Il giornalista arrestato come camorrista da pentiti non credibili fu assolto con formula piena ma morì l’anno dopo

Enzo Tortora, 25 anni fa una crudele ingiustizia

Enzo Tortora il giorno dell’arresto (17 giugno 1983)

Enzo Quaratino

Enzo Tortora con il suo Portobello

ROMA – Prima arrestato, ammanettato e così proposto all’opinione pubblica sui giornali ed in tv; condannato in primo grado; infine assolto con formula piena.
Sono passati 25 anni da quel 15 settembre 1986 quando per Enzo Tortora, giornalista e popolare presentatore televisivo accusato tre anni prima di aver fatto parte della “Nuova Camorra Organizzata” di Raffaele Cutolo, finì un incubo: la Corte d’appello di Napoli, in un’Italia divisa tra colpevolisti e innocentisti, lo mandò assolto dall’accusa di associazione camorristica, giudicando inattendibili i pentiti che lo accusavano. E il suo caso divenne simbolo, spesso tuttora evocato, dell’errore giudiziario.
L’inchiesta nei riguardi di Enzo Tortora cominciò nei premi mesi del 1983, quando Pasquale Barra e Giovanni Pandico, personaggi di rilievo della “Nuova Camorra Organizzata” (Nco) decisero di dissociarsi dall’organizzazione e di collaborare con gli inquirenti. I due “pentiti” indicarono Tortora, “quello di Portobello” (popolarissima trasmissione televisiva dell’epoca, che egli conduceva) quale appartenente alla “Nco” con l’incarico di corriere di stupefacenti.
Il giornalista fu arrestato a Roma il 17 giugno di quell’anno, nel corso di un’operazione diretta dalla Procura di Napoli per l’esecuzione di 856 ordini di cattura. Tortora fu bloccato all’alba in un albergo di Roma, ma fu portato in carcere in tarda mattinata, solo quando – secondo i difensori – fotografi e cineoperatori, avvertiti, furono pronti a ritrarre l’imputato in manette.
Fin dal primo momento Tortora si disse innocente, nonostante crescesse continuamente il numero dei “pentiti” che lo accusavano. Dopo sette mesi di detenzione in carcere, l’imputato ottenne gli arresti domiciliari dal tribunale della libertà, quasi in coincidenza con il “pentimento” di un rapinatore, Gianni Melluso, detto “Gianni il bello”, che raccontò di consegne di stupefacenti da lui fatte a Tortora per conto del boss milanese Francis Turatello.
Enzo Tortora fu eletto eurodeputato radicale il 17 giugno 1984. Il 20 luglio 1984 tornò in libertà ed annunciò che avrebbe chiesto al Parlamento europeo di concedere l’autorizzazione a procedere nei suoi riguardi; autorizzazione che fu data il 10 dicembre.
Rinviato a giudizio, il 4 febbraio 1985 Enzo Tortora comparve davanti al Tribunale di Napoli, ribadendo ai giudici la sua innocenza, in contrasto con le accuse dei “pentiti”. Il 17 settembre arrivò la sentenza di primo grado: condanna a dieci anni di reclusione per associazione per delinquere di tipo mafioso e traffico di stupefacenti.
Un anno dopo, il 15 settembre 1986, la Corte di Appello di Napoli rovesciò il verdetto: Tortora fu assolto con formula piena, ed i pentiti furono giudicati non credibili. “E’ la fine di un incubo”, disse il presentatore. L’innocenza dell’imputato fu definitivamente confermata il 13 giugno 1987 dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione. Meno di un anno dopo, il 18 maggio 1988, Enzo Tortora morì per un cancro ai polmoni.

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