Alla legge sulla stampa si sono aggiunti altri due obblighi giuridici: il Cad e le Linee Guida per i siti web

Stampa clandestina nella Pubblica Amministrazione?

Il ministro Renato Brunetta

REGGIO CALABRIA – Sono illegali i siti web della Pubblica Amministrazione diffusi su Internet che, svolgendo informazione quotidiana o periodica, non sono registrati come testata giornalistica nel tribunale territorialmente competente, e non possiedono un giornalista direttore responsabile? Sono perciò prodotti editoriali che violano la legge sulla stampa e sfiorano il reato di stampa clandestina?
Casi ed esempi sono numerosi e clamorosi sulla Rete, e la risposta apparentemente potrebbe essere affermativa. Intanto perché non basta registrare un sito web sul Roc per dirsi in regola con la legge. Il Roc, registro operatori di comunicazione tenuto presso i Corecom regionali, ormai è principio diffuso, registra le società editrici e non le testate giornalistiche.
Ipotesi corrente è allora che il sito web multimediale che opera pubblicando articoli, servizi e note, immagini e video, rappresenta la classica testata giornalistica. E pertanto, per garantire veridicità e correttezza all’informazione diffusa, tale sito deve essere controllato nei contenuti e in ogni sua parte da un iscritto all’ordine dei giornalisti (professionista, pubblicista, elenco speciale) e deve essere registrato in tribunale. Ciò al fine di poter individuare le responsabilità (civili, penali, amministrative) collegate alle pubblicazioni telematiche delle informazioni.
Per i siti web della Pubblica Amministrazione, però, oltre al rispetto delle legge sulla stampa, di recente si sono aggiunti altri due obblighi giuridici: l’adozione del codice dell’amministrazione digitale, Cad, Decreto Legislativo n. 235/2010 entrato in vigore il 25 gennaio 2011, e il rispetto delle “Linee Guida per i siti  web della Pubblica Amministrazione” previste dall’art. 4 della Direttiva 8/2009 del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione.
Il Cad, dice una nota governativa, traccia il quadro legislativo entro cui deve obbligatoriamente attuarsi la digitalizzazione dell’azione amministrativa e sancisce veri e propri diritti dei cittadini e delle imprese in materia di uso delle tecnologie nella comunicazione con la Pubblica Amministrazione. Il nuovo Codice dell’Amministrazione Digitale segna il passaggio dall’amministrazione novecentesca (fatta di carta e timbri) all’amministrazione del XXI secolo (digitalizzata e sburocratizzata), modernizzando la Pubblica Amministrazione con la diffusione di soluzioni tecnologiche e organizzative che consentono un forte recupero di produttività”.
L’attività del ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione Renato Brunetta e del suo staff di esperti del Dipartimento della Funzione Pubblica, del Dipartimento Digitalizzazione e Innovazione tecnologica, di DigitPA e di FormezPA), da gennaio è articolata in più tappe, una delle quali è l’utilizzo, “soltanto”, della Posta Elettronica Certificata (Pec). Altra importante tappa che interessa pure la classe giornalistica del nostro Paese, è che in esecuzione del Cad, “entro 4 mesi le amministrazioni individueranno un unico ufficio responsabile dell’attività Ict”, cioè entro l’aprile 2011 passato. Su questo aspetto, centrale per la classe giornalistica, si ragionerà successivamente.
Altra tappa ministeriale sarà che “entro 12 mesi saranno emanate le regole tecniche che consentiranno di dare piena validità alle copie cartacee e soprattutto a quelle digitali dei documenti informatici, dando così piena effettività al processo di dematerializzazione dei documenti della Pubblica Amministrazione. Le pubbliche amministrazioni non potranno richiedere l’uso di moduli e formulari che non siano stati pubblicati sui propri siti istituzionali. Il cittadino fornirà una sola volta i propri dati alla Pubblica Amministrazione: sarà onere delle amministrazioni in possesso di tali dati assicurare, tramite convenzioni, l’accessibilità delle informazioni alle altre amministrazioni richiedenti”.
Insomma una vera rivoluzione culturale nella burocrazia italiana, che a dire il vero, osservando la realtà dei fatti, è per lo più rimasta nelle migliori intenzioni del governo centrale. Perché ancora oggi, cittadini e imprese, non hanno avvertito granché del cambiamento, se non l’obbligo del certificato di malattia online, e che l’albo pretorio non è più una bacheca appesa al muro del Comune, ma una pagina del sito web comunale!
Tematica che impegna Fnsi e Ordine dei Giornalisti ad un’attenta e approfondita analisi per le conseguenti decisioni da adottare.

Filippo Praticò

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