Maurizio Belpietro
Diavolo di un Travaglio, chi l’avrebbe mai detto che dietro a quella sua aria da manettaro incallito si nascondesse un vero garantista? Certo, noi no. Eppure sul Fatto di domenica abbiamo scoperto che il giornalista caro alle procure è un ostinato innocentista e nei suoi articoli si preoccupa di tutelare i diritti degli imputati.
Sotto al titolo «A.A.A. garantista cercasi», Marco due giorni fa spiegava che le intercettazioni non sono uno strumento utile solo per l’accusa, ma anche per la difesa, la quale vi può trovare elementi utili per dimostrare la non colpevolezza del proprio assistito. Ecco perché, puntualizzava, «il Codice dice che per distruggere le telefonate irrilevanti non basta il parere del gip , e nemmeno del pm: occorre che anche gli avvocati di tutte le parti le ascoltino».
Vero. E a dimostrazione di come l’ascolto delle conversazioni possa cambiare la prospettiva di un processo, sulla prima pagina de “il Fatto”, Travaglio e compagni pubblicavano un’intervista a Guido Bertolaso, ex capo della protezione civile. Come è noto, l’uomo di pronto intervento nelle catastrofi è nei guai da un paio d’anni. La procura di Firenze lo accusa di essere stato in combutta con la «Cricca» degli appalti pubblici e da santo che era è finito all’inferno, sospettato di aver chiuso gli occhi sulle grandi opere in cambio di qualche massaggio a luci rosse. La storia è finita su tutti i giornali e le sue telefonate anche.
Ma adesso che è fuori dai giochi e lavora in un piccolo ospedale in Africa, Bertolaso ha deciso di levarsi qualche sassolino, in particolare con Repubblica, che contro di lui fece una dura campagna. E per farlo ha approfittato proprio della tribuna travagliesca, oggi la più impegnata nella guerra contro Giorgio Napolitano e il suo avvocato d’ufficio Eugenio Scalfari.
Che dice Bertolaso nell’intervista? Che il quotidiano diretto da Ezio Mauro si sarebbe prestato a un lavoro sporco, anzi, per la precisione, a uno strano disegno, «non mettendo in pagina le intercettazioni che mi scagionano ma solo quelle due o tre che orientano l’opinione pubblica». E quali sarebbero queste telefonate che salverebbero l’ex capo della protezione civile? Secondo il diretto interessato ne esisterebbe una in cui i fratelli Anemone (cioè i componenti più autorevoli della Cricca) discutono fra loro e uno dice all’altro: «Bertolaso ci ha rovinato. Ci ha tolto 50 milioni di euro dal contratto». E l’altro fratello cosa risponde? gli chiede l’intervistatore «Questa è una porcata, adesso andiamo noi da Santoro a fare casino contro Bertolaso». Il quale, nel colloquio con il giornalista de il Fatto, riferisce anche di un’altra telefonata, questa volta non sua ma del magistrato Achille Toro, uno degli amici della Cricca, che senza sapere di essere intercettato direbbe che «Bertolaso non c’entra un cazzo, eppure lo hanno messo in mezzo lo stesso».
Conclusione dello stesso Bertolaso: la libertà di stampa è sacra e i giornali non vanno imbavagliati se pubblicano le intercettazioni, ma se ne pubblicano solo alcune, cioè quelle a danno dell’imputato, lasciando intendere delle cose che altre conversazioni smentiscono, allora c’è un problema. Già. Se è vero quello che dice il santo patrono dei terremotati e degli sfollati, in effetti un problema esiste, perché vorrebbe dire che o c’è una manina che seleziona le intercettazioni e poi le passa alle redazioni in modo da colpire quelli che ritiene avversari, oppure ci sono dei giornalisti che presi i brogliacci dagli investigatori invece di mandare in stampa tutto, prendono i brandelli di frase che servono e poi danno il via alle rotative.
Nell’uno e nell’altro caso, essendoci un’accusa di essere vittima o artefice di distorsioni dell’informazione, anzi, di prestarsi a losche operazioni per far fuori questo o quell’uomo politico o delle istituzioni, noi ci saremmo aspettati ieri una presa di posizione di Repubblica e del suo direttore, per allontanare da sé e dal giornale le ombre proiettate da Bertolaso. Per questo ieri abbiamo compulsato le pagine del quotidiano romano con attenzione, alla ricerca di una replica o, per lo meno, di una spiegazione. Ma tra i commenti dedicati alle primavere arabe, ai partiti che vivono in un mondo sparito e ai social network che chiedono i documenti ai naviganti del web, non siamo riusciti a vedere nulla, nemmeno uno straccio di risposta.
