
Staglianò, di ritorno da uno stage per il suo giornale a New York, ha parlato di un piccolo software, in grado di sintetizzare in dieci righe un intero incontro di calcio, partendo da relazioni statistiche che riprende dai siti web. Staglianò non demonizza questi new media, perché “bisogna conoscerli”, tuttavia questo nuovo aggeggio informatico, farebbe sentire quasi inutile per un editore la presenza di giornalisti.
Sembrerebbe corretta la battaglia dei Levellers ottocenteschi che combattevano le macchine perché sottraevano posti di lavoro. In effetti, la figura del giornalista resta centrale, innanzitutto per la sua presenza umana, ma soprattutto per la capacità guicciardiniana di discernere, di selezionare le notizie, di leggere all’interno del contesto, selezionandone le posizioni delle parti, e poi per quella caratteristica che speriamo le macchine mai ci sottraggano di raccontare un fatto, a partire dai dati selezionati.
Guido Columba, presidente dell’Unci, ha ricordato che, “le tecnologie sono sempre utili, ma resta centrale la funzione del giornalista“, distinguendo tra comunicazione e informazione. Ha ricordato come, nel 1860, la Francia disponesse di una straordinaria rete di comunicazione via fari luminosi, che mandava informazioni da Parigi a Marsiglia in sole quattro ore.
La successiva invenzione del telegrafo comportò la disoccupazione di ventimila persone addette alla precedente rete di informazione. Toccando un problema fondamentale nella storia delle tecnologie, la loro quasi repentina, in termini storici, obsolescenza. Columba ha ricordato come nel passaggio delle tecnologie di stampa da calde (tipografiche) a fredde (nuove tecnologie), siano stati quasi subito archiviati ad esempio la telescrivente o il fax, che in un primo momento raccoglievano e spedivano dalle redazioni l’intero giornale.
Staglianò è ritornato sulle nuove tecnologie, parlando dei blogger in Libia, che riuscivano, in una stanza di soli 8 metri quadri, con soli tre computer, a gestire la regia del movimento “Occupy Wall Street” e degli altri sparsi in tutto il mondo e anche di quelli della primavera araba. Ma anche qui resta da rilevare che l’alfabetizzazione digitale e la possibilità di acquistare tecnologie a basso costo, che comunque sono due requisiti della middle e upper class, senza un progetto e quindi senza dietro una regia, cioè una lobby, non solo non creano informazione, ma rischiano derive pericolosissime che possono determinare movimenti di massa artificiali, cioè immotivati e insensati.
Su questo tema Columba ha ricordato come i palestinesi per richiamare l’attenzione dei media internazionali, moltiplicavano le cerimonie funebri, creando ondate emozionali anti israeliane nel popolo dell’Intifada ma anche nell’opinione pubblica mondiale. Operazione mediatica non molto limpida. Allo stesso modo, la blogger siriana che ha stimolato le rivolte di popolo nelle piazze del suo paese, si è poi saputo che era solo “un agente Cia”.
L’informazione attuale si schianta contro il bombardamento informativo, secondo il secondo principio di termodinamica, oltre un certo limite di dati, l’informazione si annulla. In più i blogger e i social network hanno funzionato appunto quando c’era una regia, ma la loro forza che è l’immediatezza, non è mai informazione giornalistica, nel momento in cui manca la selezione e la verifica delle fonti, e diventa a senso unico e di parte, secondo gli interessi della Regia o gli umori del blogger.
A questo modo vengono dilatati i giudizi e soprattutto le emozioni, a scapito dei fatti e delle analisi. L’uso “di massa” dei new media in questa fase ha creato profonde trasformazioni socio politiche, guidate da Regie, nelle relazioni sociali, isolando gli utenti e distogliendoli dalle comuni relazioni famigliari e contatti reali del quotidiano. E rimane ancora sospesa l’analisi di un Grande Fratello che convogliando la popolazione mondiale su pochi o limitati social network, ha la possibilità di controllare meglio desideri, impulsi e pensieri dell’umanità.