I quotidiani italiani bocciano la tassazione che colpisce il ceto medio e salva i veri ricchi “irrintracciabili”

Questa manovra colpisce solo dipendenti e onesti

Vittorio Feltri

Maurizio Belpietro

Marco Tarquinio

ROMA – “Mi chiamano Medio Alto, ma il mio soprannome è Rintracciabile”: così Massimo Gramellini sulla Stampa oggi si proclama “furibondo” contro la manovra di uno Stato che “mi impone tasse svedesi per continuare a fornirmi servizi centrafricani” e che, aggiunge, non fa pagare “i ricchi veri, gli Irrintracciabili”.
E’ un tema ricorrente su buona parte della stampa italiana oggi: la manovra colpendo chi guadagna più di 90mila euro, colpisce in primo luogo gli onesti e i lavoratori dipendenti cioè chi dichiara per forza o per volontà l’interezza del suo reddito.
La manovra non piace neanche alla stampa di destra. “Furibondo” si proclama anche Vittorio Feltri sul “Giornale”, ma “non sappiamo con chi prendercela”: “sarebbe stato meglio che tutti, ma proprio tutti, pagassero qualcosa e invece paga soltanto o prevalentemente il ceto medio. I ricchi, beati loro, se la cavano sempre”. E si chiede: “solidarietà verso chi? Chi sono i geni che ci hanno ridotto così, facendoci vivere al di sopra delle nostre possibilità?”.
Maurizio Belpietro su “Libero” tenta un’analisi politica: Berlusconi “ha dato una stangata a molti dei suoi elettori” piegandosi “ai desideri della sinistra populista”. Ma la manovra non piace affatto neanche a lui, sempre in difesa del ceto medio: “Ma si rende conto Silvio Berlusconi di cosa vuol dire guadagnare 90 mila euro lordi l’anno?”, una cifra che corrisponde a “stare appena sopra alla media”. Meglio sarebbe stato tagliare la spesa pubblica, ridurre i costi della politica e della Casta.
Un brevissimo contributo del direttore di “Avvenire”, Marco Tarquinio, riprende il tema dell’evasione fiscale: è troppo presto per esprimere giudizi, scrive, ma “è già evidente che tutti pagheranno qualcosa. Politici compresi. Tutti meno gli evasori”.
Questa è “la manovra della disperazione” per Massimo Giannini su “Repubblica”. Mentre, sempre sulla “Stampa”, Michele Brambilla scrive che forse il decreto non è l’ultimo atto del Berlusconi politico, ma certamente ieri si è celebrato un funerale e “l’officiante e il defunto erano la stessa persona”, ovvero il premier.
L’editoriale del “Foglio”, invece, assicura che “le misure sviluppiste ci sono”. E resta al “Corriere della Sera” e al “Sole 24 ore” esprimere giudizi più cautamente positivi. Sul primo, Angelo Panebianco non parte dalla manovra ma traccia un quadro sociopolitico della storia della crisi mondiale, a suo stesso dire “un quadro complesso” che bisogna tener sempre presente: “anche se fossero giuste le soluzioni scelte, i sacrifici imposti ai cittadini possono essere vanificati da errori politici commessi da altri governi”.
Nell’incertezza le uniche scelte utili davvero “sono quelle tese a rimettere in moto la crescita” e quindi flessibilità e liberalizzazioni “se non verranno annacquate in corso d’opera”.
Sul quotidiano di Confindustria, invece, il direttore Roberto Napoletano è il più soddisfatto: dice che il “Berlusconi di oggi ha mostrato di aver capito la lezione, si è messo nei panni del «commissariato» e non si è nascosto dietro giri di parole”. Fustiga i dissapori nel governo e il fatto che, in un Paese che “riesce in pochi giorni a varare un decreto così impegnativo”, si rischia di “bruciare tutto perché l’altolà della Lega impedisce di toccare l’ineludibile capitolo previdenziale”. Il risultato è migliorabile, “la prova di coesione non c’è stata, la visione è ancora debole. La reazione però si è vista, c’è”.

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