Eppure Repubblica aveva trovato spazio anche per la sconvolgente confessione di una poetessa, Patrizia Cavalli, la quale ha scoperto che gli innamorati sono tutti uguali e questa è la vera democrazia. Invece per Bertolaso e le sue accuse nemmeno una riga. Forse, abbiamo pensato, il direttore è in vacanza e gli è sfuggita l’intervista de il Fatto. Oppure la redazione è a ranghi dimezzati e il caporedattore si è distratto. Così abbiamo deciso di porre a Repubblica alcune domande, nel caso non avessero letto quanto dichiarato dall’ex capo della protezione civile.
1. È vero quel che dice Bertolaso e cioè che a Repubblica tenete nel cassetto le intercettazioni che lo scagionano?
2. È possibile che la fonte che ha passato al vostro giornale la trascrizione delle telefonate di Bertolaso abbia omesso quelle che scagionano il supercommissario alle emergenze?
3. È vero, come dice Bertolaso, che Repubblica è in possesso di telefonate tra lui e Giorgio Napolitano «ma non le pubblica»?
4. È vero che Repubblica «possiede tutti i nastri», ma come dice Bertolaso li usa «periodicamente per bastonarmi invece di informare»?
5. È vero che, dopo lo scontro tra il capo dello stato e la Procura di Palermo, Eugenio Scalfari e i suoi seguaci hanno scoperto che non tutte le intercettazioni vanno pubblicate, ma solo quelle che servono alla causa?
6. È vero, infine, che dopo aver promosso la campagna «Imbavagliateci tutti», contro la legge Alfano sulle intercettazioni, Scalfari, Mauro e Repubblica si preparano ora a lanciare un’altra campagna al grido di «Imbavagliateli tutti» a favore della legge Severino sulle intercettazioni e contro il Fatto, Libero e pochi altri?
Attendiamo risposte. (Libero quotidiano)
Bertolaso: “Ci cono telefonate che mi scagionano, il quotidiano di Ezio Mauro le ha, ma non le pubblica. Perché?”
Intercettazioni, Belpietro: “Sei domande a Repubblica”
Maurizio Belpietro
Diavolo di un Travaglio, chi l’avrebbe mai detto che dietro a quella sua aria da manettaro incallito si nascondesse un vero garantista? Certo, noi no. Eppure sul Fatto di domenica abbiamo scoperto che il giornalista caro alle procure è un ostinato innocentista e nei suoi articoli si preoccupa di tutelare i diritti degli imputati.
Sotto al titolo «A.A.A. garantista cercasi», Marco due giorni fa spiegava che le intercettazioni non sono uno strumento utile solo per l’accusa, ma anche per la difesa, la quale vi può trovare elementi utili per dimostrare la non colpevolezza del proprio assistito. Ecco perché, puntualizzava, «il Codice dice che per distruggere le telefonate irrilevanti non basta il parere del gip , e nemmeno del pm: occorre che anche gli avvocati di tutte le parti le ascoltino».
Vero. E a dimostrazione di come l’ascolto delle conversazioni possa cambiare la prospettiva di un processo, sulla prima pagina de “il Fatto”, Travaglio e compagni pubblicavano un’intervista a Guido Bertolaso, ex capo della protezione civile. Come è noto, l’uomo di pronto intervento nelle catastrofi è nei guai da un paio d’anni. La procura di Firenze lo accusa di essere stato in combutta con la «Cricca» degli appalti pubblici e da santo che era è finito all’inferno, sospettato di aver chiuso gli occhi sulle grandi opere in cambio di qualche massaggio a luci rosse. La storia è finita su tutti i giornali e le sue telefonate anche.
Ma adesso che è fuori dai giochi e lavora in un piccolo ospedale in Africa, Bertolaso ha deciso di levarsi qualche sassolino, in particolare con Repubblica, che contro di lui fece una dura campagna. E per farlo ha approfittato proprio della tribuna travagliesca, oggi la più impegnata nella guerra contro Giorgio Napolitano e il suo avvocato d’ufficio Eugenio Scalfari.
