottoscritti digitalmente, procederò ad agire nei confronti del dipendente apicale responsabile di una dichiarazione inveritiera che ha mortificato la dignità di professionista e lavoratore del mio assistito ed ha esposto scriteriatamente il vertice istituzionale dell’Assemblea». (giornalistitalia.it)

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