Il libro del giornalista scomparso in Siria tenuto a battesimo dai due direttori: “La sua caparbietà lo riporterà a casa”

De Bortoli e Calabresi presentano “Gli ultimi” di Quirico

La copertina del libro di Quirico

Ferruccio De Bortoli e Mario Calabresi

MILANO – Sono stati Ferruccio De Bortoli, direttore del Corriere della Sera, e Mario Calabresi, direttore de La Stampa, a tenere a battesimo, stamane, l’ultimo libro di Domenico Quirico, l’inviato del quotidiano torinese scomparso in Siria e di cui non si hanno più notizie da ben 49 giorni.
S’intitola “Gli ultimi. La magnifica storia dei vinti” la nuova fatica letteraria (edita da Neri Pozza) di un giornalista “che ci fa vivere attraverso il suo cuore e i suoi occhi – ha detto, presentando il libro in via Solferino, Ferruccio De Bortoli – la storia dal punto di vista più scomodo, sofferto e a volte anche pericoloso”.
Mentre il mondo dell’informazione, e non solo, spera almeno in un segnale, una traccia, una minima notizia sull’inviato sparito nel nulla mentre stava realizzando uno dei suoi reportage, i due direttori, De Bortoli e Calabresi, si sbilanciano, fiduciosi: “Domenico ci ha abituato ad aspettare. La sua caparbietà lo riporterà a casa”.
Stamane, a Milano, in una sala gremita di colleghi e amici, c’erano anche le due figlie di Domenico Quirico, Eleonora e Metella.

LA SCHEDA DELL’EDITORE
La Storia ha assegnato ad alcuni personaggi il compito, affascinante, crudele e immane, di liquidare o di scuotere dalle fondamenta costruzioni storiche secolari, possenti ideologie, imperi e regni che avevano quasi assorbito il mondo. Un compito tragico nel senso classico del termine: perché la maggioranza tra gli Ultimi si è caricata sulla schiena questo peso essendone pienamente consapevole. Tutti erano in qualche modo certi che, comunque avessero assolto l’impegno, sarebbero rimasti nella Storia con il marchio degli infami, dei vinti, di notai miserabili di una eredità dilapidata, di traditori di fedi che dovevano essere incrollabili.
Non c’è riconoscenza per gli Ultimi che sono sempre dei vinti agli occhi dei posteri.
Eppure il Mondo Nuovo, che sorge sulle ceneri del Vecchio, spesso è opera loro.
Tanti i casi e le storie esemplari: da Dario, il fragile, umanissimo, disperato rivale di Alessandro, a Gorbaciov, tormentato e malaccorto affossatore dell’Impero rosso di Lenin e di Stalin; da Atahualpa, ultimo inca paralizzato dai presagi della fine a Pu Yi, che nacque imperatore nella città proibita e finì guardia rossa; da Romolo Augustolo, l’imperatore per conto di un padre che non voleva la porpora pur avendo il potere, a Benedetto XVI che scoprì all’improvviso che non si può guarire neppure la chiesa dall’ingiustizia e dalla stupida ferocia degli uomini.
Un libro affascinante, un grande racconto degli infami e dei vinti della Storia che invita a cercare nella sconfitta, nella decadenza e nell’oscurità del declino la luce e il vagito del Mondo Nuovo.

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