La decisione del consigliere “ancor prima che il mio caso di incompatibilità possa essere preso in considerazione”

Verro: “Mi dimetto da senatore e resto in Rai”

Antonio Verro

ROMA – “Ancor prima che il mio caso di incompatibilità possa essere preso in considerazione dalla competente giunta parlamentare, ritengo opportuno, in questo quadro, dimettermi da Senatore della Repubblica e tornare a partecipare attivamente ai lavori del Consiglio di Amministrazione della Rai”. Lo rende noto Antonio Verro.
“Le ultime elezioni non hanno prodotto nessun vincitore e creato un clima politico di grande incertezza. Mi sono candidato con l’obiettivo di portare all’attenzione del Parlamento anche proposte per una nuova governance del servizio pubblico, ma è di tutta evidenza che le priorità di questo Governo, appoggiato da un’inedita maggioranza, dovranno necessariamente essere altre”.
Così il consigliere Rai Antonio Verro spiega in una nota la sua decisione di dimettersi da senatore della Repubblica “ancor prima che il mio caso di incompatibilità possa essere preso in considerazione dalla competente giunta parlamentare”.
Verro preferisce “tornare a partecipare attivamente ai lavori del Consiglio di Amministrazione della Rai”.
“A pochi anni dalla scadenza della concessione, la nostra azienda pubblica – spiega ancora Verro – attraversa forse il momento più delicato della sua storia. Continua infatti ad essere, in pratica, sotto il commissariamento del precedente governo tecnico, con bilanci in profondo rosso, ricorsi nati da forzate rimozioni, allontanamenti di grandi professionisti semplicemente perché considerati anziani e nomine di costosi dirigenti esterni che scavalcano validi dipendenti interni. Tutto ciò a dispetto di quanto messo pubblicamente in evidenza da movimenti, sindacati e partiti politici”.
“La Rai è patrimonio di tutti ed è fondamentale che il Consiglio di Amministrazione, che vede al suo interno rappresentanti di diverse aree politiche e culturali come anche della società civile, riprenda in pieno il proprio ruolo di garanzia di pluralismo, così come anche in passato ribadito dalla Corte Costituzionale. L’alternativa purtroppo – conclude – é chiaramente espressa nei programmi dell’antipolitica: smembramento dell’azienda, privatizzazione a vantaggio dei ‘poteri forti’ e dispersione del primario ruolo che oggi ricopre nelle politiche industriali e culturali del Paese”. (Ansa)

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