Proclamato oggi a Carpi su incarico di Papa Francesco. Salvò tanti ebrei e fu lasciato morire in un lager senza cure mediche

Odardo Focherini, beato giornalista martire del nazismo

Odoardo Focherini

Il campo di concentramento di Flossenbürg, Germania, 1942

CARPI (Modena) – Per incarico di Papa Francesco, il cardinale Angelo Amato, prefetto delle cause dei santi, ha proclamato beato a Carpi, questa mattina, Odardo Focherini, un giornalista cattolico che fu deportato in Germania nel 1944 e lasciato morire in un lager, senza cure mediche. Al rito hanno assisitito decine di migliaia di fedeli giunti da tutta Italia per iniziativa dell’Azione Cattolica, della quale Focherini era dirigente.
Prima dell’arresto aveva salvato 105 ebrei sottraendoli alla persecuzione nazista spesso fornendo loro documenti d’identità e lascia-passare falsi. Firma dell’Osservatore Romano e dell’Avvenire d’Italia, di cui diviene direttore amministrativo alla vigilia della seconda guerra mondiale, nei suoi articoli Focherini difendeva la libertà di coscienza anche davanti a dirette intimidazioni dei fascisti: il giorno dell’invasione tedesca del Belgio e dell’Olanda, gli uomini della milizia, in camicia nera, avevano sequestrato e bruciato il quotidiano in quanto a ritenuto colpevole di aver pubblicato i telegrammi di Pio XII ai governi e ai popoli colpiti da quell’invasione. E dopo l’armistizio dell’8 settembre il quotidiano cattolico uscì listato a lutto e chiuse i battenti.
Ai tedeschi che, con le armi, chiedono l’immediata ripresa delle pubblicazioni, Focherini risponde che le scorte di carta sono esaurite. La coraggiosa volontà di non cedere alle pressioni sul fronte professionale va di pari passo con la carità cristiana sul versante umano. Insieme a don Dante Sala, parroco di San Martino Spino, in provincia di Modena, si mette al servizio dei fratelli ebrei, nascondendoli, proteggendoli e organizzando per loro una rete di fuga verso la Svizzera. La sua militanza eroica non viene meno nei lager. Dopo l’arresto, viene traferito a Fossoli, poco distante da casa, e poi a Bolzano.
Nel campo di concentramento di Flossenburg – uno dei circa 20.000 di campi di sterminio costruiti dal 1933 al 1945 e camuffati da campi di lavoro – diventa il deportato n. 21518 prima di essere spostato a Hersbrusck, sempre in Germania. Le condizioni disumane, le torture, l’angoscia e il pessimismo dei lager non riescono tuttavia a spegnere la sua luminosa coerenza evangelica. A soli 37 anni trova la morte “in odium fidei”. (Agi)

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