Pietro Boglioli
BOBBIO (Piacenza) – Irruento, allegro, pronto alla risata ma anche profondamente sensibile, fino ad arrivare a commuoversi di fronte a fatti che lo toccavano. Una fragilità che, con gli anni, si era accentuata. Gino Macellari ha lasciato per sempre la sua Bobbio, a cui era attaccato da un legame viscerale, di sangue. L’aveva veramente dentro. “Se volete venire ditemelo, che vi faccio il passaporto. Bobbio è una repubblica” scherzava con i colleghi al giornale. E quando lo si andava a trovare era per lui una festa.
Generoso, entusiasta, un fiume in piena come a volte il suo Trebbia: spiegava, raccontava, accompagnava. Della zona conosceva ogni angolo e ogni persona. Non c’è punto, seppur sperduto, in cui la R4 di Gino non sia arrivata. Raccoglieva storie, scattava foto e poi martellava sulla macchina per scrivere nel piccolo box a piano terra di quella “Libertà” che, direttore Ernesto Prati, era la sua seconda casa in una continua spola lungo la Statale 45.
Generoso, entusiasta, un fiume in piena come a volte il suo Trebbia: spiegava, raccontava, accompagnava. Della zona conosceva ogni angolo e ogni persona. Non c’è punto, seppur sperduto, in cui la R4 di Gino non sia arrivata. Raccoglieva storie, scattava foto e poi martellava sulla macchina per scrivere nel piccolo box a piano terra di quella “Libertà” che, direttore Ernesto Prati, era la sua seconda casa in una continua spola lungo la Statale 45.
Maestro elementare amatissimo dai suoi scolari, a cui faceva spesso e volentieri lezione all’aperto avendo la natura come libro, con i suoi articoli non si limitava a resoconti, ma spronava, criticava, proponeva. Un giornalismo militante il suo, quando in gioco c’erano Bobbio e la Valtrebbia che difendeva dall’esterno e qualche volta anche dall’interno.
Prigioniero in India durante la guerra, aveva viaggiato all’estero, conosceva diverse lingue ed era uomo di grande cultura anche se non ne faceva sfoggio e, anzi, la celava dietro modi di fare semplici e familiari. Ma se la discussione o il dibattito giornalistico salivano di livello, non si sottraeva e sapeva sorprendere, con citazioni e documenti, chi magari lo aveva preso sottogamba. E se occorreva sapeva essere fermo fino allo scontro.
Prigioniero in India durante la guerra, aveva viaggiato all’estero, conosceva diverse lingue ed era uomo di grande cultura anche se non ne faceva sfoggio e, anzi, la celava dietro modi di fare semplici e familiari. Ma se la discussione o il dibattito giornalistico salivano di livello, non si sottraeva e sapeva sorprendere, con citazioni e documenti, chi magari lo aveva preso sottogamba. E se occorreva sapeva essere fermo fino allo scontro.
“Ponte vecchio non ponte gobbo”, sorridendo (ma non troppo) era preciso fino alla pignoleria se si entrava nella sua repubblica. Fino all’ultimo, ormai ultranovantenne ma lucido e pieno di spirito, girava per il paese (scusa Gino!: città), salutato ed amato da tutti. E se poteva arrivava fino a co’ del ponte, sulla sponda opposta rispetto all’abitato, dove c’era la carissima vigna che aveva coltivato di persona con braccia e mani robuste.
Poi saliva nello studio, nella bella casa di fronte al Duomo, dove aveva archiviato tutti i suoi pezzi e le sue foto. Su ogni scatola, negli scaffali, un’etichetta con la scritta a pennarello dell’argomento: frane, nuovi insediamenti urbani, castelli, ponti, circonvallazione, incidenti, alluvioni, nevicate…Frammenti di un grande amore: Gino e Bobbio. (piacenzasera.it)
Poi saliva nello studio, nella bella casa di fronte al Duomo, dove aveva archiviato tutti i suoi pezzi e le sue foto. Su ogni scatola, negli scaffali, un’etichetta con la scritta a pennarello dell’argomento: frane, nuovi insediamenti urbani, castelli, ponti, circonvallazione, incidenti, alluvioni, nevicate…Frammenti di un grande amore: Gino e Bobbio. (piacenzasera.it)
Ciao Gino, arrivederci, ma non addio! Rimarrai per sempre nella nostra vita. Eri uno zio che non potrò mai dimenticare. C’è un vuoto nella mia vita. Tua nipote.