BEIRUT (Libano) – Appelli alle autorità di Beirut perché facciano luce sull’uccisione di un cameraman, avvenuta lunedì al confine con la Siria, di cui i testimoni addossano la responsabilità a militari siriani, continuano a venire da giornalisti e attivisti politici. Mentre un collega dell’operatore caduto, rimasto ferito nell’attacco, ha detto di vedersi costretto a rinunciare al suo lavoro perché lo considera troppo rischioso, dopo essere già stato colpito una prima volta durante la guerra con Israele nell’estate del 2006.
Una manifestazione si è svolta ieri sulla Piazza dei Martiri a Beirut, dove i partecipanti hanno innalzato fotografie di Ali Shaaban, il cameraman della televisione Al Jadid rimasto ucciso da colpi d’arma da fuoco provenienti dalla Siria mentre si trovava a ridotto del confine nella regione di Wadi Khaled, nel nord del Libano.
I fotografi di diversi giornali hanno deposto sul selciato le loro macchine fotografiche in segno di protesta, mentre il presidente della Federazione della Stampa, Mohammad Baalbaki, ha chiesto alle autorità sia libanesi sia siriane di “fornire le necessarie garanzie di permettere ai giornalisti di lavorare con il massimo di libertà e trasparenza possibili”. Sull’incidente di lunedì, in cui sono anche rimasti feriti un giornalista di Al Jadid, Hussein Khreis, e un altro cameraman, Abdel-Azim Khayyat, le autorità non hanno ancora dato una spiegazione. Ma i due sopravvissuti hanno affermato che ad aprire il fuoco sulla troupe sono stati militari siriani da oltre confine.
Per questo Khayyat ha chiesto apertamente al presidente libanese Michel Sleiman e al primo ministro Najib Miqati di espellere l’ambasciatore siriano a Beirut. Il cameraman ferito ha anche chiesto che l’inchiesta sull’episodio si svolga sotto la supervisione dell’esercito libanese e non delle autorità siriane.
E’ la seconda volta che Khayyat viene ferito in un simile episodio in un arco di meno di sei anni. Nel luglio del 2006, infatti, una troupe di Al Jadid fu colpita nel sud del Libano dal fuoco di un elicottero israeliano nei primi giorni della guerra tra le truppe dello Stato ebraico e le milizie di Hezbollah.
Oltre a Khayyat rimasero feriti il suo assistente operatore, Ziad Sawan, e il giornalista Bassel al Aridi. Ancora sotto choc per il secondo attacco di lunedì, Khayyat ha detto che intende rinunciare al suo lavoro e ha chiesto alla televisione di assegnargli un altro incarico.
“La mia famiglia – ha spiegato all’emittente il cameraman – non ne può più di questa pressione insopportabile”. (Ansamed).
Appelli alle autorità affinché facciano luce sull’omicidio. Una manifestazione in piazza dei Martiri