Lo ha ribadito il Guardasigilli nella sede della Fnsi: “Impiegheremo tutte le energie per i ddl esistenti. Centrale la rettifica”

“No al carcere per i giornalisti, è tempo di intervenire”

Il ministro della Giustizia, Paola Severino, stamane nella sede della Fnsi

ROMA – Il governo, che ribadisce la sua contrarietà al carcere per i giornalisti nel caso della diffamazione a mezzo stampa, sembra orientato a non presentare un proprio provvedimento in materia ma a sostenere i disegni di legge che sul tema sono stati presentati in Parlamento dalle varie forze politiche.
Lo lascia intendere il ministro della Giustizia, Paola Severino, intervenendo questa mattina ad un convegno organizzato dalla Fnsi sul tema della diffamazione e della tutela dell’esercizio della libertà di informazione.
“Il governo – dice il Guardasigilli chiudendo il suo intervento davanti a rappresentanti delle forze politiche (Di Pietro, Pecorella, Carra, Vita, Rao fra gli altri) – impiegherà tutte le sue energie per dare un contributo ai disegni di legge esistenti”.
Severino ne è convinta, “non dobbiamo mettere una toppa a colori al problema, il tempo è ormai maturo per intervenire. In questo senso i disegni di legge che vengono da ciascuna parte politica favoriranno un dibattito che dovrà essere pieno. Le idee ci sono, i contributi sono molti. Ormai – dice ancora il Guardasigilli – il tempo è venuto per una seria attuazione di queste proposte di riforma”.
I progetti di legge presentati, continua Severino, “hanno matrici comuni” e “l’informazione che si svolge nella legalità è la punta di diamante del giornalismo”.
Tutte le proposte presentate, spiega il ministro, “si innestano nel giudizio penale ma questo – precisa con forza il Guardasigilli – non vuol dire carcere. Ci sono tante sanzioni detentive che possono essere applicate”.
Il carcere, ribadisce il ministro della Giustizia, deve essere “l’extrema ratio, quando altre sanzioni non funzionano”.
Insomma, è l’opinione di Severino, si deve pensare a “sanzioni di tipo diverso, come quelle pecuniarie o altro”.
Il punto principale che deve essere alla base di questa riflessione e degli interventi che ne deriveranno è che, afferma il ministro, “da un lato deve esserci la libertà di pensiero e dall’altro la tutela dei cittadini alla propria reputazione. Sono due beni assoluti e bisogna fare in modo – continua il Guardasigilli – che nessuno dei due venga leso o venga pesato inferiore all’altro”.
Il ministro della Giustizia spiega che “a nessuno, neanche al diffamato, interessa il carcere. Il diffamato chiede il rispristino della propria reputazione e poi il risarcimento del danno”. In questo senso quindi “deve avere un ruolo centrale la rettifica”, cioè lo strumento con il quale si ripristina la reputazione del diffamato. Quello della rettifica, dice ancora Severino, “è il rimedio principale”.
La strada da seguire per affrontare questo tema e comunque per migliorare la professione giornalistica, sono ancora parole del titolare di via Arenula, “è una sola: attualizzare e rendere più effettiva l’applicazione dei principi contenuti nella legge sulla stampa. La traccia da seguire c’è”. (Asca)

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