Padre Federico Lombardi smentisce “la Repubblica” accusandola di aver "copiato da un articolo del tedesco Die Welt"

Fuga di documenti vaticani, quale rispetto per i lettori?

Padre Federico Lombardi (direttore Sala Stampa Vaticana)

Padre Federico Lombardi

CITTA’ DEL VATICANO – L’articolo di Repubblica sulla vicenda della fuga di documenti vaticani ricopia (in diverse espressioni anche letteralmente e non solo nella citazione finale) un articolo firmato da Paul Badde, apparso su Die Welt online una settimana fa (15 luglio), senza aggiungere praticamente nulla se non alcuni argomenti non pertinenti e interpretati in modo infondato.
Faccio notare che l’articolo di Die Welt non era stato ripreso finora dalla generalità della stampa tedesca, che ne aveva giustamente riconosciuto l’evidente parzialità e la grave responsabilità di indicare alcune persone come corresponsabili senza argomenti oggettivi.
Per questo non avevo ritenuto opportuno reagire ad esso con decisione. Ho ripetuto molte volte che il fatto di essere sentiti da una commissione nel corso delle sue indagini non significa in alcun modo essere sospettati.
Era ovvio che le tre persone indicate nell’articolo possano essere state ascoltate, ma ciò non dice nulla sul loro essere sospettate di corresponsabilità e “complicità” (come afferma – fatto di estrema gravità – il rimando in prima pagina del giornale).
La frase del card. Herranz sulle “sorprese” dell’inchiesta aveva – come egli stesso mi spiegò – il significato opposto a quello che gli è stato attribuito, cioè le “sorprese” alla fine sarebbero state quelle di molti giornalisti che si erano immaginati spiegazioni infondate. Ciò vale anche per questo articolo.
La mia prudenza nel parlare delle indagini e delle persone è sempre stata motivata dalla stessa ragione: il rispetto del segreto sulle indagini e della comunicazione dei risultati da parte delle legittime istanze nel tempo e nel modo debito, opponendomi ad indiscrezioni parziali e incontrollate i cui risultati deleteri sono sempre evidenti.
Certamente non ha alcun senso mettere in collegamento la mia prudenza con quanto affermato oggi in questo articolo, di cui il minimo che possa dire è che ritengo gravissimo gettare simili sospetti su persone degne di rispetto, che hanno svolto con impegno molti anni di servizio totalmente dedicato alla persona del Santo Padre.
L’affermazione, fatta per dovere: “Com’è ovvio, per tutti vale la presunzione di innocenza”, alla luce dell’articolo e della sua presentazione appare perlomeno ipocrita.
Quanto a un loro “allontanamento” dai loro incarichi, il card. Sardi ha terminato il suo compito in Segreteria di Stato quando aveva ormai compiuto i 75 anni, la signora Stampa continua a lavorare in Segreteria di Stato, e Sua Ecc. Clemens è Segretario del Pontificio Consiglio dei Laici da diversi anni ed è falso che abbia ricevuto dal Papa una lettera come quella descritta nell’articolo di Die Welt (lettera a cui Repubblica fa riferimento solo indirettamente).
A questo punto è giusto far notare come l’informazione data in articoli di Repubblica su tutta questa vicenda sia stata particolarmente – e direi inspiegabilmente – caratterizzata da interventi che ho dovuto ripetutamente e pubblicamente smentire. Ricordo semplicemente alcune occasioni più evidenti.
La presunta intervista (mai esistita) con la moglie di Paolo Gabriele poco dopo l’arresto (27 maggio); l’intervista con un monsignore non identificato in cui si affermava l’esistenza di una (assolutamente inesistente) équipe di “relatori” coordinata da una donna, che doveva riferire direttamente al Papa (28 maggio); l’articolo su un presunto “hacker” (assolutamente inesistente) consulente informatico del Vaticano improvvisamente scomparso (14 giugno); l’indicazione di tre nomi di cardinali che sarebbero stati interrogati dalla Commissione cardinalizia (falso in tutti e tre i casi) (19 giugno).
Ora questo articolo copiato in modo praticamente letterale dal tedesco una settimana dopo, che addita intenzionalmente come “complici” tre persone degne di stima e rispetto sembra colmare la misura. In un tema complesso e delicato come questo, mi sembra che i lettori di uno dei più diffusi quotidiani italiani meritassero ben altro rispetto della correttezza e della deontologia dell’informazione. (Sir)

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