Che dice Bertolaso nell’intervista? Che il quotidiano diretto da Ezio Mauro si sarebbe prestato a un lavoro sporco, anzi, per la precisione, a uno strano disegno, «non mettendo in pagina le intercettazioni che mi scagionano ma solo quelle due o tre che orientano l’opinione pubblica». E quali sarebbero queste telefonate che salverebbero l’ex capo della protezione civile? Secondo il diretto interessato ne esisterebbe una in cui i fratelli Anemone (cioè i componenti più autorevoli della Cricca) discutono fra loro e uno dice all’altro: «Bertolaso ci ha rovinato. Ci ha tolto 50 milioni di euro dal contratto». E l’altro fratello cosa risponde? gli chiede l’intervistatore «Questa è una porcata, adesso andiamo noi da Santoro a fare casino contro Bertolaso». Il quale, nel colloquio con il giornalista de il Fatto, riferisce anche di un’altra telefonata, questa volta non sua ma del magistrato Achille Toro, uno degli amici della Cricca, che senza sapere di essere intercettato direbbe che «Bertolaso non c’entra un cazzo, eppure lo hanno messo in mezzo lo stesso».
Conclusione dello stesso Bertolaso: la libertà di stampa è sacra e i giornali non vanno imbavagliati se pubblicano le intercettazioni, ma se ne pubblicano solo alcune, cioè quelle a danno dell’imputato, lasciando intendere delle cose che altre conversazioni smentiscono, allora c’è un problema. Già. Se è vero quello che dice il santo patrono dei terremotati e degli sfollati, in effetti un problema esiste, perché vorrebbe dire che o c’è una manina che seleziona le intercettazioni e poi le passa alle redazioni in modo da colpire quelli che ritiene avversari, oppure ci sono dei giornalisti che presi i brogliacci dagli investigatori invece di mandare in stampa tutto, prendono i brandelli di frase che servono e poi danno il via alle rotative.
Nell’uno e nell’altro caso, essendoci un’accusa di essere vittima o artefice di distorsioni dell’informazione, anzi, di prestarsi a losche operazioni per far fuori questo o quell’uomo politico o delle istituzioni, noi ci saremmo aspettati ieri una presa di posizione di Repubblica e del suo direttore, per allontanare da sé e dal giornale le ombre proiettate da Bertolaso. Per questo ieri abbiamo compulsato le pagine del quotidiano romano con attenzione, alla ricerca di una replica o, per lo meno, di una spiegazione. Ma tra i commenti dedicati alle primavere arabe, ai partiti che vivono in un mondo sparito e ai social network che chiedono i documenti ai naviganti del web, non siamo riusciti a vedere nulla, nemmeno uno straccio di risposta.
Eppure Repubblica aveva trovato spazio anche per la sconvolgente confessione di una poetessa, Patrizia Cavalli, la quale ha scoperto che gli innamorati sono tutti uguali e questa è la vera democrazia. Invece per Bertolaso e le sue accuse nemmeno una riga. Forse, abbiamo pensato, il direttore è in vacanza e gli è sfuggita l’intervista de il Fatto. Oppure la redazione è a ranghi dimezzati e il caporedattore si è distratto. Così abbiamo deciso di porre a Repubblica alcune domande, nel caso non avessero letto quanto dichiarato dall’ex capo della protezione civile.
1. È vero quel che dice Bertolaso e cioè che a Repubblica tenete nel cassetto le intercettazioni che lo scagionano?
2. È possibile che la fonte che ha passato al vostro giornale la trascrizione delle telefonate di Bertolaso abbia omesso quelle che scagionano il supercommissario alle emergenze?
3. È vero, come dice Bertolaso, che Repubblica è in possesso di telefonate tra lui e Giorgio Napolitano «ma non le pubblica»?
4. È vero che Repubblica «possiede tutti i nastri», ma come dice Bertolaso li usa «periodicamente per bastonarmi invece di informare»?
5. È vero che, dopo lo scontro tra il capo dello stato e la Procura di Palermo, Eugenio Scalfari e i suoi seguaci hanno scoperto che non tutte le intercettazioni vanno pubblicate, ma solo quelle che servono alla causa?
6. È vero, infine, che dopo aver promosso la campagna «Imbavagliateci tutti», contro la legge Alfano sulle intercettazioni, Scalfari, Mauro e Repubblica si preparano ora a lanciare un’altra campagna al grido di «Imbavagliateli tutti» a favore della legge Severino sulle intercettazioni e contro il Fatto, Libero e pochi altri?
Attendiamo risposte. (Libero quotidiano)