Originario di Avellino, 62 anni, era capo della polizia dal 2007. Il cordoglio della Giunta Fnsi: “Sempre vicino ai giornalisti”

E’ morto Antonio Manganelli, poliziotto e gentiluomo

Franco Siddi e Carlo Parisi al Viminale con Antonio Manganelli

ROMA – E’ morto il capo della polizia, Antonio Manganelli. Originario di Avellino, 62 anni compiuti a dicembre, Manganelli era capo della polizia dal giugno 2007.
Malato da tempo, il 24 febbraio scorso era stato ricoverato d’urgenza ed operato all’Ospedale San Giovanni per la rimozione di un ematoma cerebrale, conseguenza di un’emorragia.
“Avevo solo una fissazione nella mia vita, quella di fare l’investigatore. E sono felice di esserci riuscito”. Erano i giorni dell’Assemblea generale dell’Interpol, nel novembre scorso, quando Antonio Manganelli – orgoglioso del fatto che proprio l’Italia fosse stata scelta per ospitare l’incontro tra i capi di quasi 200 polizie di tutto il mondo – ribadiva ai cronisti come il suo essere “poliziotto” fosse molto più di un mestiere, quasi una missione. Onorata fino in fondo anche nei giorni della malattia che l’aveva costretto ad un periodo di cure negli States senza però riuscire mai davvero a strapparlo al suo lavoro.
Manganelli nasce ad Avellino, l’8 dicembre del 1950, si laurea in Giurisprudenza a Napoli e si specializza in Criminologia Clinica a Modena.
Gli anni ‘70 e ‘80 – dopo l’ingresso in polizia – sono quelli della formazione sul campo, spesi per acquisire esperienza e preparazione tecnica prima nel settore dei sequestri di persona a scopo di estorsione e poi in quello antimafia. Numero due del Nucleo anticrimine, collabora anche con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e il lavoro al fianco dei due magistrati lo aiuta a imporsi come punto di riferimento dei principali organi giudiziari e investigativi europei ed extraeuropei, dall’Fbi alla Bka tedesca.
Nel ‘91, quando il collega ed amico Gianni De Gennaro tiene a battesimo la neonata Direzione investigativa antimafia, diventa direttore dello Sco, il Servizio centrale operativo, e del Servizio centrale di protezione dei collaboratori di giustizia; dal ‘97 è questore a Palermo e dal ‘99 a Napoli.
Prefetto nel 2000, viene nominato direttore centrale della Polizia criminale e vicedirettore generale della pubblica sicurezza, incarico nel quale dal dicembre dell’anno successivo assume le funzioni vicarie del capo della polizia.
Una carriera in continua ascesa che tocca il suo punto più alto il 25 giugno 2007, quando il Consiglio dei ministri sceglie proprio lui come successore di De Gennaro.
“Orgoglioso di essere il capo di donne e uomini che quotidianamente garantiscono la sicurezza e la democrazia di questo Paese”, è pronto anche a riconoscerne gli errori: incontra i genitori di Federico Aldrovandi, il 18enne ucciso durante un controllo di polizia a Ferrara nel settembre del 2005 (quattro gli agenti condannati) e, undici anni dopo l’irruzione alla Diaz, all’indomani del verdetto della Cassazione che conferma le condanne d’appello per falso nei confronti della catena di comando all’epoca del G8 di Genova, ammette: questo è “il momento delle scuse”.
“Scuse dovute”, ai cittadini “che hanno subito danni” e anche a quelli che, avendo fiducia nella polizia, “l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza”.
All’inizio di quest’anno, le sue condizioni di salute tornano lentamente a peggiorare e nel pomeriggio del 24 febbraio viene ricoverato d’urgenza ed operato all’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma, per la rimozione di un ematoma cerebrale, conseguenza di un’emorragia. L’intervento riesce perfettamente, assicurano i medici, e il giorno dopo le elezioni, al Viminale, il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri gli augura di tutto cuore di “tornare presto con noi. Lo aspettiamo”. Ma è il tumore a vincere l’ultima battaglia.
Tra le prime condoglianze quella del neo presidente della Lombardia Roberto Maroni: “Ciao Antonio, maestro di vita e amico vero. Rimarrai per sempre nel mio cuore”, ha scritto in un tweet l’ex ministro.
I messaggi di condoglianze sono comunque bipartisan: “Piango un grande servitore dello Stato, un esempio di dedizione al dovere come Antonio Manganelli. Mi unisco all’immenso dolore della sua famiglia e abbraccio idealmente tutti i poliziotti italiani che hanno avuto, in questi anni, una guida forte e sicura”, dichiara Pier Ferdinando Casini.
Oggi, giovedì 20, la camera ardente sarà allestita alla scuola superiore di polizia, aprirà alle 14. I funerali si terranno sabato mattina nella basilica di Santa Maria degli Angeli, in piazza della Repubblica, a Roma. La cerimonia funebre è in programma alle 11. (Ansa)

Il cordoglio della Giunta Esecutiva Fnsi

Il Segretario Generale, il Presidente e la Giunta della Fnsi esprimono profondo cordoglio per la scomparsa del Capo della Polizia, Prefetto Antonio Manganelli, leale servitore dello Stato.
La Fnsi ha avuto più volte modo di incontrare il Capo della Polizia, trovando in Manganelli un interlocutore attento, intelligente, autorevole e sensibile al lavoro dei giornalisti. Con lui è stato possibile instaurare una profonda e fattiva collaborazione sul terreno comune dell’impegno per la legalità, sul quale il Sindacato lo ha trovato sempre vicino.
Con lui lo Stato perde un uomo prezioso del suo ordinamento democratico. La Fnsi perciò lo ricorda con gratitudine e affetto e porge sentite condoglianze alla famiglia.

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