Nel ricorso in Cassazione si chiede l’annullamento della condanna per il giornalista “vittima di una persecuzione politica”

Sallusti: la difesa chiede lo stop al “furore condannatorio”

Alessandro Sallusti

ROMA – Nei confronti dell’attuale direttore de “Il Giornale”, Alessandro Sallusti, la Corte di Appello di Milano avrebbe esercitato un “furore condannatorio” applicandogli la pena di 14 mesi di reclusione, senza attenuanti, per un articolo pubblicato sotto pseudonimo, il 18 febbraio 2007, quando dirigeva “Libero”.

Lo sottolinea nel ricorso in Cassazione la difesa di Sallusti, che chiede l’annullamento della condanna per il giornalista. Secondo i legali di Sallusti, ci sarebbe un “errore sulla persona” nell’attribuire a Sallusti la paternità dell’articolo firmato sotto pseudonimo nel quale si invocava la pena di morte per il magistrato che si era occupato della vicenda dell’autorizzazione all’aborto di una minorenne torinese.
“Si trattava di una «convocazione davanti al tribunale della coscienza» – ha sostenuto al difesa di Sallusti – e l’articolo era coerente con la consueta contrapposizione di opposte fazioni sul tema dell’aborto: in questo schema deve essere considerata l’invocazione, da parte degli antiabortisti, della pena di morte per gli abortisti che danno la morte”.
Inoltre – nel ricorso scritto – i legali di Sallusti hanno fatto presente che l’articolo “era rispettoso dei principi di continenza e verità nell’esercizio del diritto di critica nel quale non si può pretendere affetticità”.
“Nel mirino non c’era Cocilovo ma l’intero «sistema» che consente l’aborto”, hanno insistito i legali di Sallusti. “Tra il rischio di ledere l’onorabilità di qualcuno e quello di non informare l’opinione pubblica bisogna dare precedenza alla libertà di stampa: condannare Sallusti al carcere è una persecuzione politica, perché un giornalista, anche in carcere, può continuare a scrivere”. (Ansa)

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