La sicurezza di avere al Quirinale un “magistrato di persuasione” rigoroso garante della Costituzione e dei suoi valori, che ascolta e valuta, senza interferire sulla politica degli schieramenti, tutte le espressioni della vita democratica, è stata e rimane un riferimento essenziale per chi, come il Sindacato dei giornalisti, ha voluto continuare ad investire non solo sul contrasto alle norme bavaglio all’informazione ma anche sulle proposte per cambiare una legge che, da quattro anni a questa parte (dal ddl Mastella fino al ddl Alfano), in origine puntava a comprimere la libertà dell’informazione.
Le azioni di contrasto, la mobilitazione civile ampia, l’incessante richiesta di ascolto, sta producendo dei frutti. I punti di approdo oggi ancorché da verificare nella coerenza e nella tenuta complessiva del nuovo testo – sono diversi da quelli di partenza. Le magistrali osservazioni fatte oggi dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sulle responsabilità pubbliche e sociali sono un conforto e un incoraggiamento per quanti ritengono fondamentale la dialettica e la partecipazione, condizioni indispensabili per migliorare la convivenza civile.
Ascoltare la pubblica opinione, cercare di capire le ragioni delle critiche, ricercare mediazione tra interessi diversi e valori e diritti differenti eppure tutti primari, infatti, non è mai un inciampo né una perdita di tempo. E’ una fatica democratica ineludibile a cui chi ha delle responsabilità politiche o nella rappresentanza civile o del lavoro non deve mai sottrarsi. Nel caso del ddl intercettazioni, la protesta e la partecipazione non sono stati inutili. E, come si può dedurre anche dalle considerazioni del Capo dello Stato, non c’è da stupirsi se un’opera di più matura consapevolezza dei problemi e delle questioni poste, richiede tempo. Una legge non è mai di per sé buona se si fa in un mese, se è e resta, comunque, scadente. E non è cattiva se per due anni passa da un’istanza all’altra incontrando resistenze e forti opposizioni come è per il ddl sulle intercettazioni per approdare a sostanziali modifiche. Con i colpi di mano non si può fare una buona legge che intervenga su valori e diritti fondamentali, come il diritto all’informazione, la buona giustizia, il rispetto della dignità delle persone.
Le riflessioni del Presidente della Repubblica, infine, sulla crisi del lavoro, specie per i giovani, in cui rientrano – ahinoi! – “l’inquietudine del mondo dei giornalisti per l’incertezza e la perdita dei posti di lavoro”, devono diventare motivo di rinnovato impegno pubblico.
Al Capo dello Stato, perciò, siamo grati per aver riproposto con serenità e chiarezza, all’attenzione di tutti, questioni centrali che debbono essere affrontate seriamente anche perché con la propaganda non si risolve nulla.