Sul ddl Alfano occorre un confronto serio e responsabile

Ci sono in gioco principi di libertà

Su una materia complessa e delicata, come quella che intende affrontare il disegno di legge Alfano sulle intercettazioni, e nella quale devono essere contemperati e tutelati due diritti costituzionalmente garantiti: il diritto all’informazione e il diritto alla tutela della privacy, occorre confrontarsi con il massimo di responsabilità e consapevolezza, archiviando le continue tentazioni alla estremizzazione e alla inversione della verità che non facilitano la comprensione piena del problema.

I numerosi emendamenti che sono già stati presentati alla Camera sul testo approvato dal Senato non possono trovare apprezzamento se si limitano ad una semplice riduzione del livello sanzionatorio. A tale proposito è opportuno che si rifletta attentamente sull’ipotesi di innovazione legislativa che vede l’introduzione di sanzioni pecuniarie a carico degli editori.Ancorché tali sanzioni fossero ridotte a termini irrisori, la norma resterebbe comunque iniqua e inaccettabile perché introduce un principio che altera irrevocabilmente il nostro sistema dell’informazione, articolato sull’articolo 21 della Costituzione, la legge sulla stampa del ’47 e la legge sull’ordinamento professionale del ’63.

Tutto il quadro normativo esistente si basa, infatti, sul principio della divisione tra la gestione amministrativa, che è di competenza dell’editore, e la gestione dell’informazione che è di competenza esclusiva dei giornalisti e dei direttori. Penalizzare gli editori per responsabilità che attengono esclusivamente ai giornalisti, significherebbe cancellare la separatezza di competenze e sottoporre i giornalisti al diretto controllo dei proprietari dei media. Su questo terreno nessun emendamento, che non comporti la cancellazione della norma, può essere accettato.

La Federazione della Stampa ha presentato e illustrato alla Commissione Giustizia della Camera una sua proposta che prevede, tra l’altro, l’istituzione di una “udienza filtro” e la creazione di un Giurì per valutare in tempi rapidissimi le violazioni della privacy. Questa sarebbe una utile innovazione che senza ledere il libero esercizio della professione giornalistica potrebbe garantire la tutela della sfera personale dei cittadini.

In questa ottica, l’emendamento presentato dall’onorevole Giancarlo Mazzuca e dai deputati Murgia e Lehner può costituire una occasione di riflessione su un aspetto che, a nostro giudizio, appare di estrema rilevanza. E’, comunque, evidente che l’ipotesi di un Giurì debba avere esclusiva competenza in materia di trattamento dei dati personali riguardanti procedimenti penali da parte dei giornalisti e che la sua realizzazione debba comunque considerarsi alternativa alle proposte di modifica delle norme dei codici in termini restrittivi in materia di libertà di informazione.

Il disagio che sta emergendo in questi giorni, anche nella maggioranza, dovrebbe richiamare tutti ad una riflessione pacata e senza isterismi estremistici. La materia è estremamente delicata perché riguarda principi di libertà. Occorre discutere e continuare a discuterne, nella consapevolezza che da un inutile prova muscolare ne uscirebbe lacerato quel tessuto connettivo, già fortemente logorato, che dovrebbe essere alla base della convivenza civile e della società democratica.

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