Il procuratore a Sky Tg24 punta l’indice sull’assenza della politica e il lavoro che non c’è

Gratteri: «Dalla disperazione alla ’Ndrangheta»

Nicola Gratteri, l’unico socio onorario del Sindacato Giornalisti della Calabria, il 1° maggio 2018 alla Festa nazionale della Fnsi a Reggio Calabria (Foto Marco Costantino/giornalistitalia.it)

CATANZARO – «È la disperazione che porta a rivolgersi alla ’ndrangheta. La responsabilità è di tutti noi, forse avremmo dovuto e dovremmo fare molto di più rispetto a quello che facciamo, ma principalmente della politica, di chi amministra, di chi progetta, di chi programma il futuro di un regione o di una nazione». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, socio onorario dei Sindacato Giornalisti della Calabria, a “L’intervista di Maria Latella” su Sky Tg24.
«Negli ultimi 20 anni – ha detto Gratteri – la politica si è indebolita tantissimo e questo ha avvantaggiato la ’ndrangheta perché ha occupato gli spazi dal punto di vista dell’interlocuzione sociale. Mediamente un politico è presente sul territorio sei-sette mesi prima delle elezioni, poi magari cambia anche il numero di telefono. Il capo mafia è presente 365 giorni all’anno, dà risposte, sbagliate, truccate, drogate, di sottosviluppo, di dipendenza, di schiavismo, ma dà risposte in aree in cui la disoccupazione sfiora anche il 50%. Per questo è la disperazione che porta a rivolgersi alla ’ndrangheta».
«La politica – ha aggiunto il magistrato riferendosi al condizionamento delle cosche – è fortemente inquinata ed il problema riguarda tutta l’Italia oltre al fatto che per il riciclaggio ed il traffico di droga la ’ndrangheta l’unica mafia presente in tutti i continenti. La strategia della ’ndrangheta di fare accordi con le istituzioni risale al al 1970 quando fu creata la nuova dote della “santa” che consente la doppia affiliazione alla ’ndrangheta ed alla massoneria deviata. Questo è stato il grande salto di qualità che le ha consentito di avere rapporti con uomini delle Istituzioni, con quadri della Pubblica amministrazione, mentre magistrati, giornalisti, storici, professori universitari e la politica continuavano a raccontare di una mafia stracciona di pastori. Ma nella realtà aveva rapporti con la Pubblica amministrazione». (ansa)

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