Storico corrispondente del quotidiano, del quale è stato uno dei fondatori, è morto ieri nella sua casa inglese

Addio Paolo Filo della Torre, raccontò Londra per “la Repubblica”

Paolo Filo della Torre

Londra

ARUNDEL (Gran Bretagna) – Il giornalista Paolo Filo della Torre, storico corrispondente da Londra del quotidiano “la Repubblica”, del quale è stato uno dei fondatori, è morto ieri nella sua casa di Arundel, nel West Sussex della Gran Bretagna.  Aveva 76 anni e soffriva da tempo di problemi cardiaci.
Nato a Roma nel 1938, Paolo Filo Della Torre era il decano dei giornalisti italiani nella capitale britannica. Pioniere di generazioni di giornalisti inviati a Londra, aprì l’ufficio di corrispondenza del “Sole 24 Ore” nella sede del “Financial Times” e poi quello de “la Repubblica” nel  1976.
Ha scritto, tra, l’atro, i saggi “Eurocomunismo Mito o Realtà”, “La Bambola di Ferro”, biografia di Margaret Thatcher, e  “Viva Britannia”. “Paolo Filo della Torre – ricorda il corrispondente de «la Repubblica», Enrico Franceschini – conosceva quelle che potevano apparire minuzie nella vita della Gran Bretagna ma che la illuminavano meglio di saggi pomposi. E le conosceva perché in mezzo secolo trascorso a Londra aveva avuto l’opportunità di frequentare e sovente diventare amico di personaggi a cui normalmente i giornalisti stranieri non hanno accesso, incluse Sua Maestà, con cui condivideva l’amore per le corse dei cavalli (a cui andava anche lui, ad Ascot per esempio, nel palco riservato ai reali, indossando il tight con la disinvoltura con cui un bambino mette una maglietta), e Margaret Thatcher, che intervistò più volte per il nostro giornale. Per questo, nella comunità dei cronisti italiani dal Regno Unito, ma pure nei circoli diplomatici e degli affari, Paolo era considerato il decano e il veterano: unico per i suoi contatti, per i suoi aneddoti, per le esperienze che aveva fatto. Io lo soprannominavo Big Ben, non solo perché era imponente come la torre dell’orologio che sovrasta il parlamento di Westminster, ma anche perché, allo stesso modo, era il simbolo del giornalismo italiano in Inghilterra – e per estensione, per qualche generazione di italiani, è stato il simbolo della nostra visione di tutto ciò che è inglese”.
“Nell’ultima telefonata, pochi giorni fa – scrive ancora Franceschini su «la Repubblica» – gli ho chiesto come stava, pur sapendo cosa mi avrebbe risposto. Ho cercato di incoraggiarlo. Per confortarlo, abbiamo parlato un po’ del giornale e del mestiere, gli ho ripetuto quello che gli ho detto tante volte, che lui aveva vissuto gli anni migliori dell’Inghilterra, i mitici anni Sessanta della Swinging London, e forse anche gli anni migliori del giornalismo, quando non c’erano transizioni al digitale e crisi economica ad angustiarlo. Quanto ti sei divertito, Paolo, gli ho detto. «Sì è vero», ha risposto, «mi sono molto divertito». Ho ripetuto un’altra esortazione che gli facevo ogni volta che ci parlavamo: di scrivere le sue memorie, un’autobiografia, quante cose avrebbe potuto raccontare. «Eh sì, dovrei farlo», ha risposto, «speriamo». Ma non ne ha avuto il tempo e le forze. E ora che non c’è più mi rammarico di non aver potuto fargli io da segretario, redigerle io per lui tutte le storie che Paolo Filo della Torre conosceva e raccontava; così come mi rammarico di non essergli stato più vicino in questi suoi ultimi anni difficili. Vorrei chiedergli scusa di questo, ma è troppo tardi per le scuse. Posso solo dirgli questo: goodbye, dear Paolo, and thank you di cuore, da tutti noi di Repubblica, per tutto quello che ci hai dato”.
I funerali di Paolo Filo della Torre saranno celebrati a Roma.

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