Mohammad Nabbou colpito mentre, al telefono, raccontava gli sviluppi della rivolta libica

Giornalista ucciso dai cecchini di Gheddafi

Mohammad Nabbou

BENGASI (Libia) – Giornalista ucciso a Bengasi dagli uomini di Gheddafi. Si tratta di Mohammad Nabbous, 27 anni, noto volto del “citizen journalism“ libico con il diminutivo “Mo”. E’ stato lui a fondare, il 17 febbraio scorso, “al-Hurra Tv”, la prima stazione televisiva indipendente, trasmessa su internet e via satellite.
Punto di riferimento per i giornalisti stranieri, è stato ucciso a proprio mentre raccontava gli sviluppi dell’offensiva delle truppe di Gheddafi sul territorio liberato dalla Rivolta.
Ieri mattina, infatti, è stato colpito da un cecchino poco dopo aver trasmesso le immagini filmate con la propria videocamera. La notizia è stata data dalla moglie di Mohammad Nabbous, che aspetta un figlio, attraverso il canale televisivo del marito.
La morte di Nabbous segue quella del cameraman di al Jazeera, Ali Hassan al Jaber, ucciso  in un’imboscata alle porte di Bengasi.
I numerosissimi sostenitori del giornalista ucciso hanno aperto una pagina su Facebook in sua memoria, che ha già raccolto quasi duemila adesioni, grazie alla disponibilità della moglie, che ha annunciato di voler proseguire nella battaglia a favore dell’informazione e della libertà di stampa, nella quale il marito ha sempre creduto e per la quale è stato vilmente assassinato.
E gli stessi sostenitori di Nabbous hanno immediatamente arricchito il suo profilo su Wikipedia, raccontando che era impegnato a raccogliere prove contro le false dichiarazioni di un cessate il fuoco da parte del regime di Gheddafi in risposta alla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
“Ha toccato il cuore di molti con il suo coraggio e spirito indomito. Ci mancherà molto e lascia dietro di sé la sua giovane moglie e un bambino non ancora nato”, ha detto Sharon Lynch, rappresentante di una stazione TV.
Nabbous sarebbe stato colpito alla testa da un cecchino subito dopo aver raccolto evidenze delle false dichiarazioni del regime di Gheddafi relative alla dichiarazione di cessate il fuoco. Nabbous era in condizioni critiche fino alla sua scomparsa intorno alle 3 del pomeriggio ora italiana (CET). La moglie di Nabbous ha annunciato la sua tragica morte in un video sulla TV Libya Al-Hurra.
“Voglio far sapere a tutti voi che Muhammed è morto per questa causa e speriamo che la Libia diventerà libera”, ha detto la moglie di Nabbous tra le lacrime. Grazie a tutti. E non smettiamo di fare quello che stiamo facendo finché questo non sarà finito. Quello che ha iniziato deve andare avanti, non importa cosa succede”, ha aggiunto. “Ho bisogno che ognuno faccia tutto quello che può per questa causa. Per favore fate continuare questo canale e mobilitare le vostre autorità. Ci stanno ancora bombardando, stanno ancora sparando e molte persone moriranno. Non lasciate che ciò che Mo iniziato finisca in niente, gente, fate sì che ne valga la pena”, ha esortato tutti coloro che aiutavano la rete e la causa della Libia.
Nel corso degli ultimi giorni e ore della sua vita, Nabbous continuò a raccogliere informazioni attraverso video e fornendo commenti in merito al bombardamento della centrale elettrica di Bengasi e dell’esplosione del serbatoio del carburante del 17 marzo, alle forze di Gheddafi che lanciavano missili su Bengasi dalla vicina cittadina di Sultan il 18 marzo, alla distruzione e agli attacchi contro i civili sempre da parte delle forze di Gheddafi la mattina del 19 marzo, e alla morte delle vittime più giovani di Gheddafi: due bambini uno dell’età di 4 mesi e l’altro di 5 anni, uccisi da un missile mentre dormivano nella loro camera da letto la mattina del 19 marzo. Nabbous si domandò: “E se quella fosse stata la nostra casa, e se questa fosse stata la nostra camera da letto?”.
Nabbous è stato percepito come il volto della rivoluzione libica e fu una delle prime persone a essere intervistate da giornalisti occidentali subito dopo che Bengasi fu liberata dalle forze del regime. “Non ho paura di morire, ho paura di perdere la battaglia!”, è stata una delle prime dichiarazioni di Nabbous dopo aver creato il canale. Gli sopravvivono sua moglie e un figlio non ancora nato.
Mohammed Nabbous è stato di fatto il primo giornalista a lavorare indipendentemente in Libia dopo la rivoluzione del ’69 ed il secondo a cadere vittima delle forze del regime dopo Ali Hassan al-Jaber, un cameramen di Al-Jazeera.

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