Liquidata dal Cosenza Calcio con un vago sms - "Grazie a Francesco Veltri che ha rifiutato di sostituirmi"

«Calpestata la mia dignità di giornalista»

Iole Perito

Iole Perito
Non ho mai amato scrivere in prima persona, non lo prediligo, e nemmeno oggi che la dignità me lo impone scrivo volentieri di me. Il mio approccio al mestiere è noto, ribadirne capisaldi e principi, e ribadire che il giornalista per me non è un attore principale, mi pare spocchioso, superfluo. A parlare dev’essere sempre il lavoro, di certo non una precisazione personale che in questo momento ho il timore che passi per una scontata autodifesa. Eppure, di banale, quando si perde il posto di lavoro così, dalla sera alla mattina, senza sapere né perché né per come, non c’è nulla. E’ necessario che parli, dunque. Ed è necessario per non darla vinta a chi con un colpo di spugna vorrebbe far passare la vicenda indolore, anonima, soprattutto squallida.
Il 16 settembre scorso, due giorni dopo la cena sociale con squadra, dirigenti e cronisti alle Cantine De Caro, in base alle indicazioni di Renzo Castagnini, che si trovava fuori città, ho regolarmente telefonato al direttore generale per esporgli la rassegna stampa. Purtroppo, non appena il Dg ha sentito la mia voce, la linea è caduta di colpo, stranamente senza possibilità di ripristinarla. A distanza di qualche minuto è toccato al segretario Giuseppe Mangiarano, peraltro mio amico, convocarmi nel suo ufficio. Senza troppi giri di parole (almeno lui è capace di essere diretto) mi ha riferito che la società non intendeva proseguire con me il rapporto di lavoro, che non sapevano come comunicarmelo, e che quindi non c’era intenzione di saldarmi le ultime tre mensilità non ancora corrisposte, né il compenso extra pattuito per l’organizzazione della gara internazionale Juve-Lione disputata al San Vito il 24 luglio. Ho immediatamente pensato a uno scherzo.Non c’erano avvisaglie, nessun problema di cui io potessi avere sentore, nessuna discussione avuta con qualcuno nell’immediatezza di quella che per me era una notizia sorprendente. Semplicemente frasi buttate lì a singhiozzo: “Iole, pare che non avresti avvisato Castagnini di un’intervista rilasciata da Mirabelli a una tv di Lamezia” (Mirabelli? E cosa ne sapevo?), “Iole, avresti contraddetto il direttore generale davanti a tre colleghi”. Da questo momento in poi il silenzio. Renzo Castagnini si è limitato a rispondermi soltanto con un sms incompleto e vago, non mi ha mai parlato al telefono e non mi ha mai incontrata nonostante avessi espressamente chiesto di sapere cosa fosse successo guardandolo negli occhi. Come se la gente perbene si potesse liquidare al pari di uno yogurt scaduto, fregandosene dei diritti sociali e di un’occupazione che per un dispetto fatto chissà a chi, o per far valere il proprio ego  involontariamente oltraggiato, viene scippata in maniera vergognosa.
Renzo Castagnini pregherà, immagino, ogni sera sperando che una cosa simile non accada a sua figlia. Non è un mistero per i miei colleghi che io col direttore mi trovassi bene. Ha imposto lui la mia riconferma, come mi ha spesso ripetuto, nonostante al suo arrivo l’avessero assediato con l’arma malevola del pregiudizio sulla mia presunta vicinanza al suo predecessore. Siccome fra professionisti ci si riconosce, lo scoglio della diffidenza era stato subito superato, la stagione calcistica ormai avviata e vari progetti messi in cantiere insieme. Il presidente Giuseppe Carnevale (che, nonostante il nostro rapporto a volte non facile sento di ringraziare per l’atteggiamento schietto, a viso aperto e mai losco) non era stato avvisato della decisione presa ai miei danni. Luca Pagliuso mi ha detto, invece, di rivolgermi al presidente e che giovedì 23 avremmo chiarito la situazione con Castagnini. Punto. Questo è quanto.
