Il presule ai giornalisti: “Non ci può essere testimonianza dell’una, senza l’altra”. Parisi (Fnsi): “C’è poco spazio per i fraintendimenti”

Mons. Fiorini Morosini: “La legalità come impegno di fede”

Mons. Giuseppe Fiorini Morosini

Carlo Parisi

REGGIO CALABRIA – “Il vescovo è vescovo. Non è né sindaco, né un politico o un magistrato. Il vescovo deve occuparsi delle cose di Dio e, se si interessa delle cose che riguardano la città degli uomini, è perché le cose di Dio non possono restare staccate dalla città dell’uomo”.
A dirlo è stato l’arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova, Giuseppe Fiorini Morosini, incontrando stamani i giornalisti, per chiarire alcuni passaggi della sua prima omelia nel corso del suo insediamento (lunedì scorso nella Cattedrale di Reggo Calabria, ndr).
“Con i servizi che avete fatto – ha aggiunto in proposito – avete reso un servizio alla collettività, per tenere questo legame con questa istituzione, perché la Chiesa, con tutti i suoi limiti e i suoi pregi, è una istituzione che è presente sul territorio”.
Tornando alla sua omelia, mons. Fiorini Morosini, ha parlato di un messaggio rivolto al mondo che non è Chiesa, per entrare nel merito della legalità “che viene affrontata dal vescovo come impegno di Fede. Perché non ci può essere testimonianza di fede se non si testimonia la legalità, sempreché siano leggi dello Stato e siano conformi al diritto di natura. La politica è sempre inferiore alla coscienza. Legalità è un concetto che ho sempre portato avanti, anche nella somministrazione dei Sacramenti, ma giudicare riduttivamente l’operato di vescovo è riduttivo della verità, offensivo della dignità della persona. Solo perché un vescovo non dice quelle cose che io vorrei che fossero dette, un vescovo è mafioso. Questo non si può accettare”.
In merito al suo insediamento a Reggio, mons. Morosini ha invitato a superare il momento di esaltazione e di gioia, che ha definito, usando il dialetto, “u struscio i scupa nova”, “perché da domani comincerà la quotidianità e emergeranno le difficoltà che io trovo nel mettere in pratica i miei progetti. Si deve camminare assieme, partendo da un presupposto: tutti vogliamo il bene”.
Rispondendo ad una domanda di un giornalista in merito al presunto rifiuto, quanto era a Locri, di offrire una struttura per ospitare dei rifugiati, mons. Morosini ha spiegato che si trattava di una struttura funzionante per le attività della Chiesa.
“Non si può spogliare l’altare per vestire un Crocifisso” ha detto ricordando le tante strutture dello Stato inutilizzate, come l’ex ospedale di Gerace, “mai aperto, che potrebbe essere trasformato in una efficiente struttura di accoglienza”.
Prima dell’intervento del vescovo, il segretario del Sindacato giornalisti della Calabria Carlo Parisi, a nome di tutti i giornalisti presenti, ha rivolto un saluto e, parlando delle “situazioni di emergenza in cui sono costretti a lavorare i giornalisti calabresi a causa delle difficoltà in cui versano molte aziende editoriali”, si è soffermato sul ruolo della professione “nella quale, in tema di legalità, c’è poco spazio per i fraintendimenti”.
All’incontro con i giornalisti hanno partecipato anche il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali della diocesi don Davide Imeneo ed il vice direttore Giovanni Marcianò. Al termine, mons. Morosini ha donato a tutti i giornalisti presenti una medaglia per la sua nomina ad arcivescovo di Reggio Calabria con impressa, da un lato l’immagine di San Francesco da Paola e dall’altro le immagini della Madonna della Consolazione, del suo stemma arcivescovile e della Basilica del Duomo di Reggio. (Ansa)

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