Capisco che se una tale decisione è apparsa assurda a me, figuriamoci di conseguenza a chi non perde tempo per bivaccare in illazioni, ovviamente pur di non accettare che i comportamenti umani di intoccabili uomini del giorno possano sfociare in un’incomprensibile sindrome borderline. In questi sei lunghi giorni di silenzio assordante, come solo qualche isolato collega ha rimarcato, c’è stato chi ha provato a farmi sentire colpevole, come certe donne violentate a cui si imputa di essersela cercata. Io non ci sono cascata. Mi sono presentata con le mie gambe nella sede del Cosenza Calcio, non andandomi di sicuro a trovare ambasciatori: pretendevo (e pretendo) spiegazioni. Troppo comodo far scorrere via la vicenda con voci incontrollate o addirittura montate ad arte. Con le persone perbene non si scherza. E io lo sono, perbene al punto da non permettere nel modo più assoluto fantasticherie che mettano in dubbio il mio comportamento leale prima che il mio lavoro impeccabile, a sentire ciò che mi riconoscono i colleghi, miei principali interlocutori quotidiani. E’ per far valere la mia dignità e non solo i miei diritti che venerdì scorso, all’ennesimo invito del mio amico Mangiarano a lasciare la scrivania che ho occupato per un anno e due mesi (come gli intimava al cellulare il direttore Castagnini), ho dato mandato all’ufficio legale del Sindacato dei Giornalisti della Calabria di tutelarmi.
Il licenziamento verbale è nullo e in assenza di una lettera da parte del Cosenza calcio, non volevo s’inventassero che fossi inadempiente sul posto di lavoro. La lettera, oltre alle massime cariche della società, è stata inoltrata per conoscenza alla Lega Pro ed all’Ussi. Presto anche alla Covisoc. Ora, per quanto mi riguarda non c’è altro. Non avrò cadute di stile andando a specificare com’era impostata la gestione del Cosenza calcio fino a due mesi fa e come viene impostata adesso. Non mi dilungherò a soddisfare le pruriginose curiosità di qualcuno nel dire del rispetto che, da donna, e in generale da essere umano, ho avuto fino a due mesi fa e quello che ho avuto fino ieri. Non ero preparata a questo arrivederci. E come se non bastasse detesto i convenevoli. Ma, a quanto pare, sebbene non mi sia stato comunicato ufficialmente e secondo le norme di legge, il mio – per ora – dev’essere un congedo.
Sento di ringraziare un direttore generale di razza come Massimiliano Mirabelli (indipendente e sincero al punto di attirarsi diffuse antipatie),  per la sua grande educazione nei miei confronti. Ringrazio Pino Chianello, il presidente Damiano Paletta, Giuseppe, Sergiuzzo, Enzo Sirangelo, Rosaria, Luigi, i ragazzi dello Store, i colleghi sinceri che si sono visti nel momento del bisogno e non solo nel rilascio di un accredito o per un mio strappo a un’intervista, i magazzinieri, gli sconosciuti, i signori dello stadio, i collaboratori della domenica, gli ipocriti che mi hanno resa più esperta, i calciatori che non riuscivano a crederci, Felice ed Ercolino, i tifosi, gli ultrà, le tantissime persone che hanno intasato la mia bacheca di facebook e che non hanno concesso aperture al becero tentativo di dare spazio all’infamia.
Infine, con le lacrime che non riesco a  fermare, ringrazio il mio fraterno e onesto amico Francesco Veltri, giovane uomo e affidabilissimo giornalista che non ha esitato un attimo a rifiutare di sostituirmi nel ruolo di capo ufficio stampa. Al nuovo incaricato, al quale ahimè nessuno ha detto di avere dei freschi predecessori a cui porgere il congedo nel cambio della guardia, auguro di non perdere di vista, in questa brusca interruzione, la considerazione per il grattacielo che in poco più d’un anno è stato costruito. In bocca al lupo Cosenza